RUSSIA: Dov’è Il’dar Dadin? Il segreto sul destino dei prigionieri politici

In Russia, la settimana tra l’inizio dell’anno e il Natale ortodosso è stata segnata da una domanda particolare, rimbalzata di bocca in bocca e dilagata soprattutto sui social network: dov’è Il’dar Dadin? Dell’attivista russo, diventato celebre per essere il primo condannato ai sensi di una legge draconiana sulle manifestazioni e, più recentemente, per la lettera che denunciava le torture subite nella colonia penale, non si sono avute notizie per ben più di un mese. Da quando è stato annunciato il suo trasferimento dalla colonia numero 7 di Segezha, infatti, sono passati più di 30 giorni. La domanda ha quindi iniziato a dilagare su internet, specialmente su twitter, sotto forma di un hashtag che è diventato tra i più digitati del momento. “Perché non dicono dove si trova Dadin? Dov’è il segreto?” si è chiesto anche Aleksej Naval’nyj; “In Russia puoi tracciare lo spostamento di un pacco postale, ma non puoi sapere dove si trova un uomo”, ha commentato invece l’avvocato moscovita Alchas Abgadzhava, tra l’amaro e il sarcastico. Finalmente, dopo giorni di attesa angosciosa, nel pomeriggio di domenica Dadin ha potuto telefonare alla moglie, la quale ha immediatamente reso noto che l’attivista si trova in una colonia nel territorio dell’Altaj, in Siberia.

Solo un parziale lieto fine, dunque, in quanto il modo in cui la situazione è stata gestita ha scatenato non poche polemiche e un forte sdegno. In Russia, è noto, non necessariamente ci si deve aspettare una risposta ad alcune domande. Così, alcune storie finiscono presto nel dimenticatoio e, mentre alcune persone aspettano ancora di sapere chi abbia ucciso Anna Politkovskaja, Boris Nemtsov, o Natal’ja Estemirova, l’obiettivo primario sembra essere quello di far precipitare il caso nell’oblio e lasciarlo senza soluzione. Se chiedere può essere lecito, rispondere è assolutamente una questione di cortesia. Benché la faccenda questa volta non abbia riguardato una morte sospetta, la vicenda di Dadin ha riportato alla mente numerosi casi lasciati irrisolti.

La situazione dei detenuti in Russia resta drammatica, a prescindere dal singolo caso di Dadin. A fine 2016 è infatti stata approvata quella che da alcuni attivisti per i diritti umani è stata definita come “legge dei sadici”. La suddetta legge darebbe alle guardie del servizio penitenziario federale (FSIN) il diritto di usare la violenza fisica ed eventualmente armi da fuoco contro i detenuti, nel caso in cui le forze di sicurezza si trovino minacciate. La legge è stata criticata per l’arbitrarietà con cui può essere applicata e, dunque, per la potenziale giustificazione di torture nei confronti dei detenuti da parte dei carcerieri. Il numero di morti che si sono verificate nelle carceri e nelle stazioni di polizia, che ammonta a 99 nel solo 2016, è troppo elevato per non essere il sintomo di una tendenza diffusa e allarmante.
Le manifestazioni di solidarietà con Dadin non hanno mancato di ricordare i nomi di altri prigionieri politici nel paese, che al momento ammontano a 102, secondo una lista pubblicata da Memorial nello scorso autunno. Le sorti di uno dei più conosciuti prigionieri politici del momento, infatti, preoccupano perché riguardano chiunque abbia ancora la forza di farsi delle domande scomode e non segua la logica del quieto vivere. Non si può tacere, come recita il cartello tenuto da Dadin in una delle foto dov’è ritratto, “taci oggi e quando domani verranno a prenderti tacerà qualcun altro”.

Questo articolo è frutto della collaborazione con MAiA Mirees Alumni International Association. Le analisi dell’autrice sono pubblicate anche su PECOB, Università di Bologna

FOTO: svoboda.org

Chi è Maria Baldovin

Nata a Ivrea (TO) nel 1991, laureata in lingue e in studi sull’Est Europa. Per East Journal ha scritto prevalentemente di Russia, politiche di memoria e questioni di genere. È stata co-autrice del programma radiofonico "Kiosk" di Radio Beckwith

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