UNGHERIA: Trump chiama Orbán

“I’m a big fan of Hungary” sono state le parole pronunciate al telefono dal neo-eletto presidente americano Donald Trump, secondo quanto detto dal Ministro degli Esteri ungherese Szijjártó nella conferenza stampa di venerdì 25 novembre.

Orbán e Trump hanno avuto nei giorni scorsi una lunga conversazione telefonica volta a confermare come tra i due ci sia grande stima e fiducia reciproca. Tanto è vero che già si ipotizza una visita ufficiale di Orbán negli USA, ma ovviamente bisogna aspettare l’insediamento del nuovo governo a Washington per preparare il viaggio. Un evento non di poco conto se si considera che l’ultima visita ufficiale di un premier ungherese negli Stati Uniti risale al 2007 (tra Gyurcsány e Bush), ben prima dell’elezione di Orbán. Non è una novità infatti che non sia mai corso buon sangue tra Orbán e l’entourage del partito democratico americano, dalla Clinton a Soros passando per Obama. Orbán ha usato spesso toni duri contro le ingerenze americane ed è risaputo che sia stato il primo premier europeo a supportare apertamente la candidatura di Trump, finanziando anche fondazioni legate alla campagna elettorale del magnante statunitense.

Le due “pecore nere”, come ha voluto sottolineare Orbán, hanno avuto una conversazione amichevole volta a riavvicinare i rapporti diplomatici tra i due paesi dopo il periodo a dir poco freddo dell’amministrazione Obama. Ora che a Washington il vento è cambiato Orbán può contare su un alleato in più. Sono infatti numerosi i temi sui quali le due amministrazioni combattono battaglie in comune. Nell’estate del 2016 Orbán aveva dichiarato che la vittoria di Trump, in particolare per i temi riguardanti l’immigrazione e la politica estera, è di vitale importanza per l’Ungheria.

Se dobbiamo aspettare ancora qualche settimana per avere un’idea più precisa di quella che sarà la politica estera USA dei prossimi anni, possiamo però già sapere che ci aspetterà un riavvicinamento tra Russia e USA. Trump infatti è stato il promotore di un nuovo approccio verso Mosca, approccio messo in campo già da diverso tempo da Budapest.
L’altro argomento che unisce i due leader è senza dubbio la politica sull’immigrazione. Trump ha detto di voler costruire un muro, Orbán ha già costruito una recinzione. Proprio il tema dell’immigrazione è uno dei più cari negli ultimi tempi al leader ungherese ed il sostegno degli Stati Uniti in questo frangente può togliere alcune castagne dal fuoco a Budapest. Non per l’altro l’ambasciatrice americana a Budapest che negli anni scorsi era, poco diplomaticamente, intervenuta in differenti occasioni per criticare il governo ungherese, specie sull’immigrazione, in una delle ultime interviste rilasciata ha dichiarato che la politica dell’Ungheria nei confronti degli immigrati è una scelta legittima e non può essere biasimata. Insomma anche all’ambasciata USA a Budapest il vento è cambiato.

Dopo i due passi falsi in politica interna (il referendum sui migranti e la mancata modifica della costituzione) che hanno scheggiato il potere di Orbán finalmente una buona notizia per il premier ungherese che ora può contare su un alleato internazionale in più, un passo non di poco conto se si ricorda la marginalizzazione all’interno dell’Europa a cui è andato incontro. Nei prossimi mesi però è possibile che l’Ungheria trovi altri nuovi alleati sul piano internazionale, questa volta a livello europeo, a dircelo saranno le elezioni in Austria e Francia.

Chi è Aron Coceancig

nato a Cormons-Krmin (GO) nel 1981. Nel 2014 ho conseguito all'Università di Modena e Reggio Emilia il Ph.D. in Storia dell'Europa orientale. In particolare mi interesso di minoranze e storia dell'Europa centrale. Collaboro con il Centro Studi Adria-Danubia e l'Istituto per gli incontri Culturali Mitteleuropei.

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