BULGARIA: Elezioni presidenziali, nazionalisti e commedianti avanzano

Demonstrators carry Bulgarian flags during a protest against the center-right GERB party in Sofia, Saturday, May 11, 2013. Bulgarian prosecutors have stormed a printing house and seized 350,000 illegally printed ballots just hours before the start of parliamentary elections. Vote-buying and other election fraud concerns have prompted the Organisation for Security and Cooperation in Europe (OSCE) to dispatch its biggest monitoring mission to Bulgaria since 1990 for Sunday's vote. (AP Photo / Valentina Petrova)

Il prossimo 6 novembre i cittadini bulgari saranno chiamati ad eleggere il proprio presidente. Il ruolo di presidente sembra, a prima vista, poco importante in una repubblica parlamentare come quella bulgara, tuttavia l’elezione diretta gli offre una sorta di investitura popolare che gli conferisce un peso politico maggiore di quanto non sembri. Inoltre queste elezioni potrebbero mettere in crisi il GERB, partito conservatore che ha fin qui dominato la scena politica bulgara. In caso nessuno dei candidati raggiunga la maggioranza dei voti, si andrà al ballottaggio, previsto per il 13 novembre.

Una sfida all’ombra del padrino

I candidati principali sono Tsetska Tsacheva, attuale speaker del parlamento, esponente del GERB, e Rumen Radev, generale dell’esercito, già comandante dell’aeronautica, espressione del partito socialista. Una sfida inattesa, poiché tutti si attendevano una ricandidatura di  Rosen Plevneliev, esponente del GERB e uomo di fiducia di Boyko Borisov, leader del partito conservatore e “padrino” della politica bulgara da almeno un decennio.

Un padrino che, a seguito delle proteste di piazza del 2013, dovette dimettersi da primo ministro, ma che tuttavia mantiene ben salda la presa sul paese, gestendolo da dietro le quinte. Borisov, fondatore del GERB, è uomo legato alla mafia bulgara, e ha saputo promuovere una classe di oligarchi che dipendono dal suo potere, e al contempo lo alimentano. Questa oligarchia rapace è finita nel mirino dei cittadini che, in occasione di un rincaro dei prezzi dell’energia – settore monopolizzato dagli oligarchi – ha deciso di scendere in piazza. Le dimissioni di Borisov non ne hanno però segnato la fine politica. Anzi, la scelta di Tsetska Tsacheva, fedelissima del “padrino”, conferma la pienezza del potere di Borisov.

Il candidato socialista, Rumen Radev, ha il carisma del militare di carriera. Lontano dal malaffare dell’oligarchia, è un candidato “non politico” per propria ammissione. Tuttavia le sue peculiarità finiscono qui. In politica estera come in politica economica, ricalca perfettamente le posizioni di Borisov e del GERB.

Il terzo incomodo, ultra-nazionalista

I primi sondaggi descrivevano una facile vittoria per la Tsacheva, ma le cose sono cambiate nel corso delle settimane, profilando un testa a testa con Radev. A complicare le cose si è messo poi il terzo incomodo, Krasimir Karakachanov, leader dell’IMRO, partito ultra-nazionalista, appoggiato dalle destre estreme di Ataka e del Fronte nazionale per la Salvezza della Bulgaria, unite nella coalizione Patrioti Uniti. Il consenso intorno alla sua figura è cresciuto costantemente, al punto che i due candidati principali si stanno già contendendo gli elettori nazionalisti in vista di un assai probabile ballottaggio.

Chi andrà al ballottaggio? 

Un sondaggio pubblicato lo scorso 31 ottobre, a una settimana dal voto, dava Radev in vantaggio con il 30,7% dei voti, e Karakachanov al secondo posto, con il 28,5%, mentre la Tsacheva si fermava al 25%. Il terzo incomodo potrebbe diventare la prima carica dello stato? Quel che è certo è che un suo accesso al ballottaggio, al posto della Tsacheva, getterebbe il GERB nel caos, con ricadute sulla leadership di Borisov.

Il commediante e i referendum

Un’altra novità di queste elezioni è rappresentata dalla figura di Slavi Trifonov, celeberrimo showman bulgaro, che dal palcoscenico del suo programma televisivo ha lanciato una serie di referendum allo scopo di “rivoluzionare la politica”. Peccato che tre dei sei quesiti siano stati respinti dalla Corte costituzionale. I tre rimanenti – obbligo di voto alle elezioni; limitazione dei rimborsi ai partiti; introduzione di un sistema maggioritario a doppio turno – verranno votati unitamente all’elezione per il presidente della repubblica. In caso di successo il commediante più noto di Bulgaria metterebbe a segno, tra civismo e spettacolo, critica e satira, un importante risultato politico che avrebbe, per il suo futuro tra le stanze del potere, molto di serio e poco di faceto.

 

Chi è Matteo Zola

Giornalista professionista e professore di lettere, classe 1981, è direttore responsabile del quotidiano online East Journal. Collabora con Osservatorio Balcani e Caucaso e ISPI. E' stato redattore a Narcomafie, mensile di mafia e crimine organizzato internazionale, e ha scritto per numerose riviste e giornali (EastWest, Nigrizia, Il Tascabile, Il Reportage). Ha realizzato reportage dai Balcani e dal Caucaso, occupandosi di estremismo islamico e conflitti etnici. E' autore e curatore di "Ucraina, alle radici della guerra" (Paesi edizioni, 2022) e di "Interno Pankisi, dietro la trincea del fondamentalismo islamico" (Infinito edizioni, 2022); "Congo, maschere per una guerra"; e di "Revolyutsiya - La crisi ucraina da Maidan alla guerra civile" (curatela) entrambi per Quintadicopertina editore (2015); "Il pellegrino e altre storie senza lieto fine" (Tangram, 2013).

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