MACEDONIA: Il VMRO, da terroristi a partito di governo

Da SKOPJE – I Balcani sono stati, per lungo tempo, sotto la dominazione ottomana. Nel corso dell’Ottocento i vari “risorgimenti” hanno lottato, con successo, per l’indipendenza nazionale. Il caso macedone è particolarmente interessante anche per le ricadute che ha sull’attualità. In opposizione alla dominazione ottomana venne fondata, nel 1893, a Salonicco, l’Organizzazione rivoluzionaria interna macedone (VMRO) che cominciò a combattere lo stato ottomano con tattiche di guerriglia. Lo scopo del VMRO era, in quel momento, l’integrazione (pur con larghe autonomie) della Macedonia nello stato bulgaro, indipendente dal 1878 a seguito della guerra russo-turca. Il VMRO riuscì a organizzare, nel 1903, la rivolta di Ilinden-Preobrazhenie dando vita all’effimera (dieci giorni appena) repubblica di Kruševo guidata dal leader del VMRO, Nikola Karev. Kruševo è un villaggio montano in cui il 20% della popolazione è arumena, comunità che all’epoca si impegnò molto nella causa indipendentista macedone.

La sconfitta portò a una divisione del movimento in vari groppuscoli, ma durante le guerre balcaniche del 1912-1913 il VMRO combatté fianco a fianco con l’esercito bulgaro abbandonando le posizioni autonomiste e invocando la diretta annessione della Macedonia alla Bulgaria. Una posizione che andò rafforzandosi durante la Prima guerra mondiale, che si concluse con la sconfitta bulgara. Così, quando nel 1923 il premier bulgaro Aleksandar Stambolijski firmò il Trattato di Nis, che lo obbligava a smantellare il VMRO, l’alleanza tra stato bulgaro e movimento insurrezionale macedone si spezzò. Stambolijski venne ucciso da elementi vicini al VMRO che nel frattempo si era ulteriormente separato in varie sigle. Una serie di lotte intestine, fatta di omicidi incrociati, sembrava dovesse segnare la fine del movimento ma non fu così.

Il VMRO, che controllava direttamente una regione dell’attuale Bulgaria, la Pirinska Macedonia, era una spina nel fianco sia per lo stato bulgaro che per quello serbo, compiendo numerosi attacchi terroristici in entrambi i paesi. Con l’avvento del fascismo in Italia e la nascita del movimento ustascia in Croazia, il VMRO, guidato da Ivan Mihailov, cercò di “internazionalizzare” la questione macedone firmando alleanze con i due partiti in chiave anti-jugoslava. Fu proprio un esponente del VMRO a uccidere re Alessandro I di Jugoslavia a Marsiglia nel 1934. Nel 1944 i nazisti incaricarono Mihailov di formare uno stato fantoccio in Macedonia, ma il tentativo andò fallito.

Con la fine della Seconda guerra mondiale, l’ala di sinistra del movimento partecipò al processo di formazione della Macedonia come repubblica federativa della nuova Jugoslavia socialista ma i suoi leader vennero poi epurati nel 1948, quando chiesero a Belgrado di cessare la “serbizzazione” del paese. Il VMRO venne però integrato nel pantheon socialista jugoslavo entrando così a far parte della storia nazionale della repubblica federale di Macedonia. Gli aspetti nazionalisti, e quelli legati al collaborazionismo con i fascisti, vennero espunti. In Bulgaria, invece, il VMRO venne associato al fascismo e quindi rimosso dalla memoria ufficiale.

Dopo il 1989 sia in Macedonia che in Bulgaria sorsero partiti con il nome di VMRO i quali si dichiaravano eredi del movimento del vecchio VMRO anche se non ci sono legami diretti tra questi partiti e il movimento che combatté all’inizio del secolo. In Macedonia oggi il VMRO-DPMNE è partito di governo. Il premier, Nikola Gruevski, si è fatto promotore di una processo di ricostruzione dell’identità nazionale che passa sotto il nome di antikvizacija (“antichizzazione”) che intende sostenere un’identità macedone separata rispetto a quella slava, recuperando elementi dell’antica Macedonia e affermando quindi un primato storico sulla regione rispetto ai greci. Le ricadute politiche di tale disegno sono evidenti, specie se si considera che la Grecia pone da anni il veto all’ingresso di Skopje nella NATO e nell’Unione Europea sostenendo che il nome “Macedonia” appartenga al retaggio storico greco. Per questo la repubblica di Macedonia è riconosciuta internazionalmente con l’acronimo FYROM (ovvero “ex repubblica jugoslava di Macedonia”).

D’altro canto, il partito di governo sta cercando di intrecciare la storia nazionale con la storia del VMRO, di cui si afferma erede. La costruzione del nuovo “museo della lotta d’indipendenza nazionale, del VMRO e delle vittime del comunismo” è un passaggio simbolico fondamentale. Il partito di governo, che già penetra ogni settore della vita pubblica, sta cercando di imporre un passato che ne legittimi il potere presente. In parlamento è attualmente depositata una richiesta per sostituire l’attuale stemma della repubblica macedone con lo stemma del VMRO. Una reinvenzione del passato e una costruzione della memoria che non tengono conto della reale storia del paese, una storia ricchissima che è possibile vedere camminando per i viottoli del centro ottomano di Skopje o negli antichi monasteri ortodossi di Ocrida, dove è stato inventato il cirillico. Una storia multietnica che però non serve alle retoriche nazionaliste del partito.

Chi è Matteo Zola

Giornalista professionista e professore di lettere, classe 1981, è direttore responsabile del quotidiano online East Journal. Collabora con Osservatorio Balcani e Caucaso e ISPI. E' stato redattore a Narcomafie, mensile di mafia e crimine organizzato internazionale, e ha scritto per numerose riviste e giornali (EastWest, Nigrizia, Il Tascabile, Il Reportage). Ha realizzato reportage dai Balcani e dal Caucaso, occupandosi di estremismo islamico e conflitti etnici. E' autore e curatore di "Ucraina, alle radici della guerra" (Paesi edizioni, 2022) e di "Interno Pankisi, dietro la trincea del fondamentalismo islamico" (Infinito edizioni, 2022); "Congo, maschere per una guerra"; e di "Revolyutsiya - La crisi ucraina da Maidan alla guerra civile" (curatela) entrambi per Quintadicopertina editore (2015); "Il pellegrino e altre storie senza lieto fine" (Tangram, 2013).

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2 commenti

  1. Se permette… aticolo alquanto superficiale (perchè l’argomento ovvero la stessa organizzazione è un po’ complesso/a). Un argomento del genere non può essere spiegato ovvero narrato in un breve articolo perchè si rischia di fare “di tutta l’erba un fascio”. VMRO (vnatresna makedonska revolucionerna organizacija/organizzazione rivoluzionaria interna macedone) non può essere paragonata al VMRO-DPMNE. All’epoca i rivoluzionari che lei non ha citato ed a mio modesto parere non erano terroristi (ne cito un paio… Goce Delchev, Jane Sandanski, Nikola Karev, Dame Gruev, Gjorche Petrov….) ma era gente che ha rischiato e ha dato la propria vita per la libertà di un popolo oppresso dai turchi ovvero l’Impero Ottomano. Che poi ci siano stati correnti diverse, spaccature ecc… ci sono certamente stati, come Lei spiega all’interno dell’articolo ma non tutti erano terroristi(questo NO).

    Comunque complimenti per la rivista e lo spazio Web.

  2. Giovanni Punzo

    Si … sono due questioni e due vicende diverse. Se cercate un pezzo che ho scritto un paio di settimane fa – in fretta, lo ammetto … – per il blog di Remondino ho accennato anch’io alla vicenda di Kruscevo e al riconoscimento della lotta anti-turca come antesignana del movimento di liberazione di Tito: fu coniato uno speciale riconoscimento concesso ai superstiti del 1903, lo spomenik. In realtà a Kruscevo esisteva anche una robusta comunità greca che partecipò all’insurrezione: poi dopo gli accordi austro-russi sulla spartizione delle sfere di influenza nei Balcani (a Murzsteg), tutti i piccoli movimenti furono costretti a subire la guida di stati nazionali e le relative politiche di conquista, più che di liberazione nazionale. Alla fine, già negli anni trenta, l’immagine del VRMO in Europa era pessima: a parte gli attentati (uno enorme alla stazione di Zagabria), ci si mise anche Edgar Wallace a scrivere cose tremende su contrabbandi e traffici.

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