ARMENIA: Si dimette il primo ministro Abrahamyan. La crisi politica continua

A meno di due mesi dalla preoccupante ondata di tensioni che lo scorso luglio ha portato alla crisi degli ostaggi di Yerevan, questione che ha tenuto per due settimane l’intero paese con il fiato sospeso, in Armenia è arrivata la notizia – attesa da tempo – delle dimissioni del primo ministro Hovik Abrahamyan, ritenuto uno dei principali responsabili della situazione in cui versa attualmente il paese.

Proprio i tumulti di luglio, causati dal forte malcontento popolare e dalla crescente sfiducia degli armeni nei confronti del proprio governo, hanno indotto alle dimissioni Abrahamyan, che paga anche la disastrosa condizione economica del paese, impantanato da anni una crisi dalla quale non sembrano prospettarsi vie d’uscita.

Dal canto suo, Abrahamyan ha affermato di avere fatto questa scelta per permettere al presidente Sargsyan di formare un nuovo governo di coalizione. La notizia di un imminente rinnovamento dei vertici del paese era infatti nell’aria già da tempo, ovvero dal momento in cui, aggravatasi la crisi degli ostaggi, lo stesso Sargsyan aveva promesso un rimpasto di governo per provare a risollevare le sorti dell’Armenia.

Abrahamyan, che era in carica dall’aprile 2014, quando sostituì il dimissionario Tigran Sargsyan, non è mai stato particolarmente amato dal popolo armeno, che l’ha sempre dipinto come un uomo corrotto e opportunista; fama che Abrahamyan si porta dietro fin dai tempi in cui era ministro dell’Amministrazione Territoriale del governo Margaryan, verso la metà degli anni Duemila. I due anni di governo Abrahamyan verrano ricordati in Armenia per le altrettante profonde crisi che il paese si è trovato a dover fronteggiare a causa di una situazione socio-politico-economica che è andata via via peggiorando.

La prima fu Electric Yerevan, movimento di protesta scoppiato nel luglio 2015 a causa dell’ennesimo aumento del prezzo dell’energia elettrica, che portò centinaia di manifestanti a scendere in piazza per protestare contro il governo. La seconda è stata invece la già citata crisi degli ostaggi dello scorso luglio, scoppiata quando un gruppo di uomini armati ha fatto irruzione in una caserma di polizia prendendo in ostaggio diverse persone e ingaggiando successivamente un duro scontro con le forze dell’ordine; scontro intensificatosi in seguito all’intervento di diversi gruppi di manifestanti a sostegno dei ribelli barricatisi nelle vie della capitale per contrastare l’avanzamento delle forze di polizia.

Per coprire il posto lasciato libero da Abrahamyan è stato nominato Karen Karapetyan, ex sindaco di Yerevan; il quale sembra però essere destinato a guidare un governo di transizione, aspettando di assistere all’esito delle prossime elezioni parlamentari del 2017 e al termine del secondo mandato presidenziale di Sargsyan, che si esaurirà nel 2018, anno in cui in Armenia dovrebbe essere completato il processo di transizione da un tipo di repubblica semi-presidenziale a uno parlamentare, come stabilito dall’esito del controverso referendum popolare dello scorso dicembre.

Foto: www.gov.am

Chi è Emanuele Cassano

Ha studiato Scienze Internazionali, con specializzazione in Studi Europei. Per East Journal si occupa di Caucaso, regione a cui si dedica da anni e dove ha trascorso numerosi soggiorni di studio e ricerca. Dal 2016 collabora con la rivista Osservatorio Balcani e Caucaso.

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