Venerdì sera, in occasione della partita di Liga I tra la Dinamo Bucarest e il Viitorul di Gheorghe Hagi, il centrocampista camerunense Patrick Ekeng è caduto sul terreno privo di conoscenza. Il giocatore è stato soccorso, caricato su un’ambulanza dopo 2 minuti e 47 secondi e trasportato a uno degli ospedali vicini all’impianto di casa della Dinamo Bucarest in Şoseaua Ştefan cel Mare. I soccorsi sono stati vani: dopo circa due ore di tentativi di rianimazione, Patrick Ekeng è stato dichiarato morto.
Patrick Ekeng aveva 26 anni, era nativo di Yaoundé e aveva vestito in due occasioni la maglia della nazionale camerunense, rappresentandola alla Coppa d’Africa 2015. Alla Dinamo Bucarest era arrivato a gennaio dopo essere stato svincolato dal Córdoba, accettando un contratto da 5.000 euro mensili in luogo del precedente, di dodici volte maggiore, pur di riprendere a giocare dopo una sfortunata serie di infortuni. Precedentemente aveva giocato in Francia (Le Mans e Rodez) e Svizzera (Losanna). Apparentemente, prima della partita contro il Viitorul il giocatore aveva confidato alla sorella di sentirsi stanco e di voler chiedere all’allenatore Mircea Rednic di non utilizzarlo nella gara. Sette minuti dopo essere entrato in campo al posto di Eric Bicfalvi, Ekeng è collassato. Due settimane prima della sua morte, aveva segnato un bellissimo gol dalla distanza nel derby di Cupa României contro lo Steaua Bucarest.
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La causa della morte di Ekeng è ancora da chiarire. L’autopsia ha evidenziato la presenza di una condizione di ingrossamento del muscolo cardiaco (cardiomiopatia), condizione che sottende, secondo quanto dichiarato dal dottor Abdo Salem all’agenzia Agerpres, «una predisposizione a ritmi turbolenti e a un attacco cardiaco». Tuttavia, secondo il direttore dell’istituto forensico dove è stata condotta l’autopsia, Dan Dermengiu, l’ingrossamento del cuore «non è conclusivo nel caso della sua [di Ekeng NdA] morte». L’ingrossamento cardiaco è una condizione piuttosto frequente negli atleti e che è considerata una frequente causa di morte per i calciatori provenienti dall’Africa, come evidenziato nel 2003 da Filippo Maria Ricci all’indomani della morte in campo di Marc-Vivien Foé, camerunense affetto da cardiomiopatia: «In Italia con il cuore ingrossato a calcio non si gioca. Si viene fermati, perché la condizione, […] per quanto possa essere considerata “normale” negli atleti in arrivo dall’Africa, non fornisce le necessarie garanzie per la salute del calciatore». E per una volta potrebbe rivelarsi il caso di dare ragione a Gigi Becali, il patron dello Steaua, che ha dichiarato: «Il dottore che ha permesso a Ekeng di prendere un certificato medico-sportivo è da incolpare per la sua morte».
Gli interrogativi più pressanti sono però quelli relativi alle mancanze nei soccorsi. In un paese che negli ultimi anni è sceso più volte in piazza per protestare per temi legati a corruzione e malasanità, come nelle proteste anti-presidenziali del 2012 – iniziate come manifestazione contro i tagli ai finanziamenti del servizio di primo soccorso SMURD – o in quelle che seguirono la tragedia del Club Colectiv lo scorso novembre e che avevano portato alle dimissioni del governo Ponta, il tema è molto sensibile. Già nei minuti successivi all’ospedalizzazione di Ekeng è infatti emerso che i primi soccorsi dati al giocatore sono stati insufficienti. Gli unici soccorsi prestati al giocatore prima dell’ingresso all’ospedale sono infatti consistiti unicamente nel massaggio cardiaco, data l’assenza di un defibrillatore sulle ambulanze in servizio allo stadio della Dinamo. Per questo motivo è stata annunciata un’inchiesta su quanto avvenuto.
La denuncia del sindacato dei giocatori AFAN (Asociaţia Fotbaliştilor Amatori şi Nonamatori, associazione dei calciatori amatori e non-amatori), è chiara. Nel 2012 il sindacato aveva chiesto alla federcalcio di rendere obbligatoria la presenza di ambulanze a equipaggiamento pieno a tutte le gare ufficiali e amichevoli, in seguito alla morte di un calciatore nigeriano, Henry Chinonso Ihelewere, per un arresto cardiaco durante un’amichevole. Secondo il presidente dell’AFAN Emilian Hubelei «sarebbe costato solo 400 euro per ciascun club dotarsi di equipaggiamenti allo stato dell’arte, ma la proposta non è stata adottata. Invece, i club delle prime tre divisioni hanno ricevuto il permesso di mantenere ambulanze in stand-by con l’equipaggiamento minimo. […] È possibile che Patrick Ekeng sia morto per risparmiare 400 euro. Se questo fosse vero, sarebbe una cosa molto triste. I calciatori in Romania sono ancora molto lontani dall’essere trattati come dovrebbero essere trattati normalmente i lavoratori».
La replica della Dinamo Bucarest è che il contratto con Puls, l’azienda privata che doveva fornire le ambulanze, prevedeva la presenza di tre mezzi «adeguatamente equipaggiati per interventi di emergenza». La licenza della compagnia, che è anche stata multata per la cifra di 23.800 lei (5.300 euro), è stata sospesa dal ministero degli Interni in seguito a un’ispezione in cui sono stati trovati defibrillatori con batterie scadute e medicinali per le procedure di rianimazione scaduti. I problemi sarebbero relativi anche alle procedure: secondo l’agente del giocatore le ambulanze sarebbero arrivate troppo tardi. Inoltre, i dottori dell’ambulanza e il medico sociale della Dinamo Bucarest hanno dato versioni differenti relativamente alle procedure messe in atto sul campo e sull’ambulanza, come evidenziato tramite Twitter dal giornalista sportivo romeno Emanuel Roşu.
Quella della morte di Patrick Ekeng è una storia sbagliata. L’ennesima che parla di una tragedia nata da superficialità, malagestione e responsabilità poco chiare. Una tragedia che può lenire solo parzialmente l’abbraccio dedicato a Ekeng dalla comunità del calcio romeno. Dopo la partenza dell’ambulanza, duecento tifosi presenti allo stadio sono andati ad attendere notizie fuori dall’ospedale dove il giocatore era stato ricoverato. Il club ha ritirato la maglia numero 14 e tenuto una veglia presso il proprio stadio, partecipata da oltre diecimila persone. Un tributo dovuto per una squadra, la Dinamo Bucarest, che ha già vissuto nel 2000 una tragedia simile, con la morte in campo del capitano Cătălin Hîldan. La principale curva di supporter della Dinamo porta il nome di quello che, per i tifosi dinamovisti, è Unicul Căpitan, l’unico capitano. Un’altra maglia ritirata, la numero 11, per un’altra vita spezzata sul prato verde.
Anche i rivali cittadini dello Steaua hanno voluto recarsi al campo della Dinamo per porgere il loro saluto, e hanno omaggiato il giocatore anche nella successiva gara di campionato contro l’ASA Târgu Mureș, fermando il gioco nel minuto in cui il giocatore era collassato. Martedì la Dinamo Bucarest tornerà in campo per disputare, all’Arena Națională di Bucarest, la finale di Cupa României contro il CFR Cluj. In caso di vittoria, il direttore sportivo del club Ionel Dănciulescu ha dichiarato che il trofeo sarà inviato alla famiglia di Ekeng in Camerun, perché sia posizionato sulla tomba del calciatore.
Foto: Peluza Catalin Hildan-Dinamo (Facebook)