Io non odio, la storia di Zijo Ribić. Mostra fotografica di Andrea Rizza Goldstein

Io non odio/Ja ne mrzim. La storia di Zijo
mostra fotografica di Andrea Rizza Goldstein
aperta da sabato 9 aprile a domenica 1° maggio 2016

spazi Bomben, via Cornarotta 7, Treviso

Da venerdì 8 aprile negli spazi Bomben di Treviso, è aperta la mostra fotografica Io non odio/Ja ne mrzim. La storia di Zijo, di Andrea Rizza Goldstein, organizzata dalla Fondazione Benetton Studi Ricerche con la collaborazione della Fondazione Alexander Langer Stiftung, la mostra/reportage, a cura di Ziyah Gafić (editing e post-produzione).

Il reportage è un long-term project che, attraverso trenta immagini in bianco/nero, scattate tra il 2013 e il 2016, racconta la storia di Zijo Ribić, miracolosamente sopravvissuto alla strage della sua famiglia e di tutti gli abitanti di Skocić, piccolo villaggio della Bosnia orientale, avvenuta nel luglio 1992. È il primo rom che ha portato in tribunale la questione del genocidio subito dal suo popolo durante la guerra in Bosnia-Erzegovina. Il processo, iniziato nel 2009, si è concluso nel giugno 2015, con una sentenza di appello che ha annullato la condanna in primo grado degli imputati con la motivazione che essi erano presenti sul luogo del massacro, facevano parte della formazione paramilitare responsabile, ma l’accusa non è stata in grado di fornire prove sufficienti per determinare la loro responsabilità individuale. «Quando il giudice ha letto la sentenza che scagionava gli autori del massacro, questi mi hanno riso in faccia» ha detto Zijo «mi veniva da piangere e non volevo farlo davanti a loro. Come si fa a rimanere normale in queste situazioni? Io voglio rimanere normale. Io non voglio odiare».

«La battaglia di Zijo per la verità e per la giustizia, la sua attenzione a definire con precisione le responsabilità senza generalizzare e soprattutto la sua scelta di perdonare hanno aperto nuove prospettive nel difficile tentativo di dialogo e confronto con il passato» afferma Andrea Rizza Goldstein. «La sua storia e il suo messaggio hanno costruito dei ponti e hanno avuto la potenza, concreta, basata sulla tragedia vissuta, di dimostrare che è possibile non odiare».

«Io non odio/Ja ne mrzim sono le tre parole di Zijo Ribić alle quali maggiormente teniamo» – sottolinea Patrizia Boschiero, che segue questo lavoro in Fondazione Benetton «che ogni volta ci sorprendono e ci sfidano, e rinforzano la voglia di raccontare la sua storia, di sostenerlo nel dare voce alla sua battaglia per la verità e la giustizia, e per la dignità dell’essere umano».

La mostra nasce grazie a un lavoro di conoscenza e a un’amicizia fraterna fra Andrea Rizza Goldstein e Zijo Ribić, instaurata nel 2011, nell’ambito della Settimana Internazionale della Memoria organizzata in Bosnia-Erzegovina dalla Fondazione Langer.

Realizzata nel quadro della campagna culturale del Premio Internazionale Carlo Scarpa per il Giardino 2014, conferito ai villaggi di Osmače e Brežani, Srebrenica, Bosnia-Erzegovina, la mostra è dedicata a Ismet, Ševka, Zlatija, Zijada, Suvada, Almasa, Ismeta, Zlata e Sabrija, i genitori, le sorelle e il fratello di Zijo; è accompagnata da un quaderno con una selezione delle fotografie e alcuni testi che, con la sua storia, affrontano il contesto della guerra in ex-Jugoslavia degli anni novanta e la questione delle “pulizie etniche” e dello slow motion genocide, cominciato nel 1992 e culminato con Srebrenica nel luglio del 1995. Tra gli autori anche Irfanka Pašagić (Tuzlanska Amica/Premio Internazionale Alexander Langer 2005), Nataša Kandić (Humanitarian Law Center di Belgrado/Premio Langer 2000), Valentina Gagić (Adopt Srebrenica), Bekir Halilović (Adopt Srebrenica), Alberto Bobbio (giornalista).

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Andrea Rizza Goldstein, dal 2010 lavora per la Fondazione Alexander Langer Stiftung come coordinatore del progetto Adopt Srebrenica in Bosnia-Erzegovina e con il gruppo bosniaco, negli ultimi anni, si è occupato della creazione del Centro di documentazione Adopt Srebrenica. Da sempre interessato alle dinamiche della narrazione e al suo ruolo nella trasmissione di memoria individuale e collettiva, ha declinato principalmente con il linguaggio fotografico nel genere del reportage il racconto di alcuni percorsi di ricerca.

 

 

ingresso libero

Per informazioni:

Fondazione Benetton Studi Ricerche, tel. 0422.5121, [email protected], www.fbsr.it

Chi è Matteo Zola

Giornalista professionista e professore di lettere, classe 1981, è direttore responsabile del quotidiano online East Journal. Collabora con Osservatorio Balcani e Caucaso e ISPI. E' stato redattore a Narcomafie, mensile di mafia e crimine organizzato internazionale, e ha scritto per numerose riviste e giornali (EastWest, Nigrizia, Il Tascabile, Il Reportage). Ha realizzato reportage dai Balcani e dal Caucaso, occupandosi di estremismo islamico e conflitti etnici. E' autore e curatore di "Ucraina, alle radici della guerra" (Paesi edizioni, 2022) e di "Interno Pankisi, dietro la trincea del fondamentalismo islamico" (Infinito edizioni, 2022); "Congo, maschere per una guerra"; e di "Revolyutsiya - La crisi ucraina da Maidan alla guerra civile" (curatela) entrambi per Quintadicopertina editore (2015); "Il pellegrino e altre storie senza lieto fine" (Tangram, 2013).

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