La presentazione di cinque significative personalità artistiche ceche che si dedicano alla lavorazione del vetro è una chiara dimostrazione della grande varietà di procedimenti usata ancora oggi da parte dei singoli autori
Al salone parigino Révélations 2025 sono state presentate le opere di Vladimíra Klumparová, Barbora Tydlitátová, Vendulka Prchalová, Michaela Spružinová e del trio internazionale AgamFahy & Martin Janecký. Qui il materiale diventa lo strumento per fornire una propria confessione personale e sociale. Ogni artista apporta uno sguardo diverso sul lavoro con il vetro – si va dal commento di carattere ambientalistico, si passa attraverso la mitologia personale e si arriva a storie raccontate per immagini dotate di un sottotesto che presenta dei riferimenti alla cultura pop. Si fondono la volontà di sperimentare, un potente linguaggio visuale e l’ambizione di comunicare nei contesti culturali più diversi.
Vladimíra Klumparová (1954)
Vladimíra Klumparová attualmente nelle sue opere sta tornando a formati più piccoli, ispirati a vecchi schizzi e alla vita in Messico, dove ha lavorato per lungo tempo. Le sue sculture, realizzate per mezzo del vetro fuso e levigato a mano e caratterizzate da toni di colore caldi come l’ambra e il rosso vino, si rifanno alla flora e alla fauna subtropicale. Vladimíra Klumparová lavora con la luce, con le proporzioni e con la tensione interna della forma che in apparenza assume l’aspetto di onde o cresce a partire dal piedistallo. Il risultato sono degli oggetti che portano con sè sia un ricordo personale sia una testimonianza simbolica riguardante l’equilibrio degli elementi e la percezione del tempo.
Barbora Tydlitátová (1992)
Barbora Tydlitátová da lungo tempo si dedica allo studio del rapporto tra i relitti della lavorazione del vetro e il paesaggio che li circonda. Lavora con rifiuti, con schegge colorate e avanzi di lavorazione, trasformandoli in oggetti che finiscono per assumere le sembianze di pietre preziose del futuro. Nella sua creazione Barbora Tydlitátová sviluppa il concetto di un’arte che sia consapevole dal punto di vista ambientale – servendosi della tecnica della sinterizzazione (il saldamento delle particelle della polvere di vetro sottoposte a riscaldamento e ad avvicinamento) crea materiali dotati di grande valore sia dal punto di vista estetico che dal punto di vista simbolico. I suoi recipienti in vetro soffiato spesso presentano tracce di argilla, di pietre e di altre strutture naturali, diventando così un ponte tra l’uomo, il paesaggio e il tempo
Vendulka Prchalová (1989)
Vendulka Prchalová nella sua creazione unisce le esperienze personali, i motivi di viaggio e una precisa tecnica di lavorazione. Il progetto Far from Nowhere presentato a Parigi è un vero e proprio percorso attraverso i continenti (si va dal Montana a Tojama in Giappone) ed è costituito da opere che colgono le impronte culturali e naturali dei luoghi visitati. Accanto alle forme zoomorfe e alle strutture delicate troviamo una sperimentazione con i temi della tensione interna e della contrapposizione – si oscilla tra la giocosità e l’inquietudine, tra la fragilità e la forza. Il motivo giapponese del Kappa – ambivalente essere acquatico – è una metafora dell’approccio di Vendulka Prchalová alla creazione: ambiguo, poetico, ma sempre radicato all’interno di una profonda percezione del contesto.
Michaela Spružinová (1983)
Michaela Spružinová nella sua creazione unisce le tecniche classiche con i temi dell’attualità, spesso con un sottofondo ironico o sarcastico. Indaga il mondo del consumismo, il culto del corpo, l’estetica dei media e l’assurdità dell’inquinamento visivo del mondo odierno. A differenza di ciò che avviene nelle tendenze estetizzanti che normalmente accompagnano oggi il lavoro con il vetro qui vengono inserite all’interno del materiale la brutalità e la leggerezza della caricatura. Il corpo è rappresentato così com’è, senza abbellimenti. Le opere così spesso sviluppano un commento critico, ma giocoso nei confronti della cultura pop, delle norme di bellezza e delle aspettative sociali.
AgamFahy & Martin Janecký (1980)
L’unione tra il tatuatore francese Lionel Fahy, la designer israeliana Tal Agam e il mastro vetraio ceco Martin Janecký ha dato vita a delle opere uniche, del tutto differenti dalla comune idea di „tatuaggio su vetro“. Non si tratta solo di applicare modelli visivi, ma di trasferire complessivamente in 3D dei disegni originali sul vetro. Ogni membro del trio in questo processo apporta la propria esperienza e la propria sensibilità specifica. Il risultato? Degli oggetti che stanno al confine tra visione di sogno, epos visivo e mitologia contemporanea. Si tratta di una collaborazione artistica nata dopo più di dieci anni di amicizia che si è concretizzata nello studio praghese di Janecký e che trae le sue origini dalle comuni fondamenta generazionali e culturali.
(immagine: https://www.lemondedesartisans.fr/agenda/biennale-revelations-2025)