BOSNIA: Arrestato Fahrudin Radoncic, il “Berlusconi” di Sarajevo

Il leader del partito populista bosniaco “Alleanza per un Futuro Migliore” (SBBBiH), Fahrudin Radoncicè stato arrestato il 25 gennaio con l’accusa di aver interferito con il lavoro della magistratura. Tuttavia, sembrerebbe che l’arresto di Radoncic sia dovuto dall’aver fatto pressioni su Azra Saric, testimone chiave nel processo contro il boss mafioso Naser Keljmendi.

Fahrudin Radoncic, fondatore del giornale Dvevni Avaz, è stato ministro della sicurezza tra il 2012 e il 2014 e il suo partito è attualmente al governo della Federacija BiH (che con la Republika Srpska formain coalizione con il Partito d’Azione Democratica (SDA) guidato da Bakir Izetbegovic e l’Unione Democratica Croata di Bosnia ed Erzegovina (HDZBiH) guidata da Dragan Covic. Proprio sul Dvevni Avaz, nel cui redazione è intervenuta la SIPA, il dipartimento investigativo bosniaco, è apparso un articolo di condanna nei confronti delle autorità che hanno dato il via libera all’arresto di Radoncic e di altre alte sfere del partito come Bakir Dautbasic e Bilsena Sahman. Secondo il Dvevni Avaz, infatti, in Bosnia-Erzegovina è in atto un colpo di stato, dove i partiti politici tradizionali eliminano gli oppositori e i potenziali futuri leader della Bosnia.

La procura bosniaca ha richiesto alle autorità che Radoncic sia detenuto per 30 giorni, in modo tale che non possa direttamente interferire con le indagini o fare pressione sui testimoni nell’ambito del processo contro il boss mafioso Naser Kaljmendi. Vasvija Vidovic, uno degli avvocati che difende Radoncic, sostiene che le ragioni dell’arresto siano esclusivamente di natura politica, sottolineando come tutto ciò non fosse necessario dal momento che Radoncic è una figura pubblica. L’arresto avrà certamente delle ripercussioni importanti nella politica bosniaca, seppur il leader del partito SDA, con il quale il SBBBiH è in coalizione, ha dichiarato di non aver nessuna intenzione di interrompere il rapporto instaurato tra i due partiti.

Naser Kaljmendi, kosovaro, originario di Pec, si è trasferito nel 2002 a Sarajevo ed è diventato in breve tempo uno dei boss mafiosi più temuti dei Balcani. Dopo aver iniziato la sua carriera criminale durante la guerra trafficando sigarette, si è successivamente specializzato nel traffico di droga, esseri umani e armi, stringendo numerose alleanze con altre mafie balcaniche e, secondo la procura, anche con elementi di spicco della politica bosniaca. Secondo la procura, uno degli uomini con cui Kaljmendi ha stretto solidi legami è proprio Radoncic, che si è sempre presentato come l’uomo “nuovo” della politica bosniaca, in grado di esautorare i partiti politici sorti con l’indipendenza. Per questo, e per il suo impero mediatico, è stato chiamato “il Berlusconi di Bosnia”.

Seppur bisogna attendere il prosieguo delle indagini, ciò non fa altro che mettere in luce, se ancora se ne sentisse la necessità, le grandi difficoltà che la Bosnia post-Dayton ha dovuto e deve ancora affrontare per ritrovare una sua stabilità politica, auspicando per il suo futuro l’integrazione europea. Certo è che le connessioni mafiose e le forzature compiute dal sistema politico per legittimarsi non sono nuove e rendono molto complesso il futuro del paese, che sul piano internazionale viene riconosciuto come un covo di jihadisti nel cuore dell’Europa.

Foto: Radio 202

Chi è Edoardo Corradi

Nato a Genova, è dottorando di ricerca in Scienza Politica all'Università degli Studi di Genova. Si interessa di Balcani occidentali, di cui ha scritto per numerosi giornali e riviste accademiche.

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