SERBIA: Una statua di Tito di nuovo in piazza a Užice

La statua di Josip Broz Tito nella città di Užice, nella Serbia occidentale, verrà ripristinata nel posto da cui venne rimossa 24 anni fa, in quel 1991 che rappresentò il capolinea della federazione socialista jugoslava. La decisione è stata presa dalle autorità locali come iniziativa per rilanciare il turismo di Užice che, al di là della fortezza sul promontorio e la famosa lepinja locale, non ha molto da offrire.

In questi ultimi 24 anni, la statua del maresciallo, opera dello scultore croato Franjo Kršinić, era stata spostata nel museo della “Repubblica di Užice“, dopo aver dominato “Trg Partizana” (piazza partigiani) dal 1961 al 1991. Le autorità locali fanno sapere che il monumento sarà di nuovo in piazza entro il prossimo 9 maggio, anniversario della vittoria sul nazi-fascismo. Esso servirà ad attrarre un maggior numero di turisti, contribuendo a sviluppare l’economia locale, fortemente colpita dagli ultimi 20 anni di recessione economica e privatizzazione dell’industria. “L’idea – fanno sapere dal comune – è nata ispirandoci alla cittadina di Jablanica, in Bosnia-Erzegovina, dove nel 1943 ci fu la battaglia sulla Neretva e dove ogni anno accorrono centinaia di turisti da tutte le ex repubbliche jugoslave. Crediamo che anche ad Užice possa accadere qualcosa di simile.”

Il motivo per cui per trent’anni Užice ha ospitato la statua di Tito – che di per sé non aveva mai promosso in modo diretto il culto della personalità, in quanto considerato prerogativa stalinista e degenerazione della prassi socialista – risale al 1941, quando la Jugoslavia venne occupata e smembrata dalle forze nazi-fasciste. Nel luglio del 1941, infatti, le formazioni partigiane jugoslave, comandate da Josip Broz, decisero di occupare la città di Užice e i territori limitrofi, per un’area che in totale comprendeva quasi un milione di abitanti e che rappresentava una posizione molto strategica.

Innanzitutto per la morfologia montagnosa del territorio, a ridosso delle montagne della Bosnia orientale a ovest e a nord del promontorio montenegrino del Durmitor; e in secondo luogo per la locale fabbrica di armi e munizioni, che funse da motore bellico per l’inizio dell’insurrezione contro l’occupatore, che all’epoca doveva ancora subire una sconfitta in tutta Europa. La città venne conquistata il 24 settembre del 1941 e rappresentò uno dei pochi territori liberi dell’Europa occupata. La città verrà poi riconquistata dai nazisti, insieme alle formazioni cetniche di Draža Mihailović, il primo dicembre dello stesso anno, in quella che passerà alla storia come “prima offensiva nemica” (ce ne saranno otto in tutta la Jugoslavia prima di arrivare alla liberazione definitiva).

L’esperienza della Repubblica di Užice lascerà nella memoria collettiva cittadina un’impronta indelebile, testimoniata anche dal fatto che il nome ufficiale della città diventerà “Titovo Užice“. Secondo la storiografia dell’epoca, senza l’esperienza della Užička Republika non si sarebbe diffuso lo spirito antifascista necessario alla liberazione finale. Secondo il sociologo Todor Kuljić, inoltre, non è un caso che Tito abbia scelto di iniziare l’insurrezione dalla Serbia centro-occidentale, sfruttando la mentalità guerriera che da sempre aveva contraddistinto la popolazione della regione della Šumadija, facendosi portatore di quei valori di liberazione, oltre che di martirio, che storicamente lo mettono sulla stessa posizione di altri governanti serbi quali Knez Miloš, regnante all’epoca della liberazione ottomana, e Nikola Pašić, primo ministro serbo durante la Prima guerra mondiale.

Secondo questa interpretazione, dunque, Tito ritornerà là dove ha saputo cogliere lo spirito di un popolo non proprio, conferendo a questa nazione un pezzo indelebile di storia.

Chi è Giorgio Fruscione

Giorgio Fruscione è Research Fellow e publications editor presso ISPI. Ha collaborato con EastWest, Balkan Insight, Il Venerdì di Repubblica, Domani, il Tascabile occupandosi di Balcani, dove ha vissuto per anni lavorando come giornalista freelance. È tra gli autori di “Capire i Balcani occidentali” (Bottega Errante Editore, 2021) e ha firmato due studi, “Pandemic in the Balkans” e “The Balkans. Old, new instabilities”, pubblicati per ISPI. È presidente dell’Associazione Most-East Journal.

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