BASKET: Il Sigal Pristina porta il Kosovo sul parquet d’Europa

Nonostante sia finita in una sconfitta, per il Sigal Pristina la serata del 27 ottobre 2015 a Târgu Jiu è stata storica. La gara disputata contro i padroni di casa dell’Energia Târgu Jiu, persa 87-72, è stata infatti la prima gara ufficiale disputata da un club kosovaro in una competizione FIBA. Dopo i primi scambi l’Energia ha allungato da 12-9 a 27-12. Vano il tentativo del Sigal di riportarsi a distanze con una sola cifra: sul 34-24 a metà del secondo quarto i padroni di casa innestano la quarta e vanno in fuga, chiudendo 45-28 all’intervallo lungo per portarsi perfino sul 52-28 all’inizio del terzo quarto. Solo nell’ultima frazione di gioco, con l’Energia già sicura di aver chiuso il risultato, il Sigal Pristina riuscirà a ridurre il passivo a -15, grazie soprattutto ai canestri degli statunitensi Khalid el-Amin e Mohamed Abukar, con uno score personale di rispettivamente 20 e 15 punti.

Sigal Pristina, risorgere per trionfare

Poco importa per l’esordiente Sigal, che corona con la gara di questa sera non solo la rincorsa del Kosovo all’ammissione nel basket che conta, ma anche il compimento della propria resurrezione. Come racconta Ramadan Gagica, ex responsabile della comunicazione del club da noi intervistato, nel 2011 la squadra stava per dichiarare bancarotta e ritirarsi. Artefice della rinascita del club fu Blerand Stavileci, l’attuale presidente della società, che aveva giocato nel club come playmaker e che allora era ministro dell’Agricoltura. A Stavileci si deve la riorganizzazione del club, oltre ai primi contatti con gli organizzatori della Balkan League, a cui il Sigal prese parte per la prima volta nel 2013, organizzando la Final Four.

Il più grande successo sportivo del Sigal, fondato nel 1970 e vincitore di dieci campionati, undici coppe e tre supercoppe in Kosovo, è arrivato alla fine dello scorso anno, con la vittoria sullo Sportist Samokov nella finale di Balkan League, il primo torneo internazionale mai vinto da una squadra kosovara. «Da febbraio a maggio 2015 l’intera dirigenza e lo staff lasciarono tutto da parte per concentrarsi sul vincere la Balkan League – racconta Gagica – Il sostegno e l’aiuto sono venuti anche dai nostri fan, il gruppo Plisat (che prende il nome da un copricapo tradizionale, ndA) […]. Hanno reso impossibile vincere a Pristina per le squadre ospiti. […] Avevamo il sostegno di 100 fan che viaggiarono fino in Bulgaria, e quindicimila tifosi riuniti nel boulevard di Pristina per supportarci attraverso il megaschermo».

Un momento reso speciale anche dal riconoscimento di MVP del torneo ottenuto da Dardan Berisha, una delle speranze più cristalline della pallacanestro kosovara. Nato a Peja nel 1988, Berisha è stato naturalizzato polacco dalla nascita, e in Polonia ha speso gran parte della sua partita, prima di decidere di tornare in patria nel 2012 per giocare con il KB Peja. Dopo aver portato la squadra del suo paese natale allo scudetto per la prima volta in nove anni, Berisha ha accettato il trasferimento al Sigal Pristina. Una scelta non facile, vista l’aspra rivalità che divide le due squadre: i Plisat ottennero in un’occasione il blocco del trasferimento di un giocatore del Peja, Samir Shaptahu, poi ostracizzato anche dai fan del suo club di provenienza.

Il bronzo della Jugoslavia e le manette serbe

In Kosovo la pallacanestro gode di un seguito nutrito e appassionato. Le radici del basket kosovaro vanno ricercate nel periodo di occupazione italiana durante la Seconda Guerra Mondiale e le squadre locali arrivarono a disputare la seconda divisione del campionato jugoslavo. Un solo kosovaro vestì la maglia della JugoslaviaZufer Avdija, centro dello Stella Rossa che con la nazionale federata vinse il bronzo ai Mondiali del 1982: la squadra perse di 7 contro gli Stati Uniti e di 5 contro l’Unione Sovietica, superando la Spagna 119-117 nella finale per il terzo posto, grazie all’apporto di giocatori leggendari come il serbo Dragan Kićanović, il croato Aca Petrović (fratello maggiore di Dražen) e i bosniaci Mirza Delibašić e Dražen Dalipagić, oltre alla direzione di un santone come il tecnico Ranko Žeravica, serbo di origini erzegovesi.

Il 24 ottobre 1991, mentre il Kosovo cominciava a formare le sue istituzioni parallele e indipendenti, si formò anche la federazione di pallacanestro. Racconta Erolld Belegu, presidente della federazione, da noi intervistato: «Negli anni ’90 la situazione in Kosovo era in qualche modo surreale. Le partite venivano giocate clandestinamente nelle palestre scolastiche, con la paura costante della polizia serba, che occasionalmente spuntava, interrompeva la partita, arrestava giocatori e ufficiali della federazione e arrivava a colpirli. Scene di giocatori che entravano in palestra in abiti civili, portando le loro uniformi sportive come biancheria intima per la paura di portare borse sportive in pubblico, erano comuni».

La battaglia per il riconoscimento

Dopo la guerra combattuta alla fine degli anni ’90, la federazione cominciò a profondere sforzi nell’ottenere l’ammissione alla FIBA. Sparuti successi, come la partecipazione della squadra femminile dell’Universiteti alla Trocal League, durarono poco. Il primo vero progresso fu l’accordo segnato dalla federazione con la FIBA nel 2012 per disciplinare i nulla osta federali e i trasferimenti di giocatori, nello stesso anno in cui i due principali club del paese, Sigal Pristina e Peja, venivano ammessi alla Balkan League.

Ad aprire definitivamente le porte all’ammissione è stato il riconoscimento e l’affiliazione del Comitato Olimpico kosovaro al CIO nel dicembre 2014, votata tra gli altri dal Segretario Generale della FIBA Patrick Baumann. L’ammissione non ha mancato di sollevare polemiche in Serbia: in reazione al riconoscimento della nazionale kosovara, la federbasket di Belgrado ha lanciato un monito perché ogni incontro tra squadre dei due paesi «venga evitato a ogni costo».

L’ammissione alla FIBA dovrebbe fornire alla federazione kosovara i mezzi necessari per garantire strutture migliori ai suoi 1.600 tesserati. Le infrastrutture sono infatti l’aspetto più critico del movimento cestistico nazionale: la maggior parte delle palestre risale al 1979 ed è stata danneggiata durante la guerra, e non tutte le strutture costruite da istituzioni scolastiche e universitarie o privati dopo la guerra soddisfano i requisiti per ospitare gare competitive. Secondo Belegu «l’impatto immediato (dell’ammissione alla FIBA, ndA) è stato percepito quando gli ufficiali del governo hanno iniziato a prendere le nostre richieste più seriamente e hanno espresso la loro volontà di fornirci un maggior supporto finanziario. La possibilità di applicare per fondi di sviluppo da parte di FIBA, FIBA Europe e CIO è inoltre un grande mezzo per noi per accelerare il processo di sviluppo della pallacanestro attraverso corsi per allenatori e arbitri, campi di allenamento per i giocatori e la partecipazione diretta a competizioni e vari altri incontri. Speriamo di rifarci del tempo perso in un quarto di secolo di isolamento».

Foto: FIBA Europe

Chi è Damiano Benzoni

Giornalista pubblicista, è caporedattore della pagina sportiva di East Journal. Gestisce Dinamo Babel, blog su temi di sport e politica, e partecipa al progetto di informazione sportiva Collettivo Zaire74. Ha collaborato con Il Giorno, Avvenire, Kosovo 2.0, When Saturday Comes, Radio 24, Radio Flash Torino e Futbolgrad. Laureato in Scienze Politiche con una tesi sulla democratizzazione romena, ha studiato tra Milano, Roma e Bucarest. Nato nel 1985 in provincia di Como, dove risiede, parla inglese e romeno. Ex rugbista.

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