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UNGHERIA: La sindrome del Trianon, psicosi magiara in cerca di celebrazioni

Per decisione del governo Orban, in Ungheria a partire dal 2010, ogni 4 giugno ricorre la celebrazione del “Giorno di Coesione Nazionale”. Alla classe politica ungherese, la coesione della nazione è sembrata necessaria quanto quella dei familiari e amici di un defunto in occasione di un funerale. Non a caso, quella che gli ungheresi ricordano ogni 4 giugno è la fine della Grande Ungheria.

Il Regno d‘Ungheria e il trattato del Trianon

Nel corso del primo conflitto mondiale, l’Impero austro-ungarico ha fatto parte della coalizione degli imperi centrali insieme a Germania e Impero ottomano. Austria e Ungheria erano due stati autogovernati che riconoscevano gli Asburgo come sovrani, con un territorio che includeva gran parte dell’Europa centro-orientale e una popolazione di undici nazionalità diverse. Tuttavia, con la sconfitta nella Prima Guerra Mondiale gli imperi sono giunti al tramonto. Gli Asburgo sono stati deposti, Austria e Ungheria separate e notevolmente ridimensionate. Infatti, il 4 giugno 1920, nel palazzo del Grande Trianon della reggia di Versailles, i vincitori hanno imposto al Regno d’Ungheria un trattato di pace unilaterale che si è rivelato talmente punitivo da essere considerato tra le cause scatenanti della Seconda Guerra Mondiale.

Il trattato ha previsto la perdita: della Slovacchia a favore del neo-stato cecoslovacco; della Transilvania entrata a far parte della Romania; di Croazia, Slavonia e Voivodina a favore del Regno dei Serbi, Croati e Sloveni; della Rutenia subcarpatica; della città di Fiume, successivamente annessa con la forza nel Regno d’Italia.
In tutto, il Regno d’Ungheria è stato ridotto ad un terzo del suo territorio originario, e la sua popolazione è scesa da 19 a 7 milioni.
Tuttavia, ciò che di più ha colpito gli ungheresi è stato l’effetto diaspora provocato dal trattato, ovvero la dispersione in stati diversi della stessa popolazione magiara. Infatti, secondo il censimento del 1910, il 30% della popolazione di Slovacchia, Transcarpazia, Transilvania e Voivodina era di nazionalità ungherese. Ancora oggi, gli ungheresi restano la più grande minoranza della Slovacchia.

La Sindrome del Trianon

Sebbene gli storici siano generalmente concordi nel criticare l’eccessiva parzialità del trattato del Trianon, oggi, a 95 anni di distanza dall’evento, è esagerato ricordarlo. Non solo perché dato il tempo trascorso le ferite si sarebbero dovute lenire, ma anche perché l’Ungheria così come Slovacchia e Romania, ancora oggi patrie di consistenti minoranze ungheresi, è parte dell’Unione Europea. La ragione stessa dell’esistenza dell’UE si fonda sul superamento delle miopi prospettive nazionali in virtù di una cooperazione cosmopolita e trasversale, e focalizzarsi su un evento del genere, oltre che fomentare il nazionalismo e l’antieuropeismo, non fa che provocare irritazione nei governi degli stati confinanti.
Se si potesse parlare di malattie psichiche per le nazioni, si potrebbe dire che gli ungheresi soffrano della Sindrome del Trianon.

La recente celebrazione

Infatti, sembrano essere tutti d’accordo con Gábor Vona, leader del partito di estrema destra Jobbik, quando nella recente celebrazione ha affermato che la questione del Trianon e degli ungheresi strappati alla loro madrepatria dovrebbe essere tenuta al di fuori di ogni dibattito politico. Secondo lo speaker del Parlamento László Kövér saranno le radici cristiane, la lingua e cultura ungherese a fungere da collante per la nazione nel 21esimo secolo. I portavoce del partito dei verdi LMP e del partito socialista hanno entrambi affermato la necessità di superare la tragedia del Trianon in maniera tale che gli ungheresi possano formare un’unica comunità nazionale oltre i limiti rappresentati dai confini.

La psichiatra svizzera Elisabeth Ross è diventata famosa nella comunità scientifica per la sua teoria sulle cinque fasi dell’elaborazione del lutto. Secondo questa teoria, quando si subisce una perdita si passa attraverso cinque fasi diverse per elaborare un lutto fisico o semplicemente ideologico. Queste fasi sono: la negazione, la rabbia, la contrattazione, la depressione e l’accettazione. Se applicassimo questa teoria agli ungheresi potremmo dire che siano giunti alla fase depressiva dell’elaborazione del lutto provocato dal trattato del Trianon.
Quando accetteranno la perdita saranno in grado di lasciare andare il passato e concentrarsi sulle sfide del presente.
Naturalmente questa è una semplificazione, non è possibile paragonare un’intera nazione ad un individuo. Tuttavia, è difficile capire dove sia il confine tra retorica politica e reale convinzione nazionalista.

Chi è Gian Marco Moisé

Dottorando alla scuola di Law and Government della Dublin City University, ha conseguito una magistrale in ricerca e studi interdisciplinari sull'Europa orientale e un master di secondo livello in diritti umani nei Balcani occidentali. Ha vissuto a Dublino, Budapest, Sarajevo e Pristina. Parla inglese e francese, e di se stesso in terza persona.

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