Da RIGA (Speciale Baltica) – Mercoledì 3 giugno la Saeima, il parlamento lettone, è convocato in seduta straordinaria per eleggere il nuovo presidente della Repubblica lettone. Alla vigilia delle elezioni cerchiamo di raccontarvi quello che c’è da sapere e come potrebbe andare (è più complicato di quanto può sembrare).
Sono quattro le candidature presentate in parlamento, quelle di Mārtiņš Bondars (LRA), Raimonds Vējonis(ZZS), Sergejs Dolgopolovs (Saskaņa) e del giurista Egils Levits. Per queste elezioni la coalizione di governo, composta da Vienotība, Nacionāla apvienība e ZZS, aveva intenzione di presentare una candidatura unica, ma i partiti della maggioranza non sono riusciti a convergere su un nome, rendendo di fatto molto complicato e pieno di potenziali sorprese il voto sull’elezione del nuovo presidente, il nono della storia lettone, il quinto dal ripristino dell’indipendenza nel 1991.
Come funziona l’elezione del presidente?
La Saeima elegge il presidente ogni quattro anni a maggioranza assoluta, 51 voti su 100, a scrutinio segreto. Una proposta di legge presentata da Nacionāla apvienība per rendere il voto palese non è stata approvata, per l’opposizione di ZZS e Saskaņa. Nel primo scrutinio saranno assegnati i voti ai quattro candidati ufficialmente presentati dai partiti. Nel caso nessuno raggiunga la maggioranza assoluta, si procederà ad una seconda votazione, al termine della quale, se nessuno avrà ottenuto la maggioranza dei voti, il candidato che avrà ottenuto meno voti verrà escluso dal successivo scrutinio. Andrà avanti così, eliminando ad ogni votazione successiva il candidato meno votato, finché non si arriverà ad un solo candidato. Se anche nella votazione con l’ultimo candidato rimasto, questi non riceverà la maggioranza assoluta dei voti, il primo turno di votazioni sarà esaurito.
Il secondo turno di votazioni si svolgerà tra i 10 e i 15 giorni successivi, con nuove candidature, anche se potranno essere ricandidati anche persone già candidate nel primo turno. Per questo non è detto che il nuovo presidente lettone venga necessariamente scelto tra il quartetto di candidature presentate al primo turno.
Il nuovo presidente giurerà il prossimo 8 luglio, il giorno dopo il termine ufficiale del mandato dell’attuale presidente, Andris Bērziņš, che ha deciso di non ricandidarsi per un secondo mandato.
I quattro candidati
Mārtiņš Bondars (LRA) – E’ stato il primo candidato ufficiale alle elezioni presidenziali. E’ il leader di Latvijas Reģionu Apvienība, partito nato di recente e che ha conquistato otto seggi nelle elezioni dello scorso anno. Ha 44 anni, il candidato più giovane del lotto, ma può vantare già un’esperienza nel Castello di Riga (sede della presidenza), come direttore della cancelleria durante la presidenza di Vaira Vīķe-Freiberga. Economista, ha studiato anche al Lakeland College negli USA, è stato anche presidente di Krājbanka. In vari sondaggi e votazioni aperte a tutti su internet ha registrato un buon successo, ma nella Saeima dei quattro candidati è quello che può contare sul minor numero di voti iniziali, gli otto del suo partito. E’ il primo candidato che potrebbe venire eliminato dalla seconda votazione.
Sergejs Dolgopolovs (“Saskaņa”) – Il candidato del partito russofono Saskaņa (74 anni) è un politico di lungo corso in Lettonia. Parlamentare da quattro legislature, è stato anche deputato del consiglio comunale di Riga. Recentemente in un’intervista ha dichiarato di “non sapere se la Crimea deve far parte della Russia o dell’Ucraina”, e che in ogni caso “non si può considerare la Russia un paese aggressore”. Anni addietro suscitò polemiche quando affermò ai media di conoscere a memoria solo la prima strofa dell’inno lettone. Come punto principale del suo programma presidenziale, ha posto la necessità di una maggiore integrazione della comunità russofona in Lettonia. Dovrebbe contare solo sui 24 voti del suo partito, che lo ha scelto come candidatura di bandiera. Ma molti osservatori ritengono che il vero obiettivo di Saskaņa sia usare i propri voti per eleggere un presidente di proprio gradimento, magari con l’appoggio di ZZS, secondo lo scenario verificatosi quattro anni fa per l’elezione di Andris Bērziņš.
Raimonds Vējonis (ZZS) – L’attuale ministro della difesa è il candidato con maggiori possibilità di essere eletto. Il suo partito ZZS lo ha candidato al termine di un lungo dibattito interno. E’ uno dei ministri più popolari del governo guidato da Laimdota Strajuma, ma non si sono dissipati i dubbi sul reale sostegno a questa candidatura da parte degli stessi deputati di ZZS. Vējonis non sarebbe stato infatti il candidato preferito da uno dei grandi notabili del partito, il sindaco di Ventspils Lembergs. Per questo alcuni hanno ipotizzato che la candidatura di Vējonis possa essere uno stratagemma per nascondere un secondo candidato più gradito all’oligarca di Ventspils e che potrebbe ottenere il sostegno dei filorussi di Saskaņa. Lo stesso Vējonis ha già affermato di non essere intenzionato a ricandidarsi per il secondo turno, se nel primo non riuscirà ad essere eletto. Fra gli eventuali candidati per il secondo turno di ZZS si fa il nome di Uldis Sesks, l’attuale sindaco di Liepāja. Oltre ai voti di ZZS, 21, Vējonis dovrebbe contare su una buona parte dei voti dei deputati di Vienotība, che non ha schierato un proprio candidato. Circa due terzi dei deputati di Vienotība, che sono 23 in totale, hanno promesso il loro voto a sostegno dell’attuale ministro della difesa.
Egils Levits (indipendente) – E’ l’unico candidato non parlamentare e non membro di un partito. E’ stato candidato da Nacionāla apvienība, il partito nazionalista lettone. E’ un giurista e politologo di fama, ha scritto il preambolo alla costituzione lettone che alcuni mesi fa è stato approvato dalla Saeima. Levits (60 anni) attualmente è il presidente della Commissione Costituzionale di giustizia, ma è stato anche ministro della giustizia, e giudice della Corte Europea dei diritti dell’uomo. Può contare sui voti di NA, 17, e di una minoranza dei deputati di Vienotība, fra i sette e i nove. Per questo potrebbe essere lui il candidato che resterà al ballottaggio con Vējonis se nessun candidato otterrà nelle prime tre votazioni la maggioranza assoluta. Ha ricevuto in queste settimane l’appoggio di molti intellettuali ed esponenti della società civile lettone, dalla poetessa Liāna Langa a Dainis Īvāns, il primo presidente del Fronte di liberazione nazionale e fra i principali ispiratori del movimento di liberazione dall’Urss.
I possibili scenari
Il primo scrutinio con ogni probabilità servirà per contare le forze in campo. Nessuno dei quattro candidati ha il sostegno della maggioranza dei deputati, e dunque a meno di clamorose sorprese nessuno sarà eletto nella prima votazione. Vējonis parte da una base di circa trentacinque voti, ZZS e una parte di Vienotība, Levits potrebbe riceverne circa venticinque, mentre Dolgopolovs si dovrebbe fermare ai 23 del proprio gruppo parlamentare. Bondars può contare sui suoi otto deputati. A questo scenario di voti si devono aggiungere i sette voti di “No sirds Latviaji”, che non presenta alcun candidato e i cui deputati hanno libertà di voto.
Nel secondo scrutinio le forze in campo potrebbero essere sostanzialmente le stesse, ma in questo caso si arriverà all’eliminazione del candidato meno votato, con ogni probabilità sarà Bondars.
Il terzo scrutinio potrebbe essere molto significativo. Difficile prevedere se già in questo turno uno dei tre candidati rimasti potrà ottenere la maggioranza assoluta, ma intanto i voti di LRA, con Bondars eliminato affluiranno su un altro candidato. La cosa più probabile è che gli otto deputati di LRA si schierino con Levits o con Vējonis. In questo caso Dolgopolovs potrebbe essere l’indiziato più probabile per l’eliminazione.
Un’eventuale quarto scrutinio vedrebbe in campo due soli candidati, probabilmente Vējonis e Levits (o in alternativa Dolgopolovs). Se anche in questo caso nessuno dei due candidati ottenesse la maggioranza assoluta si procederebbe ad un’ultima votazione, con un solo candidato in campo. Difficile però a questo punto che quel candidato possa ottenere i 51 voti necessari, e si andrebbe ad un secondo turno, con nuovi candidati, da tenersi un paio di settimane dopo.
Nel caso sia necessario un secondo turno di votazioni, si fanno già i nomi di eventuali candidati. Abbiamo detto sopra dell’intenzione di Vējonis a non ricandidarsi, ed allora il nuovo candidato di ZZS potrebbe essere il sindaco di Liepāja Uldis Sesks. NA sarebbe intenzionata ripresentare Levits, ma il nome nuovo e forse quello che potrebbe risultare vincente, sarebbe quello di Māris Riekstiņš, l’attuale ambasciatore della Lettonia alla Nato. Su questo nome potrebbero convergere i voti di una maggioranza trasversale, da Vienotība ai nazionalisti, passando magari per i piccoli partiti dell’opposizione, in grado di mettere insieme i 51 voti necessari per l’elezione del nuovo presidente.
I precedenti 8 presidenti della Lettonia
Jānis Čakste (1922 – 1927) – Fu il primo presidente della storia della Repubblica lettone. Venne eletto il 14 novembre del 1922 con 92 voti, e poi ricevette un secondo mandato con l’elezione del 1925, dove ottenne i voti di 60 deputati.
Gustavs Zemgals (1927 – 1930) – Con la morte di Čakste nel 1927 si rese necessaria l’elezione di un nuovo presidente. Dopo una lunga sessione di votazioni fu eletto Gustavs Zemgals, con 73 voti, 23 contrari e un’astensione. Al termine del suo mandato Zemgals rifiutò categoricamente di ripresentarsi per un secondo mandato.
Alberts Kviesis (1930 – 1936) – Per due mandati ricoprì invece la carica di presidente Alberts Kviesis, che nella prima elezione nell’aprile del 1930 fu votato da 55 deputati, mentre nel 1933 ottenne la rielezione per un pelo, con 52 voti favorevoli.
Kārlis Ulmanis (1936 – 1940) – L’11 aprile del 1936, concluso il secondo mandato del presidente Kviesis, Kārlis Ulmanis, allora presidente del consiglio lettone, avocò a sé anche la carica di capo dello stato, esautorando il parlamento, estromettendo i partiti e creando di fatto un sistema autoritario. L’invasione della Lettonia nel 1940 da parte dell’Urss e l’inizio della II guerra mondiale decretarono poi la fine della prima repubblica di Lettonia.
Guntis Ulmanis (1993 – 1999) – Il primo presidente della nuova repubblica di Lettonia, dopo il ripristino della sua indipendenza, è stato Guntis Ulmanis. Rimase in carica per due mandati, ma in entrambi i casi la sua elezione fu molto risicata. Sia nel luglio del 1993 che nel luglio 1996 ottenne l’elezione con 52 voti, appena uno in più della maggiornaza necessaria.
Vaira Vīķe-Freiberga (1999 – 2007) – La prima e finora unica donna presidente della Repubblica lettone. E’ stata anche di gran lunga il presidente più popolare e amato dai lettoni. Venne eletta a sorpresa, dopo una serie di votazione andate nulle, il 17 luglio del 1999 con 53 voti. La sua rielezione nel 2003 fu invece molto più larga, con 88 voti, segno degli ottimi risultati ottenuti nei suoi primi anni di presidenza.
Valdis Zatlers (2007 – 2011) – Quella di Zatlers nel 2007 fu un’elezione assolutamente a sorpresa. Zatlers non aveva avuto ruoli di rilievo in politica prima di allora, ed esercitava la professione di medico. Fu eletto con 58 voti. E’ poi passato alla storia per essere stato il primo presidente a chiedere lo scioglimento del parlamento, perché l’assemblea non aveva consentito procedimenti di indagine nei confronti di alcuni deputati accusati di corruzione. Lo scioglimento della Saeima fu approvato da un referendum popolare che votò a grande maggioranza per lo scioglimento. Ma quello stesso parlamento che si sciolse pochi giorni dopo ebbe il tempo di votare per il nuovo presidente, bocciando la ricandidatura dello stesso Zatlers, che poi si presentò alle elezioni politiche successive, con un suo nuovo partito, Reformu partija.
Andris Bērziņš (2011 – 2015) – Bērziņš fu eletto con 53 voti, appena sopra la soglia di maggioranza, grazie al sostegno dei filorussi di Saskaņa che votarono il candidato di ZZS, per impedire la rielezione di Zatlers. Bērziņš al termine di questo suo mandato ha deciso di non ripresentare la propria candidatura. E’ il primo presidente dall’ndipendenza del 1991 a non ripresentare la propria candidatura per un secondo mandato.