KOSOVO: L'Uck celebra i "caduti" di Kumanovo

Migliaia di persone a Pristina, capitale del Kosovo, hanno reso omaggio alle salme dei combattenti dell’Uck uccisi a Kumanovo, in Macedonia, il 9 giugno scorso. Lo riporta l’agenzia Reuters. Kumanovo, seconda città della Repubblica di Macedonia, è stata teatro di scontri tra terroristi dell’Uck e forze speciali della polizia macedone, intervenute in modo preventivo per sgominare quella che è stata indicata dal governo di Skopje come una cellula dormiente pronta a colpire nel paese. Gli scontri hanno lasciato sul terreno 22 morti, di cui otto agenti di polizia macedoni e quattordici terroristi. Di questi, otto hanno trovato sepoltura al Cimitero dei Martiri di Pristina in una cerimonia organizzata dalle famiglie dei caduti e dall’associazione dei veterani dell’Uck. Una folla di persone, tra famigliari, ex-combattenti e gente comune, ha reso omaggio a quelli che ritiene essere “eroi“, in una parata d’onore fatta di bandiere dell’Uck e divise militari. Il governo di Pristina non ha partecipato alla cerimonia e non ha rilasciato dichiarazioni a riguardo.

Secondo il ministero dell’interno macedone, l’obiettivo dell’intervento preventivo a Kumanovo era di “arrestare un ampio gruppo terroristico ben organizzato che stava preparando attacchi ad obiettivi strategici”. Sempre secondo fonti ufficiali, si sarebbe trattato di un gruppo armato infiltratosi da un “paese vicino” (il Kosovo, secondo il deputato governativo Antonio Miloshoski) e intenziato a “destabilizzare” la Macedonia. La polizia di confine kosovara, tramite il maggiore Baki Kelani, è stata tuttavia rapida nello smentire qualsiasi infiltrazione di uomini armati.

L’Uck è considerato, in Kosovo, l’esercito di liberazione nazionale, il fautore dell’indipendenza e della vittoria contro i serbi nella guerra del 1999. Il movimento non gode di eguale reputazione nel resto dei Balcani, dove è considerato un gruppo terrorista. Attualmente l’Uck non è più attivo, i suoi leader sono diventati importanti capi politici del Kosovo indipendente e molti combattenti furono integrati nell’esercito regolare.  Fin dall’inizio della sua attività, nei primi anni Ottanta, l’Uck è stata considerata un’organizzazione terroristica non solo dai serbi ma anche dagli Stati Uniti, almeno fino al 1998. Nel 1999 la presidenza Clinton cambia parere e il 31 marzo di quell’anno i repubblicani al Senato presentano un’interrogazione dal titolo eloquente: “Da terroristi a partner” in cui viene mostrato come l’Uck abbia finanziato la sua battaglia attraverso il traffico di droga. Tuttavia la Nato appoggiò l’Uck in chiave antiserba, per poi promuovere l’indipendenza del paese e farne una testa di ponte americana nei Balcani. Non a caso il Kosovo ospita oggi Camp Bondsteel, la più grande base militare americana in Europa.

I leader dell’Uck sono stati a più riprese accusati di crimini di guerra, andando assolti dopo lunghe e controverse vicende giudiziarie. Secondo il magistrato del Tribunale Internazionale dell’Aja, Carla del Ponte, l’Uck avrebbe rapito civili serbi, incluse donne e bambini, per trasferirli  in seguito a Burrel, in Albania, dove sarebbero stati tenuti prigionieri in attesa dell’espianto dei propri organi diretti a cliniche turche specializzate in trapianti. Alcuni sarebbero stati sottoposti a diversi espianti successivi prima d’essere definitivamente uccisi e fatti sparire. Con questa accusa la Del Ponte ha portato alla sbarra i leader dell’Uck, su tutti Ramush Haradinaj, già primo ministro poi processato, assolto, nuovamente accusato e nuovamente assolto. Come dimostrato da molte inchieste giudiziarie, tra cui quelle di Giovanni Melillo, già sostituto procuratore nazionale antimafia, l’attività bellica dell’Uck è stata pesantemente finanziata attraverso la gestione dei traffici di eroina che dal 1991 cominciarono a percorrere la “via balcanica“. Le guerre jugoslave furono finanziate anche attraverso la gestione di quei traffici e la droga, dall’Afghanistan, raggiungeva il Kosovo, il Montenegro, l’Erzegovina, a da qui l’Italia e l’Europa centrale. In molti si sono giovati di quei traffici, dalla mafia montenegrina a quella serba, dall’Uck all’Hvo (il braccio armato dell’Hdz croato di Franjo Tudjam, che aveva contatti con Felice Maniero, il boss della “mala del Brenta”).

In questo mosaico di interessi, l’Uck faceva la sua parte. Ma l’Uck non è una cosa sola. C’è quello che ha combattuto la guerra del Kosovo (Ushtria Çlirimtare e Kosovës), quello che nel 2001 ha combattuto una breve guerra civile in Macedonia (Ushtria Çlirimtare Kombëtare) e quello che dal 1999 al 2001 ha combattuto in Serbia meridionale, nelle province di Preševo, Medveđa and Bujanovac, che loro chiamavano “Kosovo orientale” (Ushtria Çlirimtare e Preshevës, Medvegjës dhe Bujanocit, UÇPMB). I tre gruppi non avevano compartimenti stagni e molti combattenti passavano dall’uno all’altro con facilità. Di questo ultimo gruppo sono ancora attivi circa 1500 combattenti, che operano in modo clandestino e che, più che come gruppo politico armato, si profilano come gruppo di criminalità organizzata, dedito al traffico di droga e armi in connessione con la mafia albanese. Da qui provengono, forse, i terroristi di Kumanovo. Tra i caduti Sami Ukshini, Mirsad Ndrecaj e  Beg Rizaj erano membri del UÇPMB. Quest’ultimo ha anche combattuto in Kosovo e Macedonia, come molti degli altri caduti.

In ogni caso quelli sepolti con tutti gli onori a Pristina erano sia veterani delle guerre condotte nel 1999 in Kosovo e nel 2001 in Macedonia, quindi ex-combattenti del Uck macedone (NLA, in inglese); sia veterani della guerra del Kosovo, quini ex-combattenti dell’Uck kosovaro (KLA, in inglese). L’onore che gli è stato attribuito è quindi da riferirsi a quelle guerre e non ai fatti di Kumanovo.

Chi abbia assoldato questi uomini e a quali scopi, resta un mistero. La loro presenza a Kumanovo è stata motivata dal governo macedone come un tentativo di costruire una “grande Albania” attraverso l’uso delle armi. E, secondo le autorità di Skopje, anche gli attentati precedenti vanno in questa direzione. In Macedonia molti però non credono a questa versione e puntano il dito contro il governo, accusato di voler seminare il panico nel paese e dividere le comunità albanese e slavo-macedone, per la prima volta unite nelle proteste antigovernative.

Photographer HAZIR REKA / Reuters

Chi è Matteo Zola

Giornalista professionista e professore di lettere, classe 1981, è direttore responsabile del quotidiano online East Journal. Collabora con Osservatorio Balcani e Caucaso e ISPI. E' stato redattore a Narcomafie, mensile di mafia e crimine organizzato internazionale, e ha scritto per numerose riviste e giornali (EastWest, Nigrizia, Il Tascabile, Il Reportage). Ha realizzato reportage dai Balcani e dal Caucaso, occupandosi di estremismo islamico e conflitti etnici. E' autore e curatore di "Ucraina, alle radici della guerra" (Paesi edizioni, 2022) e di "Interno Pankisi, dietro la trincea del fondamentalismo islamico" (Infinito edizioni, 2022); "Congo, maschere per una guerra"; e di "Revolyutsiya - La crisi ucraina da Maidan alla guerra civile" (curatela) entrambi per Quintadicopertina editore (2015); "Il pellegrino e altre storie senza lieto fine" (Tangram, 2013).

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2 commenti

  1. Ma non sono terroristi… Ora capisco che questo sito e gestito da slavi…

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