SERBIA: Šešelj brucia una bandiera croata a Belgrado

Vojislav Šešelj, leader della destra ultranazionalista serba, in libertà temporanea e del quale il Tribunale penale internazionale dell’Aja (Tpi) ha ordinato il ritorno in carcere, ha bruciato oggi a Belgrado una bandiera della Croazia per protestare contro le ripetute prese di posizione a lui ostili da parte delle autorità di Zagabria. “Invio un messaggio allo stato ustascia croato”, ha detto Seselj dando fuoco alla bandiera croata davanti al tribunale nel quale si stava svolgendo il processo al suo vice, Nemanja Sarovic, accusato di istigazione all’odio razziale per aver bruciato anch’egli nel 2012 bandiere del Kosovo, degli Usa, della Ue e della Nato.

Šešelj è oggi una figura marginale del panorama politico serbo, ma il suo è un passato ingombrante. Un passato che si riverbera nel presente ogni qual volta il vecchio ultranazionalista cerca le luci della ribalta e che porta all’automatica associazione tra “serbi” e “nazionalismo”. Šešelj è stato infatti il fondatore del Partito radicale serbo, nato dall’unione del Movimento cetnico serbo e del Partito radicale popolare di Tomislav Nikolic, altra figura di spicco dell’ultranazionalismo serbo e oggi presidente della repubblica serba. Del Partito radicale serbo fece parte anche l’attuale primo ministro, Aleksandar Vučić.

Proprio verso i vecchi compagni e alleati, più che verso Zagabria, sembra diretto questo ennesimo atto dimostrativo. Nikolic e Vučić, che vestono oggi i panni dei democratici, sono impegnati nel portare il paese verso l’Unione Europea. Per questo la reazione del governo serbo è tutt’altro che conciliante e arriva per bocca del ministro del Lavoro e leader socialista Aleksandar Vulin: “Questa decisione ha lo scopo di destabilizzare la Serbia, è diretta contro Aleksander Vucic e vuole rovesciare il governo”.

Da quando è tornato in Serbia per curare un tumore, Šešelj ha subito ricominciato a cogliere ogni occasione utile per attaccare la Nato e istituzioni europee. Fino a convincere il tribunale dell’Aja ad annullare la libertà concessa, in particolare dopo la manifestazione del 24 marzo scorso (anniversario dell’inizio dei bombardamenti di Belgrado), durante la quale è stata anche bruciata una bandiera americana.

Il governo croato sembra intenzionato a ritirare l’ambasciatore e a Zagabria si parla già di crisi diplomatica. Se così fosse, Šešelj sarebbe riuscito a complicare la vita dei suoi ex-alleati, come desiderava.

Chi è Matteo Zola

Giornalista professionista e professore di lettere, classe 1981, è direttore responsabile del quotidiano online East Journal. Collabora con Osservatorio Balcani e Caucaso e ISPI. E' stato redattore a Narcomafie, mensile di mafia e crimine organizzato internazionale, e ha scritto per numerose riviste e giornali (EastWest, Nigrizia, Il Tascabile, Il Reportage). Ha realizzato reportage dai Balcani e dal Caucaso, occupandosi di estremismo islamico e conflitti etnici. E' autore e curatore di "Ucraina, alle radici della guerra" (Paesi edizioni, 2022) e di "Interno Pankisi, dietro la trincea del fondamentalismo islamico" (Infinito edizioni, 2022); "Congo, maschere per una guerra"; e di "Revolyutsiya - La crisi ucraina da Maidan alla guerra civile" (curatela) entrambi per Quintadicopertina editore (2015); "Il pellegrino e altre storie senza lieto fine" (Tangram, 2013).

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Un commento

  1. Ditemi che è un pesce d’aprile, vi prego!

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