SERBIA: I clerofascisti sulla strada per il parlamento

di Filip Stefanović

Un veloce restyling, un paio di slogan, ed eccoci al 10 febbraio, Press Center di Belgrado, per la conferenza stampa indetta dall’Assemblea serba delle Porte, quelle Srpske Dveri già da noi presentate quando parlavamo, giusto a gennaio, dei movimenti neofascisti in Serbia: l’annuncio del giorno è stato l’intenzione di presentarsi alle prossime elezioni parlamentari. Le Dveri non diventano partito, ma movimento politico che a detta di Vladan Glišić, giornalista della rivista Dveri Srpske e rappresentante per i media, “si interroga se in un momento di demolizione della società, dello stato e delle sue istituzioni, la politica come processo in cui si prendono decisioni importanti per le nostre vite sia un luogo che si possa lasciare in mano ai soli partiti”.

Ecco allora che le Dveri (sottotitolo: Movimento per la vita della Serbia) sono pronte a scendere finalmente in campo, “prima di tutto per cambiare la Serbia, abbattere il regime vigente, introdurre riforme più profonde che distruggano alla radice le matrici stesse che ne consentono la manifestazione”. Il nuovo contratto popolare: la Serbia prima di tutto! si baserà su “morale, onore e integrità”, e, più nel concreto, su una politica in linea con le idee da anni professate dai suoi vari rappresentati: rifiuto di entrare nella NATO (colpevole di aver attaccato due volte la Serbia, nel 1996 e nel 1999), forte euroscetticismo, ritorno ai valori famigliari (rurale, tradizionale, ortodossa, con una prole che compensi l’attuale invecchiamento della popolazione), priorità nella difesa dell’integrità territoriale (inutile citare il Kosovo, ma anche la Republika Srpska non ci fa schifo…) lotta alla pederastia, e – già che ci siamo – a qualsiasi manifestazione antiserba ed antipatriottica (che in parole povere significa contro chiunque non la pensi allo stesso modo). Il primo passo da compiere, ora, è rafforzare ed affermare il consenso attorno al movimento, certi che molti serbi si batteranno con forza e coraggio affinché il loro paese torni quanto prima ai rimpianti crepuscoli medievali.

L’occasione fa l’uomo ghiotto, ed ecco che il giorno dopo anche il Movimento serbo popolare “Nostri” 1389 (ancora, già da noi presentato) assicura che prenderà parte alle elezioni. Il manifesto pubblicato online è più esplicito di quello delle Srpske Dveri: sognano una Serbia “pronta a tutto”, con “un apparato militare mobile ed abile ad intervenire per la difesa della sovranità ed integrità territoriale serbe”. I valori propagati sono i soliti: “amore per la patria, forte famiglia, vita salutare, professionalità, solidarietà civile,  robusta moralità, spiritualità ed intelletto”. Salutata l’Unione Europea ci si potrà finalmente volgere alla costruzione, assieme alla Federazione Russa, alla Bielorussia ed al Kazakistan di un’Unione Euroasiatica, in cui Belgrado, da protagonista, diverrà uno dei centri nevralgici mondiali. Rescissa ogni collaborazione con la dittatura filoalbanese, filofascista e filoamericana dell’Unione Europea, potranno coraggiosamente rivolgersi alla riunificazione e liberazione di tutte le terre serbe. In ordine? La Repubblica di Serbia comprendente Vojvodina e Kosovo, Montenegro, Macedonia, Republika Sprska e Federazione di Bosnia ed Erzegovina, così come i territori croati della Repubblica Serba di Krajina e parte dell’Albania settentrionale: quel che è giusto, è giusto.  Le organizzazioni internazionali non avranno diritto d’accesso su territorio serbo, mentre i capitali stranieri saranno nazionalizzati e le banche straniere già presenti sul territorio, che dissanguano i cittadini serbi con tassi da strozzinaggio, verranno rispedite a casa. Il partneraggio strategico con Russia e Cina lascerà ben pochi spazi di manovra al solito imperialismo  occidentale, e se già vi viene da sorridere all’intero quadro, il MSP 1389 mette in chiaro che chiunque proverà ad intralciare il cammino della riscossa nazionale verrà “severamente sanzionato” (do you remember Srebrenica?).

È troppo presto per capire quanto queste aperte dichiarazioni di ingresso nell’arena politica serba influiranno sul reale indirizzo del paese, non bisogna però dimenticare che in un contesto sociale alquanto isolato certi messaggi di riscossa possano apparire più allettanti del previsto. In un’ottica a più largo raggio risulta comunque evidente che questo passo è la naturale conseguenza del costante ed ininterrotto radicamento di spinte fortemente nazionaliste che stanno mordendo sempre più fette della torta democratica serba, cercando di impossessarsi dell’intero vassoio. Soprattutto in un momento di crisi interna al partito di maggioranza (molti posti di punta sembrano oggia rischio, e non è chiaro chi e dove verrà sostituito), mentre l’opposizione di Toma Nikolić e del suo Partito progressista serbo alza la cresta e porta la gente in piazza per denunciare la corruzione, il clientelismo e l’immiserimento del paese. Tutte condizioni, evidentemente, di cui lui e la cricca radical-nazionalista dei passati vent’anni non si sentono particolarmente responsabili.

Chi è Filip Stefanović

Filip Stefanović (1988) è un analista economico italiano, attualmente lavora come consulente all'OCSE di Parigi. Nato a Belgrado si è formato presso l’Università commerciale Luigi Bocconi di Milano e la Berlin School of Economics, specializzandosi in economia internazionale. Ha lavorato al centro di ricerche economiche Nomisma di Bologna e come research analyst presso il centro per gli studi industriali CSIL di Milano. Per East Journal scrive di economia e politica dei Balcani occidentali.

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