Il novecento e la nascita delle dittature

Tra i fattori che condussero i totalitarismi al centro della scena politica e culturale europea dei primi decenni del Novecento troviamo il radicalismo anti-borghese degli intellettuali e il successivo ruolo dei reduci.

Gli intellettuali svolsero una quotidiana azione di delegittimazione delle istituzioni della società: Stato di diritto, democrazia parlamentare, economia di mercato, proprietà privata, individualismo, insomma “tutto il mondo moderno, soprattutto anglo-sassone, preso in blocco”, come scriveva Julius Evola, era il nemico da abbattere. Osserverà Hannah Arendt ne Le origini del totalitarismo: “La distruzione senza limiti, il caos e la rovina in quanto tali assumevano la dignità di valori supremi”.

La ripulsa degli intellettuali per la società borghese sarebbe rimasta una voce flebile e minoritaria se non fosse intervenuto un agente esterno a incubare il virus del radicalismo nell’uomo della strada: la Grande Guerra. Il massacro della Prima guerra mondiale partorì un “uomo nuovo”. Ha osservato Luciano Pellicani che dalle trincee emerse “una nuova genia di uomini: uomini spietati, colmi di aggressività e di risentimento, per i quali la vita […] aveva scarso valore e, per ciò, pronti a ricorrere alla violenza e predisposti a concepire la politica come la prosecuzione della guerra”.

La novità più sconvolgente del Ventesimo secolo è stata la traumatica irruzione sulla scena europea del bolscevismo e del nazionalsocialismo e l’emergere di nuovi modelli di regime politico di tipo autoritario. Sono esistiti molti tipi di regime autoritario, alcuni dei quali opposti tra loro. Tutti avevano però in comune una forte distanza sia dal modello democratico al quale si opponevano direttamente sia dai modelli autoritari precedenti, che ritenevano egualmente anacronistici (anche quando ne riprendevano in modo più o meno pomposo le vesti esterne). Erano regimi di massa, che miravano al coinvolgimento di tutta la popolazione. Erano regimi che si ispiravano a una visione moderna del mutamento sociale, inteso come possibilità di fare aderire, con la forza se necessario, le dinamiche sociali ad un piano di sviluppo razionale. Erano modelli che affermavano di perseguire politiche di sviluppo autonomo. L’esperienza delle trincee, e il dispiegamento tecnologico che al conflitto bellico si era accompagnato, erano elementi comuni del loro immaginario.

Queste vicende (le caratteristiche di novità di tali regimi, i motivi del loro successo in un primo periodo e, per fortuna per tutti noi, del loro successivo fallimento) verranno affrontate da Giuseppe Sciortino nell’incontro-dibattito “La nascita delle dittature”, che si terrà mercoledì 11 febbraio 2015, alle 17,30, a Trento, nella Sala degli affreschi della Biblioteca comunale (Via Roma 55).

Questo incontro è il settimo del ciclo “La seconda Guerra dei Trent’anni”, organizzato dal Centro Studi sulla Storia dell’Europa Orientale e dalla Fondazione Museo Storico del Trentino. L’iniziativa rientra nel programma ufficiale della Presidenza del Consiglio dei Ministri-Struttura di Missione per gli anniversari di interesse nazionale per la commemorazione del centenario della Prima Guerra Mondiale.

Chi è redazione

East Journal nasce il 15 marzo 2010, dal 2011 è testata registrata. La redazione è composta da giovani ricercatori e giornalisti, coadiuvati da reporter d'esperienza, storici e accademici. Gli articoli a firma di "redazione" sono pubblicati e curati dalla redazione, scritti a più mani o da collaboratori esterni (in tal caso il nome dell'autore è indicato nel corpo del testo), oppure da autori che hanno scelto l'anonimato.

Leggi anche

Dove si spengono gli imperi: gli ultimi ottomani di Agadez

Gli ultimi eredi del Sultano sono ancora sul trono - ad Agadez, a sud del Sahara

2 commenti

  1. Dell’ideologia bolscevica non faceva parte il rifiuto della democrazia, anzi si sosteneva un’idea nuova di democrazia, basata sui soviet. È una differenza fondamentale con l’ideologia fascista, che vedeva nell’egualitarismo (che sta alla base di qualsiasi forma di democrazia) un male da estirpare.
    Poi la democrazia dei Soviet è però sempre rimasta sulla carta, ma certo la guerra civile e l’aggressione occidentale non hanno certo aiutato. Con l’ascesa di Stalin poi qualsiasi speranza di un’inversione di tendenza è andata in frantumi.

  2. Laura Matelda Puppini

    Il comunismo tentò di rispondere, in Russia come in Cina, alle esigenze della popolazione divisa tra un ceto ricchissimo, in Russia a prevalenza aristocratica, e la massa della popolazione alla fame ed anche in condizione di schiavitù. La situazione in cui vivevano i “servi della gleba” russi era ben nota, per es a Lev Tolstoj, ma anche ad altri. Inoltre “Il sistema politico zarista divenne, all’inizio del ventesimo secolo, inadeguato per permettere alla Russia di compiere il processo di modernizzazione ed europeizzazione. In questo clima nacquero i primi partiti politici: alcuni riformisti (come “l’Unione d’ottobre” costituita da monarchici costituzionalisti ed i “Costituzionalisti democratici” o “Cadetti”) altri rivoluzionari (tra i quali ci furono i “socialisti rivoluzionari” ed il “partito operaio socialdemocratico russo”, di ispirazione marxista).” Infine nel 1903 nacque il partito bolscevico che acquistò vigore nel 1917, proponendo il semplice programma: “pace, terra ai contadini, officine agli operai, libertà ai popoli”. (Il bolscevismo – 1917.org http://www.1917.org/1917h.html). Pertanto istanze sociali e socialiste si unirono a quelle di creare una nazione più moderna, competitiva, industriale. Inoltre non si può negare che il nazismo trovò consensi a causa della situazione venutasi a creare per la Germania dopo la prima guerra mondiale, e non a caso, Hitler definì il suo partito nazionalsocialista, e il sogno della grande Germania giocò certamente un ruolo non di poco conto nel favorirne l’ascesa. Chi leggesse i 25 punti programmatici di Hitler, letti a Monaco il 24 febbraio 1920, vedrebbe quanto accattivante per i tedeschi, nel suo nazionalismo, fosse detto programma, che voleva una grande Germania, che chiedeva parità di diritto del popolo tedesco davanti alle altre nazioni ed in sintesi l’eliminazione dei debiti di guerra, erosissimi; puntava sull’ orgoglio nazionale e sull’esclusione dei non tedeschi, per sangue, dalla cittadinanza; proponeva una riforma fondiaria adatta ai bisogni nazionali cioè dei tedeschi, una adeguata riforma previdenziale e per la vecchiaia; la statalizzazione delle imprese associate. Invece il totalitarismo fascista fu di altra matrice, molto anticomunista, statalizzante, nazionalista, ma non mi pare che avesse alle spalle una grande ideologia, e si reggesse, piuttosto, su frasi fatte. Sarebbe poi interessante analizzare l’evoluzione del nazionalismo europeo fino al sostegno dello stesso a governi autoritari, sostanzialmente sempre in funzione anticomunista. Non abito a Trento ma in provincia di Udine, altrimenti verrei sicuramente ad ascoltare l’incontro proposto che mi pare davvero interessante. Laura Matelda Puppini

WP2Social Auto Publish Powered By : XYZScripts.com