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UNGHERIA: Workfare all'ungherese, un modello di successo?

Nel discorso tenuto presso il Centro per le Ricerche Economiche Brugel, a Bruxelles, in data 30 gennaio 2013, il primo ministro Viktor Orban ha parlato di come l’introduzione di politiche di “workfare state” abbiano contribuito ad una riorganizzazione radicale dell’economia e della società ungherese, convertendola in una “workfare society”. Citando Orban “Il risultato è impressionante: siamo tra i 5 Paesi membri dell’UE che sono stati in grado di ridurre il loro debito pubblico, il nostro deficit di bilancio è ora per il terzo anno consecutivo al di sotto del 3% e siamo molto vicini ad essere sollevati dalla procedura per deficit eccessivo nella quale rientriamo dal 2004.”

Si definisce workfare un insieme di politiche attive che hanno come scopo il reinserimento di tutta la fascia di popolazione inattiva nel mercato del lavoro, anche creando occupazione temporanea e di “basso livello”, legando il percepimento di ammortizzatori sociali allo svolgimento di un’attività lavorativa. E’ tendenzialmente l’opposto di quel welfare state che si è affermato in tutta l’Europa occidentale a partire dalla fine della seconda guerra mondiale, fatto principalmente di politiche passive quali sussidi di disoccupazione e reddito minimo garantito. Queste sono due forme di sostegno del reddito che un cittadino ha a disposizione nel caso in cui perda involontariamente il lavoro o non raggiunga una determinata soglia di reddito.

Il governo, insediatosi nel maggio del 2010, aveva come fra gli obiettivi principali la riforma del mercato del lavoro, sia per aumentare il tasso di partecipazione della popolazione, in quei mesi al 55% (fra i più bassi d’Europa), sia per diminuire il tasso di disoccupazione (11,4% a maggio 2010). Questo anche per evitare l’eccessivo incremento della spesa pubblica e del debito per dover finanziare gli ammortizzatori sociali dovuti per legge alla popolazione disoccupata. Nel 2011 avviene il cambiamento: viene ridotto il periodo di disoccupazione, portandolo a 90 giorni (il più breve d’Europa) e in più viene aumentata l’età del pensionamento a 65 anni, sia per gli uomini che per le donne. Quest’ultimo era comunque un processo già in atto anche prima dell’insediamento di Orban.

Il denaro risparmiato dallo Stato viene utilizzato per finanziare programmi di lavoro nazionale, per il reinserimento dei disoccupati nel mercato, anche quelli di lungo periodo. Coloro che rifiutano l’inserimento in questi programmi diventano non idonei per ricevere il sussidio di disoccupazione. L’idea alla base, appunto, era quella di creare migliaia di posti di lavoro pubblici che sopperissero alla carenza di offerta derivante dalle aziende private, che stavano inoltre attraversando un momento critico causa la pesante crisi economica mondiale.

Queste azioni hanno contribuito a raggiungere l’obiettivo prefissato: il tasso di disoccupazione è passato dall’11,4% di maggio 2010 al 7,9% di Maggio 2014; per quanto riguarda invece il tasso di partecipazione, sempre nello stesso periodo si registra un aumento di più di dieci punti percentuali, dal 55,3% al 65,9%. Tutto ciò, insieme all‘aumento dell’IVA al 27% e all’introduzione di una flat tax ha avuto un effetto positivo sull’intera economia ungherese, che ha conseguito i risultati decantati dal Primo Ministro lo scorso anno e che tuttora stanno migliorando.

Guardando alle cifre, l’obiettivo può dirsi raggiunto ed anche politicamente queste manovre hanno avuto il suo effetto positivo sui risultati elettorali dell’aprile scorso. Infatti se Viktor Orban è stato confermato Primo Ministro per la prossima legislatura è sicuramente frutto anche di questo tipo di politiche.

Il sistema messo in piedi da Orban è stato comunque oggetto di critica a livello internazionale, che lo ha definito come “poco ortodosso” e comunque capace di creare solo posti di lavoro manuali e di basso livello. Inoltre le offerte provenienti dal settore privato sono cresciute di poco rispetto a quando questi programmi sono stati avviati: di conseguenza la sfida alla disoccupazione in Ungheria sarà possibile solo fintanto che sarà possibile finanziarla con denaro pubblico.

Chi è Matteo Zola

Giornalista professionista e professore di lettere, classe 1981, è direttore responsabile del quotidiano online East Journal. Collabora con Osservatorio Balcani e Caucaso e ISPI. E' stato redattore a Narcomafie, mensile di mafia e crimine organizzato internazionale, e ha scritto per numerose riviste e giornali (EastWest, Nigrizia, Il Tascabile, Il Reportage). Ha realizzato reportage dai Balcani e dal Caucaso, occupandosi di estremismo islamico e conflitti etnici. E' autore e curatore di "Ucraina, alle radici della guerra" (Paesi edizioni, 2022) e di "Interno Pankisi, dietro la trincea del fondamentalismo islamico" (Infinito edizioni, 2022); "Congo, maschere per una guerra"; e di "Revolyutsiya - La crisi ucraina da Maidan alla guerra civile" (curatela) entrambi per Quintadicopertina editore (2015); "Il pellegrino e altre storie senza lieto fine" (Tangram, 2013).

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3 commenti

  1. l’avevo segnalato già mesi fa, lo ripeto. non so se è un problema mio o generale, ma le mail che inviate arrivano sempre in doppia copia.

    • Buongiorno.
      Ad altri nostri lettori non succede, se non di rado, quando effettivamente ci sono stati problemi nella pubblicazione.
      è possibile che si sia registrato due volte con lo stesso indirizzo mail?
      In calce alla mail trova l’opzione per annullare l’iscrizione alla newsletter, provi a farlo (solo da una delle due mail uguali che ha ricevuto).

      Saluti

  2. Con la flat tax regalato soldi ai ricchi, tolti ai poveri con l’aumento dell’IVA, poi ha ridotto la disoccupazione assumendo persone nel settore pubblico tagliando i sussidi di disoccupazione, cosa ci sarebbe di innovativo in tutto ciò?

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