L'avanguardia russa contro l'anima dell'Occidente

Я совсем не европеец. Эврика” [Io non sono per niente europea. Evrika]

Così diceva Natal’ya Goncharova nel 1911, celebrando la sua non-europeità e, implicitamente la sua russità. Il suo atteggiamento verso l’Occidente è ben noto. Il 12 febbraio del 1912, parlando del cubismo, nel dibattito organizzato al Museo Politecnico (esattamente 102 anni fa), prendeva posizione contro le influenze occidentali che, a suo avviso, danneggiavano lo spirito russo e in particolare la sua forza creativa. Sulla stessa linea, in Noi e l’Occidente (1913) denunciava l’appiattimento, il livellamento verso il basso come conseguenza diretta dell’influenza occidentale.

Goncharova non era l’unica a pensarla cosi. Nel marzo 1913, inaugurando a Mosca una loro esposizione, il gruppo Mishen’ (Bersaglio), organizzò un dibattito il cui titolo era un programma: “L’Oriente, l’identità nazionale e l’Occidente”. Presiedeva Mikhail Larionov (marito di Goncharova). Parlando del Futurismo, Il’ya Zdanevich sembrava avere preso in prestito le parole di Marinetti: “Glorifichiamo la lotta come l’unica giustificazione dell’arte e della vita. […] la guerra, igiene del mondo”. Gli altri interventi furono più moderati, ma la serata terminò ‘à l’italienne’: in scandalo. Ma, a dispetto di queste apparenti somiglianze, quella che si respirava era invece una forte avversione verso l’Occidente. Risaltava lo spirito orientale, l’asiatico dagli occhi a mandorla celebrato in un noto poema di Aleksandr Blok.

La legittimazione di una identità russa altra da quella occidentale accomuna varie correnti dell’avanguardia, a cominciare dai futuristi (i cubo-futuristi), che preferivano essere chiamati “Futuriani”. Tra le avanguardie russe, sono pochi coloro che rivendicano una continuità con correnti occidentali. Tra questi gli espressionisti; ma l’espressionismo non diventa in Russia qualcosa di rilevante. Ci sono poi tante altre correnti dell’avanguardia, che sono russe, anzi, russissime, o almeno cosi sembrano: il biocosmismo, ad esempio. Altre, come LEF e costruttivismo, nascono in Russia, ma alla fine arrivano anche in Occidente.

Andando oltre le apparenze e anche oltre le dichiarazioni programmatiche, si scoprono tante differenze, ma anche tanti legami. Si tratta, quindi, di una realtà più complessa che non può essere liquidata con delle semplici etichette. Che cosa arriva dall’Occidente? Come lo utilizzano i russi? E cosa ritorna dalla Russia? Ecco alcune domande da porsi per iniziare a comprendere lo spirito dell’avanguardia russa.

L’avanguardia non è solo un movimento artistico, ma molto di più; è l’anima del Novecento. Riflettere oggi sull’avanguardia aiuta a riflettere sull’anima del tempo a venire. Il ponte tra Occidente e Oriente sembra oggi, per certi versi, ancora più fragile di quanto fosse in quel lontano inizio del secolo, per non parlare dell’Ottocento, la cui seconda metà, fu l’epoca dello scontro fra slavofili e occidentalisti.

Questi temi sono al centro dell’incontro-dibattito L’avanguardia russa tra Occidente e Oriente, organizzato a Trento dal Centro Studi sulla Storia dell’Europa Orientale (mercoledì 12 febbraio, ore 17,30, Sala degli affreschi della Biblioteca comunale, Via Roma 55). Interviene Floarea Virban, autrice tra l’altro della monografia “The Guardians of Beauty“, Silvy, 2011. Il ciclo Gli spiriti della rivoluzione. La Russia e l’Europa proseguirà mercoledì 19 febbraio con l’intervento di Maurizio Scudiero (Futurismo italiano e futurismo russo).

Foto: Natalia Goncharova/wikimedia

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4 commenti

  1. alessandro michelucci

    Buongiorno,

    mi permetto di intervenire. Credo che l’autrice del testo confonda Europa e Occidente, che non sono la stessa cosa. L’Europa è una realtà storica e culturale, ´l’Occidente èuna pura astrazione che in pratica si risolve in un’acquiescenza più o meno consapevole alla politica statunitense. Si tratta di capire se ci sentiamo pi`vicini a Kiev, a Sofia, a Budapest, oppure a New York e Los Angeles. Ognuno è libero di scegliere come crede, ma non dovrebbe fare coincidere Europa e Occidente soltanto in virtù delle proprie preferenze. Grazie per l’attenzione.
    Alessandro Michelucci

    • Ciao Alessandro

      sono d’accordo con te se applichiamo queste categorie al mondo d’oggi, ma nel 1913 credi fosse già così? L’occidente, a inizio secolo scorso, credo fosse più Parigi che New York. E parlando d’arte e avanguardie, sopratutto. Un caro saluto

      Matteo

      • Floarea Virban

        Buongiorno Matteo,
        Solo per dire grazie e mandare un saluto,
        Floarea Virban

    • Floarea Virban

      Gentile Alessandro,

      la ringrazio per la sua critica, che leggo solo adesso. Mi permetto al mio turno di assicurarle che so cosa significano le parole Europa e Occidente…

      Il discorso però è molto più sofisticato e complesso: non solo c’è Occidente e Occidente, ma anche Oriente e Oriente… i concetti hanno infatti più anime e sensi, secondo il tempo, il contesto, il testo, etc. etc. Per non parlare del fatto che la Russia stessa ha il suo Occidente e il suo Oriente.

      Come diceva Matteo, che ringrazio, quando all’inizio del novecento parlavano di Occidente, gli artisti e gli intellettuali russi parlavano di Europa Occidentale, o meglio di uno spirito occidentale di matrice europea, cioè occidentale-europea.

      Mi permetto anche di dire che c’è Europa e Europa…
      Non solo l’Occidente voleva dire Europa, ma in più Europa voleva dire Europa dell’Ovest… Quindi in quel tempo, in quel contesto e nei testi a cui mi riferivo (nel mio breve riassunto che si proponeva solo di incuriosire) … la ‘confusione’ di cui parla lei era in qualche maniera legittima.

      Nella conferenza ho fatto del mio meglio per allargare il dibattito ad altri contenuti, invitando tutti a riflettere su che cosa vuol dire Europa… partendo dalla mitologia (c’è un bellissimo passaggio nel libro di Roberto Calasso, Le nozze di Cadmo e Armonia) per arrivare poi alla percezione dello spirito europeo all’inizio del novecento.

      La ringrazio comunque per il suo appunto… dandomi cosi l’opportunità di chiarire l’idea, anche se Matteo mi aveva preceduta.
      Un saluto da Firenze,
      Floarea Virban

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