(Public Policy) Si stima che dal 2008 il debito pubblico della Croazia sia quasi raddoppiato, raggiungendo il 53,7% del Pil nel 2012. Sempre secondo le stime, il disavanzo fiscale è calato, passando dal 5,7% del Pil nel 2011 al 3,8 nel 2012. “È necessaria – avverte la Bce – l’attuazione di una strategia di consolidamento fiscale chiara e sostenibile che comprenda riforme delle pensioni e del sistema sanitario nazionale”.
Il 1° luglio la Croazia è divenuto il 28esimo Stato membro dell’Unione europea. Dal punto di vista economico, l’ingresso della Croazia nell’Ue potrebbe contribuire positivamente allo sviluppo economico e alla ricchezza del Paese e dell’Unione nel suo complesso, grazie ad esempio alla creazione di nuove opportunità commerciali e di investimento.
In particolare, maggiori Investimenti diretti esteri (Ide) in entrata nel settore dei beni commerciabili rappresenterebbero un fattore chiave per l’espansione delle attività di investimento della Croazia e del settore delle esportazioni, permettendo una migliore integrazione all’interno della catena di produzione paneuropea.
Nel bollettino di luglio la Banca centrale europea dedica ampio spazio al nuovo membro Ue sottolineando che “per sfruttare appieno tali vantaggi potenziali, dovranno essere rispettate una serie di condizioni”. Se saprà attrarre capitali e investimenti che stimolino la crescita, migliorare la competitività, rafforzare l’assorbimento dei fondi Ue, “perseguire politiche macroeconomiche anticicliche e solide politiche micro- e macroprudenziali”, la Croazia sarà in grado di mettersi al passo con il resto dell’Unione.
Soprattutto, spiega la Bce, saranno necessarie ulteriori riforme strutturali, comprese quelle volte a migliorare l’efficienza del settore pubblico, aumentare il tasso di partecipazione della forza lavoro, accrescere la flessibilità del mercato del lavoro, migliorare il contesto istituzionale e imprenditoriale, e combattere l’economia informale. “È assolutamente fondamentale – avverte Francoforte – che tali riforme accelerino con l’ingresso nell’Ue”.
Le cifre
Il Pil della Croazia rappresenta soltanto lo 0,34% di quello Ue a 28 e, con 4,3 milioni di abitanti, la popolazione croata è lo 0,84% di quella Ue a 28. Nell’ultimo decennio, scrive la Bce, il prodotto della Croazia è aumentato meno di quello di altri Paesi della regione. Ciò vale sia per il periodo precedente sia per quello successivo alla crisi. Secondo le stime, nel 2013 l’economia croata registrerà una crescita negativa per il quinto anno consecutivo, sebbene l’intensità della contrazione economica si sia in una certa misura attenuata.
Dallo scoppio della crisi nel 2008, il Pil reale è diminuito complessivamente di circa 11 punti percentuali. Nel periodo 2004-2008, la crescita annuale del Pil reale è stata in media del 4,1%, alimentata in gran parte da un’espansione insostenibile della domanda interna, stimolata da un rapido accumulo di debito.
“Il passaggio – scrive la Bce – a un modello di crescita più sostenibile non è ancora avvenuto, nonostante qualche progresso nell’attuazione delle riforme”.
La struttura
La struttura economica della Croazia si caratterizza per l’alta quota del settore dei servizi, che rappresenta il 70%del valore aggiunto lordo. L’industria manifatturiera rappresenta circa il 15% dell’economia. Il peso relativo del settore agricolo, al 5%, è al di sopra della media europea (1,7%). Il settore più importante in Croazia è il turismo, con una quota di Pil pari a circa il 20%.
Le banche
Il sistema finanziario della Croazia è incentrato sulle banche. Il settore bancario è dominato da banche straniere, per lo più provenienti dagli altri Stati membri, che detengono più del 90% del totale degli attivi.
La forte crescita del credito, principalmente di prestiti denominati o indicizzati a valuta estera, è stata una caratteristica fondamentale degli sviluppi del sistema bancario negli anni precedenti la crisi globale. La successiva recessione e il processo di riduzione della leva finanziaria nei bilanci hanno portato a un pronunciato calo del credito.
“Tuttavia – conclude la Bce – nonostante i forti aggiustamenti in termini di flusso, il rapporto tra il credito del settore privato e il Pil è rimasto vicino all‘81% nel 2012. In questo contesto, la crescita dei prestiti in sofferenza (14% del totale dei prestiti alla fine del 2012) costituisce la principale preoccupazione in materia di stabilità finanziaria”.
Ha ha, l’hanno fatta grossa i croati a entrare nell’UE, adesso cominciano a rendersene conto. Se il mondo vuole salvarsi deve tornare alle identità nazionali e liberarsi di questi castelli di carte ideologici. Liquidare la globalizzazione, prima che lei liquidi noi.