MONTENEGRO: Al via il processo a Ciccio Prudentino, il re delle "bionde" nell'Adriatico

di Matteo Zola

Il Montenegro resta al centro delle cronache giudiziarie confermandosi meta privilegiata per trafficanti di droga e armi, e per membri della Sacra Corona Unita in cerca di facili guadagni. La politica, a Podgorica, non disdegna di fare affari con il crimine organizzato. E il processo a Francesco Prudentino, detto “la tasca”, al via ieri a Bari, lo conferma. Tale processo è il risultato di un lungo iter d’indagini avviato nel 2002, quando gli investigatori riuscirono a ricostruire una fitta rete di relazioni tra esponenti della malavita pugliese e politici montenegrini di primo livello. L’indagine venne nominata “Montenegro connection” e arrivò a coinvolgere anche il premier di Crna Gora, Milo Djukanovic.

Prudentino si trova imputato per reati commessi a metà degli anni Novanta, quando era il re del traffico di bionde nell’Adriatico. Tre sono i capi dì accusa: associazione mafiosa e contrabbando di sigarette, e per essere stato il mandante dell’omicidio di Vladimir Jelenic, giovane capo clan montenegrino, che gli avrebbe imposto un “pedaggio” di 200 milioni di vecchie lire. Un pizzo sul traffico di bionde, insomma, che Prudentino praticava tra la Puglia e il Montenegro. La “tassa” non sarebbe però andata giù al boss pugliese che avrebbe così incaricato Giuseppe Stano –poi pentito, che in effetti si è autoaccusato del delitto, indicando proprio in Prudentino il mandante– di uccidere Jelenic. Dalle confessioni di Stano, infatti, parte tutta l’indagine condotta dal pm antimafia Giuseppe Scelsi e dalla Direzione investigativa antimafia di Bari.

Il business del contrabbando di tabacchi lavorati esteri è stato, per tutti gli anni Novanta, la gallina dalle uova d’oro della Sacra Corona Unita di cui Prudentino era uno dei suoi esponenti di spicco. Tra il 1996 e il 2000 sarebbero state importate illegalmente nella piccola repubblica balcanica 250 tonnellate di bionde al mese. Queste sarebbero entrate illegalmente nell’Unione Europea, attraverso la Puglia, proprio grazie alla flotta di scafi di Prudentino. I proventi, miliardi di vecchie lire secondo la Direzione distrettuale antimafia, sarebbero stati riciclati in Svizzera e in paradisi fiscali. L’obiettivo era gestire e controllare con metodi mafiosi «esportati» in Montenegro i traffici illeciti di armi e sigarette per poi rifinanziare il circuito criminale. Si arriva così alla terza accusa nei confronti dell’ex boss: associazione a delinquere di stampo mafioso. Secondo gli investigatori, Prudentino avrebbe ottenuto l’appoggio di politici e amministratori del Montenegro, fino alla connivenza di alcuni esponenti forze dell’ordine. Con il supporto di brokers internazionali il clan avrebbe poi lucrato sul business delle bionde.

I fatti per cui Prudentino si trova alla sbarra sono vecchi di quindici anni ma sempre attuali: il premier montenegrino Milo Djukanovic resta impunito, nei suoi confronti non è stato infatti possibile procedere a causa dell’immunità che lo protegge. In questi anni Djukanovic ha ampliato la sua rete di potere, avvalendosi anche del “supporto” della mafia serba mentre i traffici con la Puglia continuano.

La posizione di Ciccio “la tasca”, ormai sessantaduenne, difeso dall’avvocato Lolita Buonfiglio Tanzarella, è semplice: innocente su tutta la linea. Prudentino, secondo la difesa, non sarebbe stato in grado di esercitare alcun potere al di là dell’Adriatico, figurarsi se avrebbe potuto mettere in piedi un cartello politico-mafioso di quelle proporzioni. L’omicidio di Jelenic, poi, l’avrebbe compiuto Giuseppe Stano senza ricevere da lui alcun ordine. Il traffico di sigarette, infine, era solo piccolo cabotaggio.

La scorsa settimana sono state emesse le richieste di condanna anche per gli altri imputati della “ditta” Prudentino: sei anni per Sandro Cuomo, quattro per Giuseppa Pignatelli, sei per Antonio Prudentino, nove per Costantino Sarno, ventuno per Benedetto Stano, sei anni e sei mesi per Aldo Tacchini, nove per Eros Vanini. Ieri, 21 ottobre, le arringhe dei difensori che si concluderanno mercoledì prossimo. Subito dopo le repliche, la Corte (presieduta da Vito Savino, giudice a latere Eustacchio Cafaro) si ritirerà in camera di consiglio.

 

Chi è Matteo Zola

Giornalista professionista e professore di lettere, classe 1981, è direttore responsabile del quotidiano online East Journal. Collabora con Osservatorio Balcani e Caucaso e ISPI. E' stato redattore a Narcomafie, mensile di mafia e crimine organizzato internazionale, e ha scritto per numerose riviste e giornali (EastWest, Nigrizia, Il Tascabile, Il Reportage). Ha realizzato reportage dai Balcani e dal Caucaso, occupandosi di estremismo islamico e conflitti etnici. E' autore e curatore di "Ucraina, alle radici della guerra" (Paesi edizioni, 2022) e di "Interno Pankisi, dietro la trincea del fondamentalismo islamico" (Infinito edizioni, 2022); "Congo, maschere per una guerra"; e di "Revolyutsiya - La crisi ucraina da Maidan alla guerra civile" (curatela) entrambi per Quintadicopertina editore (2015); "Il pellegrino e altre storie senza lieto fine" (Tangram, 2013).

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2 commenti

  1. incredibile, quanto poco si sappia di ciò che succede sull’altro lato dell’Europa.

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