La letteratura islamica, dalla poesia nomade alle Mille e una notte

Introduzione: la poesia pre-islamica

Nell’Arabia felix del VI secolo la poesia era come il popolo: nomade. Andava in giro passando di bocca in bocca, i ruwaf (cantori) la tramandavano oralmente da secoli. Narravano di un’epoca tribale, di amori vaganti tra le sabbie, di ardimenti e di caccia. Lo stile era molto rigido, almeno per come è stato poi codificato due secoli dopo: la cultura islamica infatti recupera la tradizione orale, integrandola. Si trattava di un componimento politematico che poteva raggiungere anche i cento versi. Le Mu’allaqat sono la più famosa raccolta di questa antica forma poetica, detta qasida.

La qasida è praticata ancora all’epoca del profeta Muhammad ed è sopravvissuta, pur mutando nei contenuti e nella forma, fino all’epoca moderna.

Durante il califfato omayyade i poeti perdono la loro funzione di portavoce della tribù per divenire “cortigiani“. Escono quindi dal popolo, di cui erano l’espressione, e diventano espressione dei valori della classe sociale dominante. Il mutamento di funzione coincide con un mutamento tematico della qasida, mutamento che si accentuerà ancor più nei secoli seguenti con l’avvento della dinastia degli Abbasidi che, rispetto agli Omayyadi, non sono più di origine araba ma persiana. Nel periodo abbaside l’islam si arricchisce dell’antica letteratura persiana che influenza decisivamente la produzione artistica e poetica dei secoli successivi. La qasida diviene la forma poetica dell’ufficialità per cui il tema amoroso e quello del viaggio, divenuti oramai anacronistici e quindi convenzionali, tendono a occupare sempre meno versi o addirittura a sparire mentre il panegirico diventa il tema fondamentale di ogni qasida.

La nascita dell’Islam: il Corano

Quando l’arcangelo Gabriele recita al profeta Muhammad la parola di Allah, nasce la letteratura islamica. Anche se in principio il Corano fu trasmesso solo oralmente, in linea con la tradizione tribale precedente. Solo vent’anni dopo la morte di Muhammad fu codificato in un testo scritto composto sa 114 sure, ciò avvenne per volere del califfo Othman che regnò dal 644 al 656. Othman fu il terzo dei califfi rashidun “ben guidati”, segnò l’espansione dell’Islam verso l’Atlantico dove incontrò la resistenza berbera. Morì assassinato da ribelli guidati dalla terza moglie di Muhammad, ʿĀʾiša. Durante il suo califfato (Khalīfat rasūl Allāh ovvero Vicario o successore del Profeta di Allah) si raccolsero anche i pensieri e la vita del profeta, gli hadith. essi sono la base della letteratura arabo-musulmana. Intanto si diffondono nuovi temi poetici, mentre la qadisabeduina lentamente muta, nasce la poesia erotica spesso legata al tema del vino. Il vino resterà uno dei topoi della poesia islamica, assumendo via via diversi significati. Omar ibn Abi Rabia è l’esponente principale del filone erotico.

Ses beautés m’ont ravi le cœur : pureté
de son cou de gazelle, ou s’enroule une rangée de perles.
Finesse d’une taille sous laquelle s’épanouissent des rondeurs
bien pleines, dessinant les courbes des collines.
Eclat du visage, vrai soleil parmi les nuages,
disparaissant, majestueux, quand descend le soir.
Dents espacées d’une bouche aux gencives rouge sombre, douce
dont le goût ne rappelle aucune saveur connue.
Toute tendre, sœur de l’onagre, n’offrant à qui
voulait reprendre quelque chose, aucun défaut.
Tel est ce qui d’elle m’est apparu ;
de ce qui resta caché je ne saurais rien dire.

poesia di Omar ibn Abi Rabia (644-744) da Encyclopédie de l’Amour en Islam, Malek Chebel, p.539

Il periodo abbaside: la grande letteratura islamica

La dinastia abbadise prende il nome da al-Abbas ibn Abd al-Muttalib, zio paterno del profeta e trisavolo del fondatore della dinastia. Dal momento che i primi califfi -vicari del profeta- erano stati i quattro califfi “ben guidati” (rāshidūn) che guidarono l’Islam dal 632 al 661, e che tra il 661 e il 750 furono gli Omayyadi la dinastia regnante, agendo dalla sua capitale di Damasco, gli Abbasidi furono pertanto la terza dinastia a reggere il mondo islamico. Fondarono Baghdad e la elessero a capitale. Regnarono dal VIII al XIII secolo, fu il periodo di massima espansione politica e culturale dell’Islam.

Sul versante poetico, la qasida prosegue il suo mutamento impreziosendosi anche grazie all’opera di al-Mutanabbi che la libera dal manierismo e dalla rigidità schematica per farne un veicolo di libera espressione sentimentale oltre che cortigiana. Intanto raggiunge il suo apice la poesia erotica con il diwan (canzoniere) di Abu Nawas (756-810). L’opera di Abu Nuwas (letteralmentequello dal ciuffo fu il maggiore artefice., soprannome scelto dallo stesso poeta, che in realtà si chiamava al-Hasan ibn Hāni’) si colloca nel quadro del vasto movimento di rinnovamento della poesia araba di cui lui I temi principali della sua vasta opera sono quelli erotici e bacchici, trattati ora con delicata e persino malinconica sensibilità, ora con crudo realismo, ora con tagliente ironia, anche se non mancano qasida alla vecchia maniera e addirittura, a fine raccolta, poesie ascetiche. In questa poesia trovano spazio anche espressioni angosciose e sentenze sulla vita, come quelle di Abul Ala al-Marri.

Intanto gli Omayyadi scacciati dal potere, hanno fondato in Spagna un loro califfato (paradossalmente ci si trovò di fronte a due Califfi, e fu la prima rottura dell’unità –umma dell’Islam). Qui Muqaddam al-Qabri inventò nuove forme strofiche. Fu una rivoluzione per la poesia islamica e il personaggio di al-Qabri ha un’alone mitico: cieco fin dalla nascita la sua opera influenzò notevolmente la cultura romanza dentro e fuori dall’Andalusia. Al-Qabri inventò le nuove strofi delle muwashshdat (cinta o cintura) utilizzando il verso volgare andaluso. Il verso andaluso sarà poi perfezionato da Ibn Quzam nella forma metrica in dialetto andaluso lo zagial, che esprimerà una poesia popolare vicina alla sentimentalità della gente comune.

In quest’epoca fiorì anche la filosofia, producendo uomini come Ibn Sina, noto nel mondo latino come Avicenna. Fu un filosofo e medico ma non solo, si dedicò alla chimica descrivendo il processo di distillazione a vapore. Alla fisica nella quale fu il primo ad impiegare un termometro per misurare la temperatura dell’aria e teorizzò inoltre una teoria sull’inerzia che lo prefigura come antecedente di Newton. In metafisica teorizzò la necessità del male. Infine fu un precursore della psicologia, infatti descrisse per primo numerosi condizioni quali allucinazione, incubi, insonnia, mania, epilessia, melanconia, demenza, paralisi, vertigine.

Il califfato abbaside vide il fiorire delle scienze, si diffuse allora una letteratura trattatistica che non perde il gusto della narrazione. E’ il caso dei racconti di viaggio di Ash-Shabusti, etnologo ante-litteram. E del grande geografo andaluso al-Idrissi, nato a Ceuta intorno al 1100 e presto trasferitosi in Sicilia alla corte del re normanno Ruggero II per il quale redige il cosiddetto Libro di Ruggero (Kitâb Nuzhat al Mushtâq ou Kitâb Rudjâr). Accanto alla geografia, al-Idrissi si dedicò alla botanica, alla zoologia e alla medicina. Le sue opere furono tradotte in latino presso la fiorente scuola di Toledo che, intorno al XII secolo, sotto l’impulso di Alfonso X, tradusse gran parte del patrimonio culturale arabo segnando la fine del Medioevo culturale europeo. Le opere tradotte fecero il giro del continente al quale fecero conoscere classici della filosofia greca che l’Occidente aveva perduto.

 La decadenza

L’arrivo delle popolazioni dalle piane mongoliche, che invasero Baghdad nel XIII secolo, unitamente alla reconquista cristiana della Spagna, segnarono una fase di decadimento della potenza islamica. Alla flessione politica si legò quella culturale: una progressiva sclerosi nell’interpretazione del Corano, l’avvento di dinastie locali di recente islamizzazione e per questo portatrici di un Islam più radicale (almoravidi in Nord Africa, turchi nella Persia e nell’Anatolia, curdi ayubbidi -tra cui Salah al-Dīn al-Ayyūbi, il celebre Saladino- in Egitto) segnarono un arresto culturale. Tuttavia proprio in questo periodo opera il geografo tangerino Ibn Battuta e il grande filosofo al-Ghazali. Al-Ghazali sviluppò certi aspetti dello scetticismo filosofico che non sarebbe entrato nella filosofia occidentale fino a Cartesio ma si pose in polemica con gli aristotelici come al-Farabi e al-Kindi.

Le sue teorie verranno riprese da Abu l-Walid Muhammad ibn Ahmad Muhammad ibn Rushd noto nel mondo latino come Averroè. Egli produsse la teoria della doppia verità: la verità può essere raggiunta sia per via teologia che speculativa ma esse non si negano a vicenda. Vale a dire, la verità scientifica e quella di fede possono convivere, anche nello stesso individuo, poiché una risponde a necessità dello spirito mentre l’altra a quelle della ragione. Un pensiero che anticipa l’Illuminismo di otto secoli. 

A questo periodo risale anche la prima stesura delle Mille e una notte. Quest’ultima opera si pone come un sigillo di ciò che l’Islam è stato nei secoli precedenti, una grande narrazione che è anche testimonianza di conquiste culturali, tecnologiche, geografiche.

Chi è Matteo Zola

Giornalista professionista e professore di lettere, classe 1981, è direttore responsabile del quotidiano online East Journal. Collabora con Osservatorio Balcani e Caucaso e ISPI. E' stato redattore a Narcomafie, mensile di mafia e crimine organizzato internazionale, e ha scritto per numerose riviste e giornali (EastWest, Nigrizia, Il Tascabile, Il Reportage). Ha realizzato reportage dai Balcani e dal Caucaso, occupandosi di estremismo islamico e conflitti etnici. E' autore e curatore di "Ucraina, alle radici della guerra" (Paesi edizioni, 2022) e di "Interno Pankisi, dietro la trincea del fondamentalismo islamico" (Infinito edizioni, 2022); "Congo, maschere per una guerra"; e di "Revolyutsiya - La crisi ucraina da Maidan alla guerra civile" (curatela) entrambi per Quintadicopertina editore (2015); "Il pellegrino e altre storie senza lieto fine" (Tangram, 2013).

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2 commenti

  1. Vorrei precisare che gli Abbasidi erano assolutamente di origine araba; la loro pretesa di legittimità e presa di potere in effetti si basava in buona misura su una stretta prossimità di parentela alla famiglia del Profeta.
    La loro presa di potere è sì sostenuta almeno in qualche misura (la faccenda è dibattuta) da elementi “persiani” (in particolare khorasanici, cioè del nord-est dell’altopiano iranico) ed è certamente seguita da un apporto significativo di influenze culturali persiane nel centro imperiale e nell’impero islamico in genere, ma questo non li rende meno arabi (né meno consapevolmente tali) il cui rappresentante più significativo in questa fase iniziale è, direi, Ibn al-Muqaffa’, uno dei fondatori della prosa d’arte in arabo e importante traduttore in arabo dal persiano preislamico.
    Resto a disposizione per approfondimenti sull’argomento, nei limiti delle mie conoscenze.

  2. Mi scuso per il mostruoso anacoluto nel mio precedente commento. Naturalmente intendevo dire: “La loro presa di potere è sì sostenuta almeno in qualche misura (la faccenda è dibattuta) da elementi “persiani” (in particolare khorasanici, cioè del nord-est dell’altopiano iranico) ed è certamente seguita da un apporto significativo di influenze culturali persiane nel centro imperiale e nell’impero islamico in genere, il cui rappresentante più significativo in questa fase iniziale è, direi, Ibn al-Muqaffa’, uno dei fondatori della prosa d’arte in arabo e importante traduttore in arabo dal persiano preislamico, ma questo non li rende meno arabi (né meno consapevolmente tali).”

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