SERBIA: Dietro il potere di Belgrado trame di palazzo e crimine organizzato

In Serbia i rapporti tra politica e clan malavitosi sono di vecchia data, non sorprendono dunque le accuse rivolte all’attuale premier Ivica Dačić di essere uomo pericolosamente vicino alla mafia serba. Dačić, che è al contempo premier e ministro degli Interni, è fin qui riuscito a dribblare lo scandalo restando (non troppo saldamente) alla guida del Paese benché lui stesso abbia riconosciuto pubblicamente di aver frequentato Rodoljub Radulović, sopranominato Miša Banana, collaboratore di Darko Sarić, famigerato boss del narcotraffico balcanico.

Se Dačić resta sulla poltrona di primo ministro, però, non è tutto merito suo. Anzi, quella poltrona rischia di diventare una sedia inquisitoria, strumento di tortura e sacrificio sull’altare di ben altri interessi. Interessi che fanno capo a Aleksandar Vučić, attuale vicepremier e ministro della Difesa, che si è guadagnato la fama di “giustiziere” della mafia, fiero oppositore del crimine organizzato e persecutore di corruttori. Aleksandar Vučić è leader del SNS, il partito progressista serbo che sostiene in coalizione il governo di Dačić.

Come riportato da Dragan Janjic, le indagini su corruzione e criminalità sono sotto il controllo di Vučić che, nella qualità di ministro della Difesa, è anche coordinatore dei Servizi di sicurezza serbi (i servizi segreti di Belgrado) e ciò lo rende l’uomo più temuto e potente del Paese. Quindi anche le indagini sulle relazioni tra crimine organizzato e primo ministro sono sotto il suo potere. Un potere che Vučić saprà utilizzare a tempo debito. Attualmente a Vučić non interessa staccare la spina al governo, né l’opposizione è in grado di sfiduciarlo, debole e divisa com’è. E così si arriverà a quest’autunno con elezioni anticipate. Per allora le prove della corruzione di Dačić, finora lambito da indagini riguardanti malversazioni finanziarie nelle imprese pubbliche serbe, ordite e gestite proprio dalla dirigenza del partito di Dačić. Che il primo ministro ne fosse all’oscuro? Per quest’autunno le indagini saranno concluse e c’è da attendersi qualche scandalo.

E se i rapporti tra Dačić e Miša Banana nascondono, come è lecito immaginare, ben altre relazioni con il sottobosco criminale serbo, il piatto sarà servito: già si vocifera di relazioni pericolose con tale Ivica Tonče, consigliere del permier in tema di sicurezza e portavoce dei clan belgradesi. Occorre però attendere e tenere in vita l’esecutivo attualmente al timone perché delicati passaggi istituzionali attendono la Serbia nelle settimane a venire. Una su tutte, in giugno, quando l’Unione Europea dovrebbe esprimersi sulla data di avvio dei negoziati con la Serbia. Il condizionale è d’obbligo poiché molto dipende dalla qualità e quantità dei progressi dei colloqui con il Kosovo. Già Belgrado ha preso a interloquire a livello istituzionale con quella che, fino a poche settimane fa, era ancora considerata una provincia separatista. La normalizzazione dei rapporti con il Kosovo è conditio sine qua non posta da Bruxelles per l’adesione e, malgrado l’impopolarità di una simile scelta, essa sembra necessaria oggi a un governo impossibilitato a portare il Paese fuori da una crisi economica più grande di lui.

E se sarà Dačić a metterci la faccia con il Kosovo, catalizzando l’impopolarità, sarà tanto più facile per Vučić e il suo partito raggiungere il successo elettorale, ottenuto piegando la giustizia e la lotta al crimine a interessi e prassi forse non meno criminali.

Foto di KamrenB Photography

 

Chi è Matteo Zola

Giornalista professionista e professore di lettere, classe 1981, è direttore responsabile del quotidiano online East Journal. Collabora con Osservatorio Balcani e Caucaso e ISPI. E' stato redattore a Narcomafie, mensile di mafia e crimine organizzato internazionale, e ha scritto per numerose riviste e giornali (EastWest, Nigrizia, Il Tascabile, Il Reportage). Ha realizzato reportage dai Balcani e dal Caucaso, occupandosi di estremismo islamico e conflitti etnici. E' autore e curatore di "Ucraina, alle radici della guerra" (Paesi edizioni, 2022) e di "Interno Pankisi, dietro la trincea del fondamentalismo islamico" (Infinito edizioni, 2022); "Congo, maschere per una guerra"; e di "Revolyutsiya - La crisi ucraina da Maidan alla guerra civile" (curatela) entrambi per Quintadicopertina editore (2015); "Il pellegrino e altre storie senza lieto fine" (Tangram, 2013).

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