Luigi Kossuth, a Torino un monumento dell’eroe ungherese

Capita spesso di non farci caso, indaffarati come si è nel tran-tran quotidiano. E poi quelli son sempre lì, non è che scappano. Fermi in pose guerresche o autoritarie, immoti sforzi equestri, i monumenti sono l’arredo urbano più diffuso e ignorato. Ma chi saranno mai questi faccioni bronzei baffuti, eroi di guerre lontane o uomini politici che nessuno più ricorda? Dietro quelle memorie dimenticate fissate nella pietra si celano spesso vicende originali, che legano la nostra storia a quella d’altri Paesi, e che nella nostra nuova comune Europa fatta di progetti Erasmus e voli low cost, assumono nuovi significati. E’ il caso di Luigi Kossuth.

Chi era costui?

Potete trovare il suo busto sotto un acero dell’aiuola Balbo. Se ne sta lì, all’ombra, a guardarsi le fontane e ogni 20 agosto – giorno della festa nazionale  – quello che resta della comunità ungherese a Torino gli porta coccarde tutte nuove coi colori dell’Ungheria. E’ un eroe nazionale, una sorta di Garibaldi magiaro, ma che diamine ci sta a fare a Torino?

Luigi (Lajos per gli ungheresi) Kossuth è un eroe del Risorgimento ungherese. Nasce a Monok, piccola località della puzta, ne 1802. Di formazione calvinista, membro della piccola nobiltà, si fece strada nella politica del periodo austro-ungarico, diventando leader dei democratici liberali ungheresi.. Nazionalista, chiedeva la libertà per il suo Paese. Questo gli costò il carcere ma gli valse una fama senza pari al punto da farlo diventare, ancora in vita, simbolo della volontà d’indipendenza ungherese. Alla sua attività politica accompagnò quella di giornalista e agitatore. Il vortice della Storia lo prese in mezzo nel 1848.

Da Budapest a Torino

Il 22 marzo di quell’anno, da un finestrone di Piazza Castello a Torino, Carlo Alberto Re di Sardegna dichiarò guerra all’impero asburgico. Contemporaneamente a Budapest ebbe luogo la Rivoluzione che portò all’indipendenza dell’Ungheria e Kossuth ne fu il leader più intransigente. Tanto che quando le cose volsero al peggio e i russi – alleati di Vienna – invasero il Paese portandosi dietro una scia di impiccagioni, Kossuth per scampare alla forca s’imbarcò per Londra, poi per gli Stati Uniti e infine giunse a Torino.

Qui divenne amico di Giuseppe Mazzini, che come lui visse il carcere dell’ancien régime. In Italia però quella “primavera dei popoli” che attraversò l’Europa attecchì nella nascita dello stato unitario ispirato proprio dallo statuto che Carlo Alberto emanò tredici anni prima. L’Ungheria avrebbe conosciuto l’indipendenza solo con la fine della Prima Guerra Mondiale. Kossuth rimase nella capitale sabauda dove vide parte dei suoi ideali liberali realizzati, seppur in un Paese diverso dal suo.

Stessi ideali

Ora che il 2011 è dietro l’angolo, e con esso il Centocinquantenario dell’Unità d’Italia, ricordare l’avventura di Luigi Kossuth è ricordare gli ideali che attraversarono l’Europa di metà Ottocento. Ideali repubblicani, liberali, democratici. Gli stessi su cui oggi si fondano il nostro Paese e l’Unione Europea. Gli stessi che animarono la lotta di una generazione, in Italia come in Ungheria, a Torino come a Budapest. A volte le statue celano di questi intrecci, utili forse alle nuove generazioni di cittadini per comprendere la comune storia europea che tutti ci lega ed unisce.

Chi è Matteo Zola

Giornalista professionista e professore di lettere, classe 1981, è direttore responsabile del quotidiano online East Journal. Collabora con Osservatorio Balcani e Caucaso e ISPI. E' stato redattore a Narcomafie, mensile di mafia e crimine organizzato internazionale, e ha scritto per numerose riviste e giornali (EastWest, Nigrizia, Il Tascabile, Il Reportage). Ha realizzato reportage dai Balcani e dal Caucaso, occupandosi di estremismo islamico e conflitti etnici. E' autore e curatore di "Ucraina, alle radici della guerra" (Paesi edizioni, 2022) e di "Interno Pankisi, dietro la trincea del fondamentalismo islamico" (Infinito edizioni, 2022); "Congo, maschere per una guerra"; e di "Revolyutsiya - La crisi ucraina da Maidan alla guerra civile" (curatela) entrambi per Quintadicopertina editore (2015); "Il pellegrino e altre storie senza lieto fine" (Tangram, 2013).

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Un commento

  1. L’Ungheria avrebbe conosciuto l’indipendenza solo con la fine della Prima Guerra Mondiale

    Non penso che la fien della Prima Guerra Mondiale è riccordata cosi dai ungheresi, se pensiamo al Trianon

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