di Matteo Zola

La situazione nei Balcani è tra le più complesse. In Serbia l’estrema destra sembra trarre origine dal nazionalismo di Milosevic, eppure non si lega con il partito Socialista che dell’era Milosevic è il diretto erede. Lo stesso vale per la Croazia dove Franjo Tudjman radicalizzò l’odio contro serbi e musulmani. Un odio che avrebbe portato alle guerre jugoslave degli anni Novanta. Eppure questi due Paesi sono anche luogo della rinascita balcanica: l’elezione di Josipovic in Croazia e di Tadic in Serbia sono segnali di apertura verso quei modelli democratici europei dove l’elemento nazionalista è marginale. Recentemente Tadic ha fatto approvare dal Parlamento serbo un documento nel quale si ratifica la responsabità serba nel massacro di Srebrenica. Si parla però di “massacro” e non di “genocidio”, termine -quest’ultimo- che Belgrado non accetta. Allo stesso modo Josipovic ha reso omaggio alle vittime della milizia nazionalista croata in Bosnia Erzegovina.
Croazia: con Josipovic per uscire dall’oscurantismo
Il presidente croato Ivo Josipovic, in visita ufficiale in Bosnia, ha reso omaggio alle vittime, croate e musulmane, del conflitto del 1993-94 tra l’Hvo (esercito croato-bosniaco) e le forze del governo di Sarajevo, visitando i villaggi di Ahmici e Krizancevo selo in Bosnia centrale. Josipovic era accompagnato dal cardinale arcivescovo di Sarajevo, Vinko Puljic e dal capo della comunità islamica bosniaca Mustafa Ceric. ”E’ un grande incoraggiamento per me – ha detto Josipovic citato dall’agenzia Fena – che oggi siano qui con me i leader religiosi ed importanti politici di tutte e due le etnie; indipendentemente dall’appartenenza partitica, ci siamo riuniti qui per rendere omaggio alle vittime e per dire mai più”. Ad Ahmici, il 16 aprile 1993, i miliziani dell’Hvo uccisero 116 civili musulmani sul totale di 356 residenti, di cui 33 donne e bambini. Per questo crimine di guerra il Tribunale penale internazionale dell’Aja (Tpi) ha condannato tre croato-bosniaci a pene da 6 a 25 anni di reclusione, mentre un quarto ufficiale dell’Hvo e’ stato condannato a 10 anni dal Tribunale di Sarajevo. A Krizancevo selo, distante una ventina di chilometri da Ahmici, le forze musulmane, il 28 dicembre del 1993, uccisero 15 civili croati, ma questo caso non è stato ancora affrontato in un processo né dalla giustizia internazionale né da quella locale. Josipovic –parlando in parlamento – ha criticato le politiche degli anni ’90 che volevano la spartizione della Bosnia affermando di essere ”profondamente dispiaciuto che l’allora politica della Croazia abbia contribuito alle sofferenze delle persone e alle divisioni che ancora ci affliggono”. Queste parole sono state accolte con grande soddisfazione sia in Bosnia sia a Bruxelles che a Washington, ma non da due associazioni dei veterani dell’Hvo di Mostar, che oggi hanno ”rigettato le scuse del presidente croato perché in malafede, unilaterali e storicamente inesatte”. I serbo-bosniaci, invece, hanno criticato Josipovic per non aver reso omaggio anche alle vittime serbe della guerra in Bosnia (1992-95).

Con Josipovic anche la crisi di Pirano, che oppone da più di dieci anni Zagabria e Lubiana, volge a una soluzione: dopo il referendum in Slovenia che ha permesso la creazione di una commissione di arbitrato, la disputa frontaliera che ha opposto per più di dieci anni Zagabria e Lubiana si può dire risolta. Storico poi è l’incontro (informale) con Milorad Dodik, l’intransigente leader della Repubblica Srpska, creata dopo gli accordi di Dayton, che raccoglie la minoranza serba in Bosnia Erzegovina.
East Journal Quotidiano di politica internazionale
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