BALCANI: Sulle tracce dell'Orient Express

Nel 1883 lo scrittore Edmont About partecipò al viaggio inugurale dell’Orient Express, quando vide il treno sdraiato e sbuffante sui binari lo descrisse come: “una casa di tre stanze, ciascuna lunga diciasette metri e mezzo, costruita in legno e cristallo, con riscaldamento al vapore e illuminata a gas, confortevole come un appartamento parigino”. Da allora la leggenda del treno che univa Parigi a Costantinopoli in 67 ore e 35 minuti, ha continuato ad alimentare i sogni dei viaggiatori.

I sogni però non conoscono l’usura cui il tempo costringe le cose. Oggi quel treno lo si può trovare, stanco e decadente, alla stazione di Belgrado. Lo sbuffo è quello di sempre, ma pare di spossatezza. Nessun ricco viaggiatore lo attende, nessun cristallo lo illumina. Composto da sei vagoni male in arnese e di una vettura-letto riscaldata a carbone, tutti i giorni s’avvia pesantemente sulla linea che unisce la capitale serba con quella bulgara.

A bordo il servizio non è certo quello d’un grand hotel: il controllore offre caffé turco preparato nel suo scompartimento su un fornelletto a gas, e controlla i biglietti.  Col caffé turco è consentito fumare. I passeggeri sono soprattutto commercianti, anche se in numero sempre inferiore. Ai tempi delle sanzioni contro la Serbia erano parecchi a varcare il confine bulgaro per acquistare a Sofia merci da rivendere sul mercato locale. Oggi che la Bulgaria è parte dell’Unione Europea i prezzi sono aumentati e non conviene più.

In genere tutte le ferrovie serbe non sono molto frequentate. Un rapporto del 2004 afferma che solo il 5% dei pendolari usa il treno e il restante 95% l’automobile. E questo malgrado i treni costino il 30% in meno del viaggio in macchina. Evidentemente le ferrovie serbe non godono di molta stima nella cittadinanza.

Dopo aver percorso i primi 50 km in un’ora e mezza, finalmente il treno si sveglia e comincia a correre verso il confine. La locomotiva svedese tiene il ritmo anche se sembra aver bisogno di un lifting. Delle sei carrozze, le prime  tre vanno a Salonicco, la quarta a Sofia e le ultime due a Istanbul. La carrozza ristorante è poco frequentata, i prezzi sono elevatissimi e conviene comprarsi da mangiare alla stazione di partenza. Il barista però racconta di tempi in cui, malgrado si tirasse la cinghia, il treno era frequantato da molte “signorine” che allietavano i commercianti in viaggio. E un flirt al bar non mancava mai.

Arrivati a Nis, nella Serbia meridionale, il treno si scinde. Da lì al confine la tratta è elettrificata e si viaggia veloci. La Repubblica Ceca ha prestato 120 milioni di euro a Belgrado per ammodernare le ferrovie che oggi sono elettrificate solo per il 30%. Da qui dovrà poi passare il Corridoio 10 dell’alta velocità che collegherà Lisbona con Kiev. Per ora questo è ancora un treno a grande lentezza, con passeggeri che fumano come locomotive dai finestrini. Il paesaggio però incanta, tra la Bulgaria e la Serbia si attraversano le gole del Sicevo. Ancora due ore e arriverà a Sofia. Stazione di fine corsa: Istanbul.


Chi è Matteo Zola

Giornalista professionista e professore di lettere, classe 1981, è direttore responsabile del quotidiano online East Journal. Collabora con Osservatorio Balcani e Caucaso e ISPI. E' stato redattore a Narcomafie, mensile di mafia e crimine organizzato internazionale, e ha scritto per numerose riviste e giornali (EastWest, Nigrizia, Il Tascabile, Il Reportage). Ha realizzato reportage dai Balcani e dal Caucaso, occupandosi di estremismo islamico e conflitti etnici. E' autore e curatore di "Ucraina, alle radici della guerra" (Paesi edizioni, 2022) e di "Interno Pankisi, dietro la trincea del fondamentalismo islamico" (Infinito edizioni, 2022); "Congo, maschere per una guerra"; e di "Revolyutsiya - La crisi ucraina da Maidan alla guerra civile" (curatela) entrambi per Quintadicopertina editore (2015); "Il pellegrino e altre storie senza lieto fine" (Tangram, 2013).

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3 commenti

  1. avrei voluto leggere 100 pagine su questo relitto della mitologia moderna. Bravi.

  2. Grazie Gianni, detto da te è un gran complimento!

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