BOSNIA: L’impero commerciale del clan Dodik e il lodo Viadukt

In vent’anni al potere, il leader secessionista serbo-bosniaco Milorad Dodik si è costruito un vasto impero. Tramite prestanomi, familiari tra cui i due figli Igor e Gorica, e imprese amiche – finiti tutti negli anni scorsi sotto sanzioni USA per corruzione sistemica – Dodik ha ammassato decine di milioni di euro, sottratti alle casse pubbliche bosniache. Parecchi di questi fondi si sono trasformati in ville e asset all’estero – anche sulla costa slovena, come hanno scoperto i giornalisti del portale investigativo sloveno necenzurirano.si.

L’impero commerciale del clan Dodik

Il trentaseienne Igor Dodik è considerato una delle persone chiave nella cerchia di Milorad Dodik. È membro del consiglio direttivo dell’Alleanza dei Socialdemocratici Indipendenti (SNSD) e presidente della squadra di basket di Laktaši, paese-natale dei Dodik, non lontano da Banja Luka. Soprattutto, sin da giovanissimo, è stato investito della gestione degli affari della famiglia Dodik, mentre il padre si occupava della politica.

“È meglio che mio figlio faccia qualcosa piuttosto che drogarsi”, commentò Milorad Dodik quando nel 2008 il 19enne Igor ottenne un prestito di 1,5 milioni di euro dalla Banca per gli Investimenti della Republika Srpska (designata di investire i proventi delle privatizzazioni) per acquistare l’azienda Fruit Eco. A fine 2023, Igor e sua sorella Gorica Dodik possedevano quattro aziende agricole, per un valore complessivo di circa otto milioni di euro. Entrambi erano quindi finiti sulla lista nera del Tesoro USA, con gravi accuse di corruzione di funzionari politici, presidenti di seggio e osservatori elettorali.

Ma il cuore dell’impero imprenditoriale di Dodik junior sarebbe in una rete di aziende informatiche, sussidiate tramite appalti pubblici.  Come riporta BIRN, sette società controllate dalla famiglia Dodik hanno ottenuto 1.400 contratti con ministeri, uffici governativi e aziende pubbliche, per un totale di oltre 250 milioni di euro. Tali società sono gestite dall’imprenditore serbo Đorđe Đurić e dal bosniaco Milenko Čičić, anche loro sotto sanzioni USA assieme alle società stesse. Proprio Čičić avrebbe aiutato i Dodik a esfiltrare vari milioni di euro verso paradisi fiscali.

Il lodo Viadukt: cui prodest?

Secondo il giornalista sloveno Primož Cirman, il figlio di Dodik si trovava a Portorose, sulla costa slovena, a metà giugno. E poco lontano, a Lucija di Pirano – dove i Dodik hanno altre proprietà a disposizione – avrebbe sede l’azienda Viadukt, di proprietà degli sloveni Boris Goljevšček e Vladimir Zevnik (85/15%).

Nell’aprile 2022, un tribunale arbitrale internazionale ha riconosciuto a Viadukt 45 milioni di euro di risarcimento – saliti intanto, con gli interessi, a 60 milioni – in una controversia commerciale con la Republika Srpska, che dieci anni fa stracciò una concessione per la costruzione di centrali idroelettriche sul fiume Vrbas. Per pagarne i debiti, rischiavano di finire sotto sequestro i proveti dell’agenzia di aviazione civile e persino gli immobili della Banca Centrale bosniac.a.

Viadukt è una “cartiera”, un’azienda senza dipendenti. Dal 2008, riporta Forbes Slovenia, Goljevšček e Zevnik hanno utilizzato la società solo per gestire il progetto idroelettrico in Republika Srpska. Nell’inazione delle autorità bosniache, a metà luglio l’Alto Rappresentante internazionale Christian Schmidt ha attribuito tramite “poteri di Bonn” i fondi necessari a ripagare il lodo. Dodik ha lanciato strali. Ma non è chiaro chi ne trarrà davvero beneficio.

Secondo Zijad Bećirović, direttore dell’Istituto per gli Studi sul Medio Oriente e i Balcani (IFIMES) di Lubiana, negli ultimi anni “la Slovenia è purtroppo diventata un’oasi di capitali sospetti per Milorad Dodik e i suoi magnati”. Il fatto che “l’oligarchia di Dodik stia spostando massicciamente capitali dalla Republika Srpska” potrebbe influenzare anche l’esito delle prossime elezioni parlamentari in Slovenia, afferma Bećirović.

(1/continua)

Foto: Hercegovina.info

Chi è Andrea Zambelli

Andrea Zambelli è uno pseudonimo collettivo usato da vari membri della redazione di East Journal.

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