Nell’ultimo decennio l’Armenia ha sviluppato una identità costituzionale e di stato di diritto dal basso. Ne ha parlato a Trento Anna Khvorostiankina, professore alla Eurasia International University di Yerevan.
L’Armenia è parte della politica di vicinato europea ma non ha ricevuto promesse di adesione né finora fatto domanda. Il paese caucasico non ha confini diretti con l’Ue, e si trova in un contesto geopolitico ben difficile – stretta tra il confine sigillato con la Turchia, le ostilità con l’Azerbaigian, e i confini con Iran (anch’esso in posizione geopolitica complessa ) e Georgia (unico stato confinante con cui ha relazioni amichevoli. Il percorso di integrazione europea della Georgia potrebbe avere riflessi anche sull’Armenia, ma l’attuale svolta autoritaria a Tbilisi accresce le incertezze. L’influenza della Russia in Armenia resta molto rilevante.
In tale situazione, non è per condizionalità europea che l’Armenia ha sviluppato una identità costituzionale basata sullo stato di diritto, secondo Khvorostiankina Si tratta invece di un processo domestico radicato nell’evoluzione sociale.
Dalle elezioni del 2008 alla cooperazione limitata con l’Ue
Punto di svolta sono state le elezioni rubate del 2008, che hanno causato proteste di piazza. Al tempo, l’Ue ha reagito solo in sordina. L’anno successivo, nel 2009, l’Ue lanciava il Partenariato Orientale, con una dichiarazione sui “valori comuni”.
Nel 2010 terminano i negoziati per un accordo d’associazione, ma sotto pressione di Mosca nel 2013 l’Armenia finisce per aderire invece all’Unione Economica Euroasiatica (EEU): un progetto senza valori comuni o supremazia del diritto, e senza capacità istituzionali. La Russia utilizza varie leve: le garanzie di sicurezza militare (poi dimostratesi inconsistenti), l’energia (Mosca è fornitore monopolista e proprietario delle infrastrutture), e l’emigrazione (la diaspora armena che lavora in Russia). L’Armenia si trova in una condizione di dipendenza e vulnerabilità rispetto a Mosca, una sovranità limitata.
La reazione europea è di shock. Si apre allora un periodo di pausa nelle relazioni euro-armene. L’accordo di partenariato poi verrà firmato nel 2017, ma senza la parte commerciale, poiché l’adesione a una unione doganale come quella euroasiatica è incompatibile con il libero scambio pan-europeo. Yerevan si pone in una situazione intermedia tra il “trio associato” (Ucraina, Moldova, Georgia) e gli altri stati post-sovietici che non hanno accordi internazionali con l’Ue.
Democratizzazione e sconfitta militare
Il secondo momento di cambiamento avviene nel 2018, con la transizione pacifica da un regime oligarchico-autoritario a una democrazia elettorale. La “rivoluzione di velluto” armena non ha agenda geopolitica ma si pone questioni puramente interne. E’ un cambiamento positivo per le relazioni euro-armene. L’Ue aumenta le proprie attività in Armenia, offre sostegno alle riforme istituzionali e legislative e formazione ai nuovi quadri dirigenziali.
Con l’accordo di associazione, l’Armenia si è impegnata ad avvicinare la propria legislazione al diritto europeo, seppur in assenza di una prospettiva d’adesione. Il nuovo governo riformista vuole procedere su questa strada, ma le riforme legislative vengono sabotate nella loro attuazione, anche da una magistratura ancora legata al vecchio regime oligarchio. E’ il caso del processo all’ex presidente Kocharyan: la “rivoluzione di velluto” aveva promesso di accertare le responsabilità per gli eventi del 2008, ma il processo fallisce a causa dei legami tra il potere giudiziario e il vecchio regime.
Infine nel 2020, con la sconfitta militare nel conflitto del Nagorno Karabakh, vi è l’ultima inversione di tendenza. Da una parte, la società armena resta molto delusa dalla reazione europea al conflitto e dalla sua incapacità di intervenire come mediatore. Si nota la discrepanza tra aspettative e realtà. La “potenza normativa” europea non è vista come abbastanza vicina in un conflitto tra un paese autoritario e uno che cerca di conformarsi ai valori europei. Dall’altra parte, l’Ue riesce comunque a essere presente come attore umanitario e di sviluppo, ripristinando una certa fiducia.
A fine 2024 l’Armenia inizia a negoziare la liberalizzazione dei visti – un processo di condizionalità rigorosa – mentre prosegue la cooperazione settoriale, ad esempio con un accordo sullo spazio aereo.
Da ultimo, il Parlamento armeno ha adottato una laconica legge di iniziativa popolare – per la prima volta nella sua storia – secondo cui “l’Armenia avvia il processo di adesione all’Unione europea“. Il solo articolo non indica tempistiche o istituzioni responsabili, che restano da definire. Ma indica chiaramente il perché: la volontà di rafforzare le istituzioni democratiche, la sicurezza, e lo stato di diritto. Tale processo può favorire le riforme e lo sviluppo dello stato di diritto.
Non è possibile promuovere lo stato di diritto dall’esterno, conclude Khvorostiankina, e la condizionalità non è uno strumento adeguato. Serve una domanda dal basso da parte della società, come dimostra il caso armeno, o l’attuazione e la sostenibilità delle riforme resteranno in dubbio.
Foto: Av Serouj Ourishian, CC BY SA 3.0