All’alba del 13 giugno 2025, Israele ha lanciato l’operazione denominata “Leone Nascente“, una serie di azioni coordinate contro infrastrutture strategiche dell’Iran in quello che è già considerato come il più grande attacco contro l’Iran dai tempi della guerra Iran-Iraq. L’operazione, secondo le dichiarazioni del primo ministro di Israele Netanyahu, rappresenta un’azione preventiva mirata a neutralizzare quella che Tel Aviv definisce “la minaccia dell’Iran“. Netanyahu ha dichiarato che l’operazione continuerà “fino a quando la minaccia dell’Iran non sarà neutralizzata”; dall’altra parte, il leader supremo dell’Iran Ali Khamenei ha definito l’attacco un “crimine sanguinario” e ha garantito che le forze armate iraniane reagiranno. Facendo seguito alle parole di Khamenei, il governo dell’Iran ha poi emesso una dichiarazione ufficiale che condanna l’aggressione come un atto terroristico e una violazione del diritto internazionale. La dichiarazione governativa sottolinea un elemento storico importante: “L’Iran non è mai stato l’iniziatore di guerre negli ultimi due secoli ma difenderà la sua sovranità”.
Il governo dell’Iran ha promesso una “risposta unita e decisa”: replicando all’espressione metaforica usata dall’Israele, ha descritto l’attacco come un “giocare con la coda del leone”, riferendosi al predatore simbolo della tradizione iraniana, presente per secoli al centro della bandiera ufficiale del Paese fino alla sua abolizione e sostituzione con la scritta “Allahu Akbar” dopo la rivoluzione del 1979.
Il Ministero degli Esteri dell’Iran e i Guardiani della Rivoluzione hanno promesso una “risposta pesante” sia nei confronti di Israele che degli Stati Uniti, invocando il diritto alla difesa secondo la Carta delle Nazioni Unite. Le autorità hanno dichiarato che tutte le agenzie di sicurezza e soccorso sono in stato di allerta massima.
L’estensione geografica degli attacchi
Gli obiettivi colpiti includono siti nucleari cruciali e installazioni militari di alto valore strategico. Tra questi, particolare rilevanza assume l’attacco al sito di arricchimento dell’uranio di Natanz, considerato il cuore del programma nucleare iraniano.
L’agenzia di stampa Tasnim ha fornito dettagli specifici sull’ampiezza geografica dell’operazione israeliana, che ha interessato diverse regioni dell’Iran. Nell’Azarbaigian Orientale gli attacchi hanno colpito l’area intorno alla raffineria di Tabriz, le difese aeree nord-occidentali, l’aeroporto e la base aerea Shahid Fakouri. Il direttore della gestione delle crisi della regione ha confermato che tre aree militari sono state attaccate, causando due morti e sei feriti. Nella regione di Ilam invece quattro punti urbani e militari sono stati colpiti nelle città di Ilam, Mehran e Dehloran, con la distruzione di diversi edifici ma senza causare vittime civili secondo le fonti iraniane.
Nelle altre regioni, le basi aeree di Borujerd e Khorramabad, e il sito di difesa aerea di Kermanshah sono stati tutti obiettivi dell’operazione. A Hamadan, il sito di difesa Subashi è stato attaccato, fortunatamente senza causare vittime.
L’attacco ha provocato immediate conseguenze operative e strategiche. L’aeroporto Imam Khomeini di Teheran ha cancellato tutti i voli fino a nuovo avviso, mentre edifici residenziali nella capitale dell’Iran hanno subito danni materiali. La situazione ha portato alla chiusura dello spazio aereo dell’Iran e Iraq. Il bilancio umano dell’operazione è particolarmente significativo. Tra le vittime di alto profilo si registra il maggior generale Mohammad Bagheri (capo di stato maggiore delle Forze Armate), il maggior generale Hossein Salami (comandante in capo delle Guardie della Rivoluzione islamica) e il maggior generale Gholam Ali Rashid (comandante del Quartier Generale di Khatam Al-Anbia). L’ammiraglio Shamkhani, membro del Consiglio per il discernimento dell’Interesse del Sistema, è rimasto gravemente ferito in un attacco alla sua residenza, e le sue condizioni sono state descritte come gravi e instabili. A Teheran, sono stati colpiti edifici residenziali nei diversi quartieri, causando incendi, danni alle strutture e vittime civili, tra cui la morte di una donna e di un bambino. I resoconti provenienti dal quartiere Narmak di Tehran menzionano 5 morti e 20 feriti.
Un aspetto particolarmente grave dell’attacco riguarda il targeting di scienziati nucleari dell’Iran. Questo targeting specifico dimostra che l’obiettivo israeliano non si limita alle infrastrutture, ma – come già successo in passato – mira direttamente a colpire il capitale umano scientifico iraniano.
Il contesto internazionale
Washington ha negato qualsiasi coinvolgimento diretto nell’operazione. Il Segretario di Stato Marco Rubio ha pubblicamente negato ogni coinvolgimento degli USA nell’attacco, mentre l’amministrazione ha preso misure per proteggere le proprie forze nella regione.
Nel contesto mediorientale, l’Oman ha condannato l’attacco come una grave violazione del diritto internazionale. Il presidente del Libano, Joseph Aoun, ha dichiarato che gli attacchi israeliani contro l’Iran non rappresentano solo un attacco al popolo iraniano, ma anche un duro colpo agli sforzi internazionali in corso volti a mantenere la stabilità nella regione. L’Arabia Saudita ha invece espresso così le sue preoccupazioni: “L’Arabia Saudita esprime la sua ferma condanna e denuncia delle palesi aggressioni israeliane contro la fraterna Repubblica islamica dell’Iran, che ne minano la sovranità e la sicurezza e costituiscono una chiara violazione delle leggi e delle norme internazionali.”
Il vento ci porterà via?
L’operazione “Leone Nascente” rappresenta un punto di svolta significativo nelle relazioni israelo-iraniane. L’attacco diretto a scienziati nucleari e infrastrutture strategiche segna un’escalation qualitativa nel confronto tra i due paesi, andando oltre le operazioni di sabotaggio o gli attacchi per procura che hanno caratterizzato il conflitto negli anni precedenti.
Il targeting specifico del programma nucleare iraniano e dei suoi scienziati dimostra la determinazione israeliana di impedire qualsiasi progresso tecnico-scientifico dell’Iran nel settore. Tuttavia, questa strategia rischia di provocare una risposta più decisa dalla parte dell’Iran e di trascinare la regione in un conflitto aperto.
La crisi attuale somiglia a una tempesta incombente, pronta a dilagare in un conflitto più ampio, scuotendo gli equilibri geopolitici con conseguenze imprevedibili. Resta solo da sperare che questo vento impetuoso non ci porti via, ma che lasci spazio alla ragione e al dialogo, come i versi di Forugh Farrokhzad che danno voce all’anima inquieta, o le immagini di Abbas Kiarostami che sussurrano la fragilità dell’esistenza.
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