presidenziali primo turno

ROMANIA: All’indomani delle elezioni

Prosegue la seconda parte dell’analisi di East Journal all’indomani del primo turno delle presidenziali di domenica 4 maggio. Qui per la prima parte.

Come si ricomporrà il voto per il secondo turno?

Ammesso e non concesso che tutti coloro che hanno votato al primo turno votino anche al secondo, è quasi certo che Nicușor Dan potrà contare largamente sul bacino elettorale del PNL, degli ungheresi e delle minoranze, dei partiti minori di centrodestra moderato, e degli elettori di Elena Lasconi. Insieme, queste forze costituirebbero un 15-20% di voti che dovrebbero confluire su Dan.

Bisogna, tuttavia, distinguere fra calcolo politico e le dinamiche reali ed emotive.  Innanzitutto, i “Lasconiani”, che al primo turno hanno pesato meno del 3%, sono divisi: i rapporti negli ultimi tempi fra i due leader si sono fortemente deteriorati dopo la decisione di USR di sostenere Dan invece che Lasconi. Non tutti gli elettori di Lasconi sono entusiasti all’idea di votare il sindaco di Bucarest, che è tuttavia la scelta politicamente ed ideologicamente più vicina, ed è quindi meno probabile che si spostino su Simion. Questo rende prevedibili due scenari, eventualmente complementari uno all’altro, anche se in proporzioni diverse: votare per Dan “tappandosi il naso”, oppure astenersi. Va ricordato, poi, che Lasconi non ha dato pubblicamente nessun supporto per Dan.

A livello di partiti, sia il PNL che UDMR, il partito degli ungheresi, hanno pubblicamente indicato Dan come candidato da votare per il loro elettorato, anche se, nei fatti, bisognerà vedere quanto questo si tradurrà in voti effettivi, considerando il tracollo della coalizione al primo turno e il peso ridotto degli ungheresi, circa il 5%.

Un discorso a parte riguarda l’elettorato PSD. Molti analisti ritengono che sia più incline a spostarsi su George Simion piuttosto che su Dan, in parte attrattati da narrative tradizionali e conservatrici, ora rappresentate da Simion. Ad ulteriore conferma di questo ci sono i voti per Ponta, che pure dovrebbero andare a Simion.

E il governo?

Elettorato a parte, un’altra domanda chiave riguarda la formazione del prossimo governo.

Dopo l’eliminazione di Georgescu dalla corsa elettorale, Simion si è presentato come suo sostituto e ha promesso che, se fosse stato votato, lo avrebbe nominato primo ministro – una mossa legalmente ancora possibile, dato che per il momento Georgescu è solo indagato, ma di dubbia etica. Ha però un forte significato politico, che ha sfruttato e sfrutta al massimo il forte ascendente che Georgescu ancora ha sull’elettorato conservatore, frustrato, e radicalizzato – un messaggio che finora si è rilevato vincente per garantire una forte mobilitazione.

E tuttavia servono i voti per mettere in piedi il nuovo esecutivo e approvare il nuovo primo ministro, che i i tre partiti di estrema destra, AUR, POT e SOS non hanno, visto che coprono solo circa un terzo dei seggi in parlamento.

Una via percorribile per Simion, con l’attuale parlamento, sarebbe l’appoggio, esplicito o implicito (quindi: governo di minoranza) del PSD. Gli analisti sottolineano che c’è molta ambiguità in casa PSD su cosa fare, un’incertezza legata anche al sapere che l’elettorato tradizionalmente fedele al partito si sta muovendo autonomamente verso Simion, il che potrebbe spingere la leadership a seguirlo per non perderlo, assecondando un avvicinamento con Simion. C’è dunque una certa reticenza a prendere apertamente posizione: al momento, il PSD non ha dato indicazioni di voto per nessuno dei due candidati e diversi esponenti esprimono opinioni contrastanti, con alcuni che non escludono una possibile alleanza con AUR, e altri che la negano con forza.

Un’altra opzione sarebbero le elezioni parlamentari anticipate, che però aumenterebbero la volatilità economica e politica nel paese. Anche perché i romeni sono già stati provati da numerosi cicli elettorali nell’ultimo anno: in meno di dodici mesi si sono avute le elezioni europee, insieme a quelle locali, in giugno; poi le parlamentari in dicembre, con le presidenziali annullate, ripetute ora a maggio. Inoltre, indire nuove elezioni significherebbe lasciare in standby la politica e il processo decisionale e legislativo romeno ancora per mesi, quelli necessari a riorganizzare una nuova ennesima campagna elettorale, con ulteriore fermento e precarietà sociale, politica ed economica. Allo stesso tempo, potrebbero anche offrire una svolta politica decisiva, riallineando temporalmente e, presumibilmente, politicamente Presidenza ed Esecutivo, oggi scollati.

Neanche per Dan gli scenari sono chiari: in caso di vittoria, ha dichiarato di voler formare una coalizione larga fra tutte le forze europee e occidentali. Si tratterebbe di USR, PNL, gli ungheresi e le minoranze, ma per governare ha comunque bisogno dell’appoggio del PSD. Tuttavia, la coalizione PSD-PNL-UDMR si è appena sfasciata e non è certo che i Socialdemocratici siano disposti a rientrare in una formula che, negli ultimi anni, si è mostrata impopolare in modo deleterio. Si potrebbe tentare un governo di minoranza, che però sarebbe fragilissimo e ostaggio degli umori partitici. Soprattutto, l’appoggio esterno di una parte del PSD provocherebbe probabilmente uno shock, con una scissione, almeno formale, del partito.

Cosa ci dicono questi ultimi giorni?

Giovedì 8 maggio si è tenuto il primo dibattitto fra i due candidati. Per Simion, che aveva platealmente cancellato la propria partecipazione ai precedenti organizzati per il primo turno, si tratta di un’operazione “pulizia”, per cercare di rendersi più presentabile e credibile.

Se, inoltre, all’indomani del voto, la vittoria per Simion sembrava inevitabile e schiacciante, gli ultimi sondaggi stanno dando, in realtà, Dan in forte recupero, con l’economia che ha acceso il dibattito pubblico. Ora Dan disterebbe solo circa il 4% da Simion, anticipando dunque una partita molto serrata. Il condizionale è, però, d’obbligo, data la natura per molti versi parziale dei sondaggi, contro il dato plastico dalle elezioni.

Per Dan, il dato di riferimento sono i quasi due milioni di voti e mezzo che, fra diaspora e paese, Simion ha raccolto in più. Voti che sono consolidati e non si spostano. La chiave per vincere, per l’attuale sindaco di Bucarest, sarebbe riuscire a mobilitare quel quasi 47% di elettori che non si è presentato alle urne. Un’impresa ardua, data la scarsità del tempo e il forte antagonismo per il sistema politico di una consistente parte della popolazione romena, che ne ha cementato il diffuso astensionismo, ma forse non impossibile.

Infine, una precisazione: ci siamo astenuti dal fare analisi e previsioni geopolitiche, che affronteremo dopo il secondo turno, quando si saprà chi è il vincitore e si potrà ragionare sulle conseguenze a livello regionale e internazionale del nome che uscirà dalle urne.

Fra meno di una settimana sapremo tutto.

Foto: Europa Liberă România

Chi è Rebecca Grossi

Appassionata di politica e di tutto ciò che sta al di là della ex Cortina di ferro, ha frequentato Studi Internazionali a Trento e Studi sull'Est Europa presso l'Università di Bologna. Dopo soggiorni più o meno lunghi di studio e lavoro in Austria, Grecia, Germania, Romania e Slovenia, abita ora a Lipsia, nell'ex DDR, dove è impegnata in un dottorato di ricerca sul ruolo del Mar Nero nella strategia geopolitica della Romania. Per East Journal si occupa principalmente di Romania.

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