BOSNIA: La visita di Kurti e le relazioni tra Pristina e Sarajevo

Di Martina Marazzini

La visita del primo ministro kosovaro Albin Kurti a Sarajevo, avvenuta tra il 5 e il 6 dicembre, e il suo intervento presso la biblioteca civica hanno suscitato aspre reazioni da parte dei vertici della Republika Srpska. 

Da Sarajevo – Il 5 dicembre scorso il primo ministro del Kosovo Albin Kurti è atterrato all’aeroporto internazionale di Sarajevo per partecipare alla sessione straordinaria dell’Associazione degli intellettuali indipendenti Krug 99, che si è svolta il giorno seguente presso la Vijećnica, la storica biblioteca civica della capitale bosniaca.

La visita di Kurti si preannunciava problematica, dal momento che Sarajevo non ha mai riconosciuto l’indipendenza del Kosovo, e i cittadini kosovari restano soggetti a uno stretto regime di visti. Kurti aveva ricevuto un visto per recarsi nel paese per l’incontro dei Sei dei Balcani sul “piano di crescita” UE, previsto per il 4 dicembre nella cittadina costiera di Neum,  incontro poi cancellato all’ultimo minuto.

Le reazioni dei vertici della Republika Srpska (RS), l’entità a maggioranza serba della Bosnia Erzegovina, non hanno tardato. Già il giorno dell’arrivo di Kurti a Sarajevo, il Presidente della RS, Milorad Dodik, ha affermato di considerare la visita “una provocazione e un atto ostile” nei confronti del popolo serbo e, secondo quanto riportato dal quotidiano bosniaco Oslobođenje, numerosi funzionari della RS avrebbero ribadito: “Il Kosovo è Serbia, Kurti non è il benvenuto”.

Proprio il 5 dicembre, inoltre, si sarebbe dovuta tenere la riunione del Consiglio dei ministri della Bosnia-Erzegovina che tuttavia, è stata boicottata dai ministri serbo-bosniaci, in protesta contro la visita del premier kosovaro.

L’intervento di Albin Kurti

Il 6 dicembre Albin Kurti ha incontrato separatamente due membri della Presidenza tripartita della Bosnia Erzegovina,il bosgnacco Denis Bećirović e quello croato Željko Komšić. Il culmine della sua visita è stato il discorso presso l’Associazione Krug 99. Presentandosi come amico e partner della Bosnia-Erzegovina, Kurti si è concentrato sui forti legami, sia passati che futuri, che uniscono i due paesi, sottolineando l’importanza di un percorso comune verso l’integrazione europea e l’attuazione degli accordi del processo di Berlino. Proprio durante l’ultimo summit, tenutosi nella capitale tedesca lo scorso 14 ottobre, Kurti ha annunciato che dal 1° gennaio 2025 ai cittadini bosniaci sarà garantito l’ingresso in Kosovo con la sola carta di identità, come misura non-reciproca – i partiti serbo-bosniaci infatti si rifiutano  di ratificare l’accordo regionale sulla mobilità che permetterebbe di fare altrettanto ai cittadini kosovari.

Il premier kosovaro ha condannato apertamente Serbia e RS per il mancato riconoscimento delle atrocità commesse durante i conflitti degli anni novanta come il genocidio di Srebrenica del luglio del 1995 in Bosnia, e il massacro di Račak del 1999 in Kosovo. L’incapacità di riconoscere tali crimini, secondo Kurti, dimostra una propensione a ripeterli in futuro. Per questo motivo ha incoraggiato una più stretta cooperazione tra Kosovo e Bosnia-Erzegovina, affinché ciò non sia permesso.

Le parole di Albin Kurti hanno suscitato ulteriori reazioni e commenti dai serbo-bosniaci. Dodik, indispettito sia dal fatto che una visita privata abbia avuto luogo presso spazi istituzionali sia dalle esplicite accuse lanciate da Kurti, ha dichiarato come l’intervento di quest’ultimo possa ulteriormente incrinare i rapporti già fragili nella regione. Il presidente dell’Assemblea dell’entità Nenad Stevandić ha affermato che coloro che hanno invitato Kurti “hanno [a loro volta] invitato la RS all’autodeterminazione”, in quella che suona come l’ennesima minaccia secessionista.

Kosovo e Bosnia Erzegovina: un rapporto complicato

La visita del Primo Ministro del Kosovo a Sarajevo ha fatto riemergere tensioni mai del tutto sopite e che rappresentano la pesante eredità lasciata alla regione dai conflitti degli anni novanta.

Un caso recente che ha contribuito ad alimentare gli attriti è stata l’imposizione di dazi da parte di Pristina sulle merci provenienti da Serbia e Bosnia-Erzegovina nel novembre 2018. Le tariffe doganali, inizialmente al 10%, sono state innalzate al 100% in risposta al mancato ingresso del Kosovo nell’Interpol, attribuito alle pressioni esercitate dalla Serbia, supportata dalla RS. Il provvedimento ha determinato una considerevole diminuzione degli scambi commerciali tra i paesi coinvolti e solo nel 2020 si è assistito alla sua abolizione.

Il Kosovo, autoproclamatosi indipendente nel 2008, non è mai stato riconosciuto dalla Bosnia-Erzegovina, per la ferma opposizione dei rappresentanti serbo-bosniaci. Ciononostante, Dodik continua a strumentalizzare la dichiarazione di indipendenza kosovara per dimostrare come la situazione nella RS sia analoga e per rivendicarne il diritto all’autodeterminazione. Al contrario, per evidenziare le differenze tra i due casi, Albin Kurti, durante il suo intervento del 6 dicembre, ha menzionato sia la Risoluzione ONU 1244, che prevede di “promuovere l’istituzione, in attesa di una soluzione definitiva, di una sostanziale autonomia e di un autogoverno in Kosovo”; sia gli Accordi di Dayton, che garantiscono alla RS semplicemente lo status di entità costitutiva della Bosnia-Erzegovina.

La visita di Kurti a Sarajevo ha sottolineato quanto le tensioni storiche, sostenute da una situazione politica stagnante, continuino a ostacolare la stabilità regionale e a rallentare il processo di integrazione europea. Un dialogo costruttivo tra le parti, come riflesso del processo di normalizzazione tra Belgrado e Pristina, è oggi più che mai essenziale per superare i retaggi dei conflitti passati e costruire un comune futuro europeo per i Balcani occidentali.

Fonte immagine: Radio Sarajevo

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