Guerra e democratizzazione in Ucraina

Guerra e democratizzazione in Ucraina: l’intervento di Oleksiy Bondarenko a Estival

A Estival, il festival sull’Europa centro-orientale tenutosi a Trento ormai più di un mese fa, ha partecipato come relatore anche uno storico collaboratore di East Journal, Oleksiy Bondarenko, il quale ci ha parlato dello sviluppo delle dinamiche interne allo Stato ucraino mentre é alle prese con l’invasione russa sul suo territorio. Proponiamo in questo articolo un riassunto del suo intervento.

Senza elezioni, ma con una resistenza da portare avanti

Il primo argomento trattato è stato quelle delle elezioni in Ucraina, che si dovrebbero tenere il prossimo marzo. La loro mancata programmazione potrebbe indurci a pensare che il presidente Zelensky voglia approfittare del suo ruolo e dello stato di guerra in cui si trova il Paese, virando verso un sistema autoritario e sempre più personalistico, con l’intento di consolidare il suo potere con il pretesto dell’invasione russa, mettendo così ai margini potenziali sfidanti.

In realtà questa lettura si dimostra alquanto semplicistica e volutamente provocatoria. In primis, ricorda Bondarenko, il rinvio delle elezioni non sarebbe affatto il sintomo di un crescente autoritarismo in Ucraina, bensì una decisione più che ovvia in un paese che sta cercando in ogni modo di difendere non solo la propria indipendenza e sovranità dalle mire imperiali russe, ma anche la vita della propria gente.

Intanto, la costituzione ucraina non prevede elezioni quando vige la legge marziale, e questa è stata proclamata dall’inizio dell’invasione su larga scala da parte dell’esercito russo. Inoltre, a livello pratico, lo Stato ucraino non potrebbe garantire in alcun modo il loro normale e sicuro svolgimento sul proprio territorio. Altro problema riguarderebbe la legittimità di questa operazione: non dobbiamo dimenticare infatti che parte del territorio ucraino è sotto il controllo russo e ai cittadini dei territori occupati non sarebbe di certo permesso votare. Infine, ci sarebbe poi il problema dei rifugiati. Ricordiamo che oltre 6 milioni ucraini sono oggi rifugiati all’estero e circa 3 milioni e mezzo sono gli sfollati interni.

Insomma, se il percorso di democratizzazione ucraino è da monitorare, attaccare il governo Zelensky per una scelta che potremmo definire di “buonsenso” appare un argomento come un altro per delegittimare lo sforzo bellico e umano degli ucraini.

Tra sistema neo-patrimoniale e oligarchi: fantasmi della democrazia ucraina?

Più interessante sarebbe discutere e approfondire, sulla scia delle parole di Bondarenko, del sistema neo-patrimoniale di stampo sovietico che ancora resiste in Ucraina, ossia quel sistema di potere in cui sono i rapporti personali ed economici tra i vari gruppi di potere, e non le istituzioni formali, a definire l’assetto politico del paese. A tale questione si lega inevitabilmente il tema degli oligarchi, anch’esso toccato dall’intervento di Bondarenko.

Gli oligarchi in Ucraina – un capitolo dedicato a loro si trova nel libro curato da East Journal “Ucraina: alle radici della guerra”, a cui mi permetto di rimandare – sono stati una presenza scomoda e costante nel panorama politico del paese. Prima dello scoppio della guerra, nel 2021, il governo Zelensky promosse una legge anti-oligarchi, la quale però risulterebbe troppo vaga e imprecisa, oltre che alquanto arbitraria nella definizione di ‘oligarca’ e nei poteri che concedeva al presidente.

Tuttavia, se la battaglia contro gli oligarchi deve essere sostenuta, non bisogna dimenticare, come ricorda Bondarenko, che la loro presenza ha prodotto negli anni una qualche sorta di pluralismo politico, il quale, sebbene non possa essere considerato un modello da esportare, ha portato nel tempo a un ricambio democratico impedendo il consolidamento del potere nelle mani di una singola figura.

Con l’aggressione russa, molti degli oligarchi hanno sono stati colpiti pesantemente a livello economico, ma il “sistema” nel suo complesso non risulta essere cambiato in maniera radicale. Siamo assistendo ora alla formazione di nuovi equilibri tra gruppi di potere ed é ancora troppo presto per capire come questo sistema di potere sarà strutturato dopo la fine della guerra.

Società civile e democratizzazione

Quindi: a che punto si trovano la politica e la democrazia ucraine? Difficile dirlo con un semplice articolo. Ciò che è certo è che dal 2014, ovvero dalle proteste di Piazza d’Indipendenza e della successiva fuga del presidente in carica, Yanukovich, la società civile ucraina si è consolidata sempre più, esprimendo un “movimento orizzontale” che contrasta con quella che può essere definita la “piramide di potere” di Zelensky. Questo appare evidente nel ruolo della società civile nel sostenere la resistenza e lo sforzo bellico con tutta una serie di “organizzazioni orizzontali” che hanno giocato un ruolo fondamentale nei primi mesi dell’invasione.

Come le proteste del 2014, anche la guerra contro la Russia può essere letta come un conflitto generazionale; la resistenza contro la Russia è una guerra dei figli, non dei loro padri, figli che non hanno vissuto l’epoca sovietica e che si sono formati dal punto di vista politico e culturale in un’epoca diversa. Per i più giovani, valori come ‘democrazia’ hanno un significato diverso rispetto ai loro genitori. In questo senso, anche l’avvicinamento politico e culturale all’Unione Europea, ha un valore simbolico molto significativo. Allo stesso tempo anche Zelensky è parte di un rinnovamento che ha investito la società ucraina. Il Presidente è espressione della nuova generazione, oltre che il simbolo della lotta contro i russi e la loro volontà di dominio.

Infine, non si deve tralasciare un fatto ci dice Bondarenko, solo all’apparenza poco significativo: il processo di decentramento politico iniziato nel 2015 che ha contribuito ad accrescere il potere in mano alle autorità locali. I sindaci, ad esempio, hanno ottenuto la possibilità di gestire con piú libertà i fondi del governo centrale, un fattore molto importante soprattutto nelle fasi iniziali della resistenza all’invasione russa. Questo processo, però, ha anche contribuito ad esacerbare la tensione tra il potere centrale e quello locale. Non a caso i sindaci sembrano ora meno restii a criticare direttamente il presidente, come ci mostra il recente esempio del sindaco di Kyiv, Vitali Klitschko, che ha accusato Zelensky di tendenze autoritarie. Il futuro della politica e democrazia ucraina, infatti, dipenderà anche dalle relazioni tra il centro e i poteri regionali e locali.

Infine le istituzioni, la cui debolezza rimane il vero problema per il consolidamento democratico. I partiti politici ne sono un esempio, incapaci di diventare strumenti autonomi del processo democratico. Il sistema partitico rimane afflitto da tendenze personalistiche e populiste che continuano a creare instabilità e i partiti durano generalmente quanto la carriera politica del leader che li ha creati. Ciò si riflette anche nella percezione popolare delle istituzioni dello stato.

Il panorama politico, infatti, rimane dominato da una sfiducia generale nelle istituzioni. Se la situazione é rimasta ‘congelata’ dall’invasione russa, i trend più recenti ci mostrano di nuovo un calo di fiducia nelle principali istituzioni dello stato (come la presidenza, il parlamento e i partiti politici). Infatti, l’unica istituzione che gode ancora oggi del livello di fiducia dell’inizio della guerra è l’esercito e non possiamo escludere che questa “fede” nelle forze armate possa portare in futuro ad ulteriori derive personalistiche e nazionalistiche, oltre che a un nuovo ruolo dei militari nella politica.

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East Journal nasce il 15 marzo 2010, dal 2011 è testata registrata. La redazione è composta da giovani ricercatori e giornalisti, coadiuvati da reporter d'esperienza, storici e accademici. Gli articoli a firma di "redazione" sono pubblicati e curati dalla redazione, scritti a più mani o da collaboratori esterni (in tal caso il nome dell'autore è indicato nel corpo del testo), oppure da autori che hanno scelto l'anonimato.

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