Le brutte notizie per Kyiv sembrano non finire più. Dopo lo scontro con Trump e Vance nello Studio Ovale la scorsa settimana, ora Washington sembra aver deciso di sospendere gli aiuti all’Ucraina. Senza entrare nei dettagli di chi abbia contribuito di più al sostegno di Kyiv tra Europa e USA, è innegabile che la sospensione degli aiuti americani potrebbe diventare catastrofica per l’Ucraina. Come siamo arrivati a questo punto e cosa possiamo aspettarci ora?
Le vecchie ruggini
La sospensione degli aiuti a Kyiv non arriva come un fulmine a ciel sereno. L’amministrazione Trump si era subito dimostrata piuttosto infastidita dalla postura di Zelensky e la questione della spesa americana per sostenere la sicurezza europea e le guerre lontane dai confini americani aveva dominato la retorica Trump nella sua campagna elettorale. Lo scontro nello Studio Ovale è stato la conseguenza dei rapporti deteriorati, non la causa. Questioni interne, quelle internazionali e in certa misura anche quelle personali si intrecciano. Non dimentichiamo che l’Ucraina ha giocato un ruolo centrale nel tentativo di impeachment di Donald Trump nel 2019. E non dimentichiamo che il viaggio di Zelensky negli Stati Uniti in piena campagna elettorale lo scorso settembre, dove il presidente ucraino si era incontrato con svariati rappresentanti democratici trascurando i repubblicani, ha provocato una dura reazione da parte di Trump. Non a caso Vance non ha mancato di notarlo durante l’acceso dibattito con Zelensky nello Studio Ovale.
La priorità americana è chiudere la guerra
Più in generale, però, il messaggio dell’amministrazione Trump sembra ora chiaro. La fine della guerra e lo smarcamento dal coinvolgimento in affari militari europei à la priorità della Casa Bianca, piaccia o no. Si può discutere all’infinito delle motivazioni, e in pochi credono che Trump sia mosso da genuine preoccupazioni per le vite umane, ma il fatto rimane. Washington sa (e lo sanno anche a Bruxelles, Kyiv e Mosca) di avere le carte migliori (per rimanere nella metafora tanto cara a Trump). La guerra è lontana, gli obiettivi geo-politici sono altri, e la Russia è una minaccia minore, oltre che economicamente e militarmente spolpata. Il ruolo del poliziotto globale può giocarlo qualcun altro, se riesce. Una posizione legittima e nemmeno scandalosa, se non fosse per la sofferenze e il sacrificio dell’Ucraina.
L’accordo sui minerali serve a certificare l’impegno ucraino e sottolineare gli interessi di Washington, il massimo delle garanzie di sicurezza che gli USA sono disposti a concedere per ora, escludendo così qualsiasi discorso su truppe o membership NATO per Kyiv. La sospensione degli aiuti, che appare temporanea, non sembra altro che una tattica per piegare la resistenza di Zelensky che la settimana scorsa a Washington aveva insistito sulle garanzie di sicurezza rifiutando ogni impegno al dialogo.
Kyiv con le spalle al muro
Sebbene la doccia fredda di venerdì scorso sia stata percepita come un tradimento, Kyiv sembra con le spalle al muro. Nell’amministrazione Zelensky sembrano realizzare ora che i vari “as long as it takes” e “peace through strength”, suonano ormai davvero come vuoti ritornelli. E, per quanto sia difficile ammettere, Trump ha ragione. Nel gioco di potenze Kyiv non ha molte carte da giocare e può solo cercare di ottenere il massimo in una situazione che non prevede buone opzioni. La sospensione degli aiuti americani – anche se ipoteticamente compensata in parte dal sostegno economico europeo – è un colpo durissimo. Non si parla, infatti, solo di armi e munizioni, ma il congelamento potrebbe riguardare anche la condivisione dell’intelligence.
La situazione al fronte è difficile, anche se non critica come sembrava qualche settimana fa. Ma non c’è solo questo. L’aggressione russa ha portato a migliaia e migliaia di vittime, anche se ancora rimane difficile rendersi conto dell’intera portata di questa tragedia. Il peso dei tre anni di guerra inizia a farsi sentire anche dal punto di vista sociale. I confini rimangono chiusi, la diserzione è un problema sempre più grave e la nuova proposta di abbassare l’età di coscrizione a 18 anni (su base volontaria) difficilmente potrebbe risolvere la situazione. Secondo alcune stime, dall’inizio dell’invasione più di 100.000 soldati hanno disertato, mentre il numero reale potrebbe essere più alto. Decine di migliaia di uomini hanno attraversato illegalmente il confine occidentale per non essere coscritti. La mancanza di personale militare ha costretto le autorità a ricorrere alla coercizione. I casi di “rapimenti” di uomini di età militare (la cosiddetta busifikatsiya) sono in chiaro aumento, o almeno lo sono le testimonianze e i video. Nonostante la campagne sui social media e le marce in Europa e negli Stati Uniti, la realtà sembra molto più difficile e la sensazione è che le voci di molti (incluso quelli che si nascondono dalla coscrizione) non siano catturate dai continui sondaggi, che in guerra lasciano il tempo che trovano.
Anche se nel breve periodo non sembrano esserci prospettive per dimissioni di Zelensky o grossi cambiamenti ai vertici, la strategia americana sembra poter funzionare. Non nel portare alla fine del conflitto, ma nel piegare la resistenza di Zelensky che in seguito alla sospensione degli aiuti ha risposto con un chiaro messaggio di apertura, parlando del suo “impegno per la pace”, della volontà di seguire “la leadership di Trump” e di firmare gli accordi sui minerali. Gli aiuti potrebbero anche riprendere, ma non cambieranno la situazione.
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Immagine da rawpixel.com