di Francesco Cortese
Il 3 dicembre 2023 è ufficialmente iniziato il censimento della popolazione in Montenegro dopo numerosi rinvii. Inizialmente programmato per il 2021, è stato rinviato a causa delle difficoltà derivanti dalla pandemia di Covid-19 e dalla turbolenta situazione politica scaturita dalle elezioni parlamentari del 2020, che avevano visto il Partito Democratico dei Socialisti (DPS) guidato da Milo Đukanović perdere il potere per la prima volta dagli anni ’90.
Questo censimento sarà il primo dal 2011, quando i risultati mostrarono che circa il 44% della popolazione si considerava di etnia montenegrina, il 29% serba, l’8% bosgnacca e il 5% albanese, mentre il 43% affermò di parlare il serbo come prima lingua e il 37% il montenegrino. Vista la peculiare storia del paese e la sua composizione multietnica, oggi come allora il censimento non può essere considerato come un semplice conteggio della popolazione finalizzato all’analisi delle sue caratteristiche strutturali, ma deve essere visto come un evento che può avere importanti conseguenze politiche.
Le due anime del Montenegro
Il Montenegro è da sempre protagonista di una vera e propria disputa interna sull’esistenza o meno di una identità montenegrina. Il continuo scontro, politico e sociale, tra i rappresentanti del cosiddetto ‘nazionalismo montenegrino’ e ‘nazionalismo serbo’ ha infatti dato origine a due schieramenti che formano due vere e proprie anime del paese. Il primo, di cui negli anni si è fatto portavoce proprio l’ex premier e presidente Đukanović, sostiene l’esistenza di una definita identità montenegrina e il diritto dei montenegrini a definirsi una nazione separata e non subalterna alla Serbia. I nazionalisti serbi, invece, organizzatisi in partiti politici fortemente legati a Belgrado, sono invece fautori del mantenimento di un forte legame con la Serbia, fino alla creazione, secondo alcuni di questi, di un’unica entità politica e culturale comprendente Serbia e Montenegro.
La spaccatura del paese fu evidente fin dal 2006, quando il referendum per l’indipendenza del Montenegro dalla Serbia finì con una vittoria dei favorevoli con il 55,5% dei consensi – appena lo 0,5% in più del minimo richiesto – grazie al supporto delle minoranze non-serbe, grazie alla prospettiva di uno stato nuovo, non dipendente da Belgrado e di ispirazione europeista ed atlantica.
Il censimento come strumento politico
In un contesto dove esiste la tendenza a votare secondo linee etniche, il censimento assume quindi una grande importanza dal punto di vista politico. Questo infatti inizia appena un mese dopo l’insediamento del nuovo governo guidato da uno dei rappresentanti principali del partito centrista ed europeista Evropa Sad, Milojko Spajić, che ha ottenuto la fiducia anche grazie all’appoggio esterno dei partiti filo-serbi.
L’opposizione, rappresentata principalmente da Đukanović, che a sua volta ha perso il ballottaggio delle elezioni presidenziali lo scorso aprile a favore del candidato di Evropa Sad Jakov Mijatović, ha più volte chiesto di posticipare il censimento, contestandone la trasparenza e vedendolo come un disegno politico finalizzato ad aumentare il numero di serbi in Montenegro, alterando gli equilibri politici. Nei mesi scorsi, il DPS aveva invitato i cittadini a boicottare il censimento evidenziando due principali necessità, migliorare il software utilizzato dagli addetti al censimento per garantire maggiore trasparenza e includere i rappresentanti dell’opposizione nella commissione parlamentare che si occupa del processo. Per questo Spajić, appena entrato in carica, ne aveva posticipato l’inizio dal primo novembre al 3 dicembre, permettendo così una negoziazione tra i partiti che ha avuto esito positivo, come dimostra l’invito rivolto ai cittadini dallo stesso Đukanović a mostrarsi responsabili e a partecipare regolarmente al censimento.
Un ruolo importante in Montenegro lo gioca inoltre la faida tra la Chiesa Ortodossa serba e la Chiesa Ortodossa montenegrina, con la prima che ha invitato tutti gli ortodossi del paese a registrarsi come etnicamente serbi, appellandosi a ragioni storiche e culturali che legano indissolubilmente i credenti di fede ortodossa alla Serbia, nonostante circa il 30% degli ortodossi del paese riconosca la chiesa ortodossa montenegrina come propria guida canonica.
Il ruolo delle altre minoranze
Se è vero che in Montenegro il dibattito pubblico è dominato da queste due principali anime del paese, non va dimenticata l’esistenza di altre minoranze che formano circa il 15% della popolazione totale. Tra queste, quelle che hanno maggiore rilevanza politica sono sicuramente quella bosgnacca, quella albanese e, in minor modo, quella croata. Albanese era proprio il precedente primo ministro del Montenegro, Dritan Abazović, oggi all’opposizione del governo Spajić.
Comune a tutte le minoranze, ancora oggi, è il loro supporto ad un Montenegro multiculturale, indipendente e non influenzato dalla Serbia, a trazione europeista, alleato dell’Occidente e lontano da Russia e Cina. Vista l’attuale situazione politica, i partiti rappresentanti delle minoranze hanno giocato sicuramente un ruolo chiave nella formazione dei vari governi, con i partiti albanesi che esprimono tre ministri nell’attuale esecutivo, mentre il partito bosgnacco, che ha ottenuto circa il 7% dei voti alle ultime elezioni, è rimasto all’opposizione. Dunque, è evidente che il risultato del censimento potrà influenzare anche il peso politico assunto da queste minoranze.
Le possibili conseguenze
Visto il quadro complesso, un eventuale risultato che mostrasse un sostanziale incremento di coloro che si definiscono etnicamente serbi, potrebbe, secondo l’opposizione, rinvigorire il nazionalismo serbo e l’idea di una Grande Serbia, portando il Montenegro più lontano dai valori della NATO e dell’Unione Europea, fino a metterne in pericolo l’indipendenza stessa.
Se la composizione etnica può dunque influenzare lo scenario politico, è anche vero il contrario, e identificarsi come etnicamente serbi può anche essere interpretato come un modo per opporsi a Đukanović, visto come il responsabile della delusione delle aspettative di sviluppo che la popolazione si aspettava dopo l’indipendenza.
I risultati del censimento si sapranno solo nel 2024, ma già oggi ci si interroga su quali conseguenze avrà sul futuro del Montenegro.