Vukovar

CROAZIA: Vukovar, la città che (s)compare

di Mayra Boscato

Trentadue anni dopo la sua distruzione, Vukovar oggi è una città nuova. Tra eventi e progetti la cittadinanza vuole andare avanti ma le istituzioni faticano ad andare oltre il “turismo della memoria”.

Qualche sdraio, un’altalena in legno, gente sugli spalti e una band che suona, sullo sfondo le luci di una nave da crociera che si riflettono sull’acqua. Immediatamente il pensiero va ad una tradizionale cittadina dell’Istria durante una qualsiasi serata estiva. Invece si tratta di Vukovar, che dalla costa istriana dista più di 500 km. Nelle guide turistiche figura a stento mentre nei blog di viaggi la si trova come una specie di tappa del ricordo.

Passeggiando tra le strade del centro abitato di Vukovar non si direbbe che la città venne rasa al suolo ormai 32 anni fa. Negozi, bar e ogni tanto ancora qualche foro da proiettile sugli edifici, lasciati, abbandonati, devastati. Memento di ciò che è stato. Era il 18 novembre 1991 quando, dopo mesi di scontri tra le milizie serbe e l’esercito nazionale croato, la città di Vukovar venne rasa al suolo. Più di tremila le vittime, oltre seicento i colpi inferti alla torre idrica della città dove ogni giorno, nonostante i proiettili, l’esercito continuava a risollevare la bandiera croata. Non riuscirono a distruggerlo e oggi, come un sopravvissuto, si erge a simbolo della forza della città e della sua popolazione.

Più di tutto a Vukovar è l’animo delle persone a parlare: “Tutti vogliamo cambiare, andare avanti e non rivivere il passato” dice J. ma la sua voce è rappresentativa della popolazione di Vukovar, che nella consapevolezza dell’importanza del ricordo desidera lasciarsi la guerra alle spalle. Sono soprattutto i più giovani ad essere stanchi che ogni cosa sia legata alla guerra, desiderano e chiedono concerti, eventi e in generale guardare al futuro. Eppure, il grido dei cittadini viene solo parzialmente ascoltato dalle istituzioni cittadine che ancora faticano a raccontare i numerosi eventi che negli ultimi anni hanno coinvolto e animato la città senza menzionare almeno un monumento legato alla guerra.

“Il 90% dei turisti che vengono Vukovar lo fanno per la guerra, non per vedere qualcosa che non avevano visto prima ma perché hanno la sensazione di dover venire a vedere cos’è successo qui” afferma il sindaco Ivan Penava, che ciononostante esprime la volontà come primo cittadino di focalizzarsi su esperienze nuove, più moderne e differenti per allontanare l’attenzione unicamente dalla guerra. In una città in cui la popolazione è stata dimezzata a causa del conflitto, la principale preoccupazione riguarda la ri-occupazione di Vukovar, inevitabilmente legata all’andamento economico della città ma anche alla sua percezione da parte delle nuove generazioni.

Se da un lato, infatti, la cittadinanza si sente intrappolata in un luogo in cui tutto ricorda la guerra, dall’altra, dal confronto con le istituzioni sul tema la sensazione è quella di dover portare un fardello che impedirebbe un reale sviluppo della città nella direzione di una maggiore offerta turistica. Dal dialogo con il sindaco emerge una vasta offerta su ciò che la città offre in termini turistici, quello che viene definito il “memorial tourism” o “nocturne”, tuttavia, non appena ci si addentri nel discutere di un altro tipo di turismo ed iniziative, non necessariamente legate alla guerra e al ricordo, si percepisce quasi del timore, come un freno all’entusiasmo.

Bisogna ricordare, non si può dimenticare, le persone, infatti vengono qui proprio per questo”: questo è il messaggio chiaro di tutti gli esponenti politici della città. La visita della città di Vukovar, infatti, è parte del piano didattico nazionale, che porta migliaia di studenti adolescenti alla scoperta delle proprie radici, dell’indipendenza della propria terra attraverso i monumenti della città. Ma si è davvero convinti che non si possa continuare a vivere, o meglio, rinascere dalle ceneri, pur senza dimenticare di essere la pietra miliare dell’indipendenza croata? Certamente ciò non al fine di offrire attrazioni turistiche sensazionali di una cittadina che, come ricorda il sindaco, “non è Parigi” ma, forse, per evitare che ogni anno venga eretto un nuovo monumento dedicato alla guerra in una città che già ne conta ben sette. “E’ un buon punto di vista su cui riflettere” afferma il sindaco e allora speriamo che sia davvero così.

È una tiepida giornata primaverile a Vukovar, sulle sponde del Danubio si iniziano ad intravedere le prime navi da crociera, presto scenderanno gruppi di turisti. Tante sono le opzioni per scoprire la città in modo forse del tutto inaspettato: dal Vucedol Museum, un museo sulla cultura preistorica della zona, ad una passeggiata nella zona del Borovo, dove i graffiti della Vukovar Street Art colorano le facciate dei palazzi e sorprendono ad ogni angolo, fino ad arrivare alla visita all’Eltz Manor, sede del museo della città. In giro per la città si scorgono composizioni floreali, stanno allestendo il Flower Festival: la città si colora e, per un momento, anche i cittadini possono e riescono a godersi qualche ora di spensieratezza. Dall’alto della torre dell’Acquedotto sventola la bandiera croata, con i fori ben in vista ricorda la forza, il coraggio e la volontà di non arrendersi che il popolo croato ha dimostrato nei lunghi mesi di conflitto a fuoco.

Concentrarsi sulla creazione di nuovi eventi e progetti non riempirà i buchi lasciati dai proiettili sull’acquedotto ma, forse, darà una speranza alle nuove generazioni, farà emergere una Croazia che a lungo è rimasta sconosciuta e permetterà a Vukovar di ricomparire sulla scena nazionale ed internazionale, bella e fiorente com’era un tempo.

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