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TURCHIA: L’eterno mediatore tra Russia e Ucraina

Lo scorso 24 giugno, mentre Prigožin e il gruppo Wagner si dirigevano verso Mosca, il presidente turco Recep Tayyip Erdoğan telefonava al Cremlino per affermare il proprio sostegno al presidente russo Vladimir Putin. Alcuni analisti hanno visto nel gesto del presidente turco una forma di ricompensa per l’appoggio di Putin nel 2016 durante il tentato colpo di Stato ai danni dello stesso Erdoğan. Ma probabilmente oltre a ciò e al tentativo del leader turco di porsi come mediatore nel conflitto russo-ucraino vi è un ulteriore fattore: i rapporti tra la Turchia e la Wagner.

Turchia e Wagner: due direzioni opposte

Classificato ufficialmente come gruppo di mercenari indipendenti, la Wagner ha operato militarmente dal 2014 in varie aree del mondo, trovandosi spesso sul fronte opposto a quello di interesse turco.

È il caso della Siria, dove gli uomini di Prigožin hanno agito al fianco del presidente siriano Assad contrapponendosi ai ribelli appoggiati proprio dalla Turchia di Erdoğan. Stesso discorso può essere effettuato per la questione libica, dove nel corso della guerra civile i mercenari della Wagner si sono schierati dalla parte del generale Haftar mentre il governo turco ha dato il proprio appoggio a Fayez al-Sarraj. Diversa è la questione in Sudan. Con la fine del regime di Omar al-Bashir nel 2019 la Russia ha deciso di sostenere il consiglio militare di transizione guidato da al-Burhan e di aiutare militarmente le forze armate sudanesi anche con degli addestramenti guidati dallo stesso gruppo Wagner . Secondo un’esclusiva della CNN, dallo scoppio del conflitto civile sudanese lo scorso aprile la Wagner starebbe fornendo armi alle RSF, formazione paramilitare composta principalmente dalle milizie Janjaweed (ritenute responsabili di crimini contro l’umanità durante il conflitto in Darfur) e che vede alla sua guida il generale Dagalo, vicepresidente del consiglio militare di transizione. Prigožin ha dichiarato che: “nessun combattente del gruppo Wagner è stato in Sudan da oltre due anni”, ma ben diversa l’opinione di Steven Mnuchin, ex segretario al tesoro USA durante l’epoca Trump, che nel 2020 affermava: “Prigožin e la sua rete stanno sfruttando le risorse naturali del Sudan per un guadagno personale e stanno diffondendo un’influenza maligna in tutto il mondo”. Più moderata la posizione di Erdoğan in Sudan, che lo scorso aprile si è posto come mediatore tra le due parti, ancora una volta, parlando della necessità di un ritorno al dialogo tra le forze in campo con l’obiettivo di proseguire il percorso intrapreso a partire dal 2019 .

Erdoğan: la questione svedese e il ruolo da eterno mediatore

Dopo essersi assicurato la vittoria al ballottaggio alle presidenziali di maggio, il presidente turco è tornato a concentrarsi sul ruolo da mediatore tra Russia e Ucraina. Secondo quanto dichiarato dal consigliere di Putin Yuri Ushakov, il presidente russo sarebbe stato invitato ad Ankara dallo stesso Erdoğan in una data nonancora stabilita, ma che dovrebbe verificarsi in tempi brevi.

Sebbene nel corso del conflitto la Turchia ha aiutato l’Ucraina con il rifornimento dei droni Bayraktar e ha chiuso lo Stretto dei Dardanelli alla Russia, il presidente turco non ha mai abbandonato la posizione di mediatore tra i due Paesi. In un’intervista rilasciata alla CNN lo scorso maggio Erdoğan ha affermato che la Turchia non avrebbe imposto sanzioni alla Russia come fatto dall’Occidente e che fra Russia e Turchia vi siano delle buone relazioni. Inoltre, una settimana dopo la vittoria al ballottaggio presidenziale, il presidente turco ha sottolineato l’importanza del ritorno al negoziato tra Russia e Ucraina e che la negoziazione debba essere l’idea dominante per evitare il continuo spargimento di sangue.

Un’altra delle questioni ancora irrisolte in cui la Turchia svolge un ruolo chiave è quella dell‘ingresso della Svezia nella NATO. Il presidente turco ha fatto cadere il veto sull’ingresso della Finlandia lo scorso 30 marzo, permettendo così l’adesione del Paese all’Alleanza Atlantica il 4 aprile 2023, ma alla Svezia non è toccata la stessa sorte. Se da un lato nelle scorse settimane è arrivato il via libera della Svezia per l’estradizione di Mehmet Kokolu, cittadino curdo condannato in passato in Turchia per trasporto di stupefacenti, ma che ha affermato che la sua richiesta di estradizione è dovuta al suo sostegno alla causa curda, dall’altro negli ultimi mesi ci sono stati diversi avvenimenti a dir poco “fastidiosi” per il presidente turco. Di pochi giorni fa è quanto accaduto a Stoccolma, dove un cittadino iracheno autorizzato dalla polizia ha incendiato un Corano dopo averlo preso a calci durante il primo giorno di Eid al-adha, la festa del sacrificio musulmana. La Svezia non è sicuramente estranea a queste situazioni, dato che già a gennaio scorso estremisti di destra avevano suscitato l’ira dei musulmani incendiando un Corano di fronte all’ambasciata turca. La reazione del mondo islamico non si è fatta attendere: Rabat ha richiamato il proprio ambasciatore a tempo indeterminato, a Baghdad è stata assaltata l’ambasciata svedese e lo stesso Erdoğan ha affermato che “insegneremo agli arroganti occidentali che insultare i simboli sacri dei musulmani non è libertà di pensiero”.

In un anno e mezzo di guerra, il risultato più importante raggiunto da Erdoğan nel ruolo di mediatore tra Russia e Ucraina resta senza dubbio l’accordo sul grano. Per il resto, questa posizione è stata ricoperta da ben altri attori, tra cui perfino il papato. Difficile dire, quindi, se la Turchia riuscirà ad avere una vera e propria influenza nella risoluzione sempre più difficile di questo conflitto.

(Foto: Anadolu Ajansi)

Chi è Marco Pedone

Classe 1999, una laurea in Lingue e Civiltà Orientali presso l'Università La Sapienza di Roma, dove ha avuto modo di approfondire lo studio dell'arabo e del persiano. Appassionato di Vicino Oriente, area MENA e sport.

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