Vincitore della Palma d'Oro nel 2014, l'eclettico cineasta turco Nuri Bilge Ceylan ritorna trionfante a Cannes con un-opera destinata a soprendere anche i suoi più accanniti ammiratori.

CINEMA: Cannes, About Dry Grasses di Nuri Bilge Ceylan

Vincitore della Palma d’Oro nel 2014, l’eclettico cineasta turco Nuri Bilge Ceylan ritorna trionfante a Cannes con About Dry Grasses, un’opera destinata a soprendere anche i suoi più accanniti ammiratori.

In un certo senso, About Dry Grasses riprende da dove Ceylan è rimasto con il suo film precedente, L’albero dei frutti selvatici. Nel film del 2018, il protagonista lamenta la prospettiva di essere inviato come insegnante in una regione della Turchia orientale, considerata più pericolosa e meno accattivante dai giovani che tentano l’ammissione nella graduatoria del sistema educativo. Il protagonista di About Dry Grasses è proprio un insegnante che si ritrova, suo malgrado, in un villaggio innevato ad Est, e che spera in un prossimo trasferimento ad Istanbul.

Chi conosce le opere di Ceylan ha potuto notare, nel corso degli anni, il graduale cambiamento che la sua poetica ha subito: partito con uno stile molto prossimo ad Andrei Tarkovskij con film come Kasaba ed Uzak, con C’era una volta in Anatolia ha adottato un maggiore utilizzo del dialogo, aspetto ulteriormente accentuato nel film che gli valse la Palma d’Oro, Il Regno d’Inverno – Winter Sleep, ispirato alle opere di Čechov. Mentre questi ed il film successivo, il già citato L’albero dei frutti selvatici, presentano una struttura chiara e percepibile già nei primi minuti del film, About Dry Grasses è un’opera che spaesa lo spettatore, lo confonde. L’incipit ricorda Il sospetto di Thomas Vinterberg: una studentessa accusa il maestro di atteggiamenti inconvenienti, causandogli difficoltà lavorative. Eppure, descrivere il film in tal senso è fuorviante, in quanto questa sottotrama viene parzialmente abbandonata o comunque collocata in disparte. Le prime due ore di questo lungometraggio di 196 minuti paiono sconnesse e senza una chiara linea rossa che le colleghi. Ceylan si concede, oltre ad una trama meno delineata, anche alcune scelte sperimentali che ulteriormente possono provocare confusione, introducendo un elemento di metacinema inedito per lui. Il finale chiarifica alcuni aspetti ed alcune scelte, ma non interamente la complessità dell’opera.

La densità del film si accompagna ad alcuni cambiamenti molto radicali nella poetica del regista: ormai il ritmo lento ereditato da Tarkovskij è pressocché completamente sfumato e compare solo in momenti molto sporadici, il montaggio delle prime scene è più “mainstream”, i movimenti di cinepresa più bruschi ed improvvisi. Innegabile che sia un film di Ceylan: il protagonista è sviluppato in modo simile ai corrispettivi de Il Regno d’Inverno e di L’albero dei frutti selvatici, similmente a loro è antipatico, orgoglioso, arrogante, ma non per questo meno interessante; la neve, da sempre firma indiscutibile di Ceylan, è onnipresente, anche se assume un connotato negativo rispetto alla caratteristica ammirazione di Uzak o anche de L’albero dei frutti selvatici.

La sensazione è che About Dry Grasses sia un’opera transitoria, sia che costituisca la parte centrale di un trittico insieme al suo predecessore ed un potenziale terzo lungometraggio ancor, sia che Ceylan lo abbia diretto con lo scopo di ricercare nuove tecniche e stili – oltre che per raccontare una storia certamente particolare.

In Italia, Movies Inspired detiene i diritti di distribuzione di About Dry Grasses, si prevvede un’uscita nel corso dell’anno.

 

Chi è Viktor Toth

Cinefilo focalizzato in particolare sul cinema dell'est, di cui scrive per East Journal, prima testata a cui collabora, aspirante regista. Recentemente laureato in Lingue e Letterature Straniere all'Università di Trieste, ha inoltre curato le riprese ed il montaggio per alcuni servizi dal confine ungherese-ucraino per il Telefriuli ed il TG Regionale RAI del Friuli-Venezia Giulia.

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