bomba al fosforo

Cosa fa una bomba al fosforo, tipo a Bakhmut

Le bombe al fosforo o, meglio, al fosforo bianco sono armi chimiche il cui uso è tuttavia consentito come ordigno incendiario, come illuminante o tracciante. Quando esplodono, oltre alle lesioni dirette causate da frammenti dei loro involucri, le bombe al fosforo bianco possono causare ustioni e possono uccidere se l’agente chimico viene inalato.

Fondere l’acciaio

In parole povere, questo tipo di bomba contiene tante “palline” di fosforo bianco grandi come una moneta (talvolta si tratta di feltro impregnato di fosforo) e ogni “pallina” si attacca a quello che tocca e a contatto con l’ossigeno dell’aria si incendia raggiungendo rapidamente la temperatura di circa 800 gradi ma può arrivare a 2500 gradi. L’acciaio, tanto per intenderci, fonde tra i 1200 e i 1500 gradi. In pratica, è un piccolo sole, migliaia di piccoli soli che fondono qualsiasi cosa. Le “palline” di fosforo non si staccano finché bruciano, e possono bruciare per alcuni minuti trapassando e fondendo ogni materiale. Se una di queste “palline” colpisce un essere umano, quello che accade si può facilmente immaginare. Le ustioni perforano le carni, i corpi possono bruciare e liquefarsi. Anche piccole schegge possono provocare ustioni profonde e, se assorbito dall’organismo, il fosforo può uccidere causando danni fisiologici ai reni, al cuore e al fegato.

Armi vietate, ma non del tutto

Si tratta di armi vietate dalla convenzione sulle armi chimiche (CAC) che limita, ai paesi firmatari, l’uso militare del fosforo solo a fini differenti da quello di arma chimica — quindi ne consente l’uso militare come illuminante o tracciante.
Tra i principali produttori di bombe al fosforo ci sono gli Stati Uniti, la Russia, l’India mentre accuse di aver utilizzato ordigni al fosforo bianco sono state rivolte anche a Israele, oltre che ai governi di Washington e Mosca. Uno dei casi più noti e discussi fu il bombardamento al fosforo di Falluja, in Iraq, da parte dell’esercito americano. Ancora oggi non è chiaro se in quell’occasione il fosforo sia stato usato contro le persone oppure, come alcune evidenze sembrano dimostrare, sia esploso in aria creando una spessa cortina fumogena – utilizzo, questo, consentito dalle convenzioni internazionali. La Russia è stata recentemente accusata di aver usato bombe al fosforo durante l’assedio di Mariupol’ ma il Cremlino ha sempre negato.

A Bakhmut mille piccoli soli

Bakhmut si è illuminata di mille piccoli soli durante la notte del 5 maggio scorso, quando una pioggia di fuoco si è riversata sulla città. Lampi notturni, edifici incendiati. Un video rilasciato dalle forze armate ucraine – registrato probabilmente da un drone – lascia pensare che si tratti di fosforo. Un’analisi della BBC del video pubblicato dal ministero della Difesa ucraino ha circoscritto l’area colpita individuandola appena a ovest di un ospedale pediatrico abbandonato. Tuttavia, la BBC non si sbilancia: “Mentre è confermato che l’attacco ha utilizzato un tipo di munizioni incendiarie, non è possibile verificare l’uso del fosforo”. In ogni caso, l’area colpita era presumibilmente spopolata e priva di soldati ucraini. Al momento non si registrano vittime.

La Wagner e gli scontri interni

L’attacco arriva il giorno dopo che Evgenij Prigožin, capo del gruppo paramilitare russo Wagner, ha dichiarato che avrebbe ritirato le sue forze da Bakhmut il 10 maggio per mancanza di rifornimenti militari. In un recente video si vede Prigožin che cammina tra i cadaveri dei soldati, di notte, mentre rivolge accuse e insulti a Valerij Gerasimov, capo di Stato maggiore dell’esercito russo, e a Sergej Shoigu, generale e ministro della Difesa, colpevoli di non fornire munizioni ai suoi mercenari. Prigožin interpreta così il macabro copione della vittima, abbandonato come i suoi soldati “che sono figli e padri di qualcuno”, mentre a Mosca gli alti papaveri vivono nel lusso e i loro figli “fanno i video su YouTube”.

 

Dopo la diffusione del video, sembra che le munizioni tanto attese siano arrivate e che Wagner non lascerà la città assediata. Si stima che la Wagner abbia perso i tre quarti dei propri effettivi a Bakhmut e sia ormai inutile ai disegni del Cremlino. Tuttavia, nella lotta interna tra gli oligarchi alla corte di Putin, si gioca anche il destino della guerra e, in certa misura, della Russia stessa. Le ambizioni di potere di Prigožin sono note, e il ruolo dell’ultradestra – di cui è esponente di spicco – nel futuro assetto del paese non è da sottovalutare. Ma non basterà il fosforo a illuminarlo.

l’immagine raffigura un ordigno al fosforo lanciato presso Douma, in Siria – HAMZA AL-AJWEH / AFP

Chi è Matteo Zola

Giornalista professionista e professore di lettere, classe 1981, è direttore responsabile del quotidiano online East Journal. Collabora con Osservatorio Balcani e Caucaso e ISPI. E' stato redattore a Narcomafie, mensile di mafia e crimine organizzato internazionale, e ha scritto per numerose riviste e giornali (EastWest, Nigrizia, Il Tascabile, Il Reportage). Ha realizzato reportage dai Balcani e dal Caucaso, occupandosi di estremismo islamico e conflitti etnici. E' autore e curatore di "Ucraina, alle radici della guerra" (Paesi edizioni, 2022) e di "Interno Pankisi, dietro la trincea del fondamentalismo islamico" (Infinito edizioni, 2022); "Congo, maschere per una guerra"; e di "Revolyutsiya - La crisi ucraina da Maidan alla guerra civile" (curatela) entrambi per Quintadicopertina editore (2015); "Il pellegrino e altre storie senza lieto fine" (Tangram, 2013).

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