partigiani bielorussi

Chi sono i partigiani bielorussi che combattono contro Mosca?

Chi sono i partigiani bielorussi che da mesi portano avanti azioni di guerriglia contro i russi e contro il regime di Lukashenko? Perché i rapporti tra l’opposizione bielorussa e il governo ucraino sono tesi? E l’Occidente che ruolo ha?

L’attacco all’aereo russo

Azioni di guerriglia, atti di sabotaggio a ferrovie e infrastrutture, persino un attacco a una base aerea russa. Un gruppo – non si sa quanto numeroso – di paramilitari e guastatori bielorussi colpisce da mesi le retrovie dell’esercito russo, rendendogli difficile il trasporto di uomini e mezzi verso il fronte ucraino. Combattono contro le truppe del Cremlino ma anche contro il regime di Lukashenko, che ha messo a disposizione dei russi il territorio nazionale, rendendosi complice dell’aggressione nei confronti di Kiev. L’atto di sabotaggio più recente, e più eclatante, ha avuto luogo il 27 febbraio scorso ed è stato quello verso un Beriev A-50 russo, aereo militare per la sorveglianza radar, necessario per coordinare attacchi aerei e terrestri. Il velivolo si trovava all’interno della base militare di Machulishchy, nei pressi di Minsk, ed è stato colpito da due droni che lo hanno danneggiato abbastanza da renderlo inutilizzabile.

La guerriglia, longa manus dell’opposizione?

Si tratta di un salto di qualità per la guerriglia bielorussa, fino ad allora impegnata unicamente in sabotaggi a ferrovie, tanto da guadagnarsi l’appellativo di “guerriglia ferroviaria”. Coordinata da un gruppo di dissidenti, riuniti nell’Associazione delle Forze di Sicurezza bielorusse (BYPOL), la resistenza bielorussa è l’evoluzione armata della protesta pacifica che, dal 2020 e per più di un anno, tentò di rovesciare il regime di Lukashenko. La BYPOL è stata fondata a Varsavia da alcuni esuli, tra cui Svetlana Tikhanovskaya, la donna che sfidò Lukashenko alle elezioni presidenziali del 2020, diventando il simbolo dell’opposizione. Insieme a lei, ex-militari e funzionari bielorussi, come Andrei Ostapovich, commissario di polizia che si dimise dal suo incarico in protesta contro la repressione del regime verso i manifestanti, e Aliaksandr Azarau, già ufficiale di polizia e oggi a capo del gabinetto del governo-ombra bielorusso all’estero.

Azarau ha dichiarato a Deutsche Welle che la guerriglia è pronta a nuova azioni, confermando il legame tra la BYPOL e la resistenza bielorussa, composta perlopiù da ufficiali e membri delle forze armate che hanno defezionato, unendosi all’opposizione. Non mancherebbero però giovani attivisti, come dimostrano l’arresto e la condanna di Dmitrii Klimav, Uladzimir Avramtsev e Yevhen Minkevich, colpevoli di aver distrutto una cabina elettrica, bloccando il traffico ferroviario, e per questo accusati di terrorismo e condannati a 22 anni di reclusione. Tuttavia, l’attività dei sabotatori non si limiterebbe ad azioni militari, ma anche alla cyberguerrilla e ad azioni di resistenza civile, contando su una rete di circa duecentomila persone sparse per il paese. “Qualcosa di cui Lukashenko deve preoccuparsi”, ha affermato Azarau, negando però qualsiasi coordinamento e relazione con il governo di Kiev.

La reazione del regime

E infatti Lukashenko si è preoccupato. L’autocrate ha infatti annunciato la formazione di milizie para-militari “in ogni villaggio” per affiancare i 45mila soldati già attivi a supporto dei russi. Il ministro della Difesa, Viktor Khrenin, ha detto che si tratterà di una forza di 150mila uomini in armi, che tuttavia continueranno a fare la propria vita e il proprio lavoro, venendo mobilitati “in caso di pericolo”. Il pericolo è proprio quello di una guerriglia che, armata di droni, non si limiti più a occasionali attentati ferroviari ma lanci veri e propri attacchi ad obiettivi militari, proprio come nel caso del Beriev A-50 russo. La provenienza dei droni non è nota, ma è facile ipotizzare l’interessamento di qualcuno interessato a fornirli, e l’elenco non è lunghissimo.

I rapporti tesi con Kiev

Il governo ucraino e l’opposizione bielorussa condividono lo stesso nemico, il Cremlino, ma l’antagonismo reciproco sta facendo deragliare qualsiasi fronte comune contro Mosca. Come spiega Sergei Kuznetsov su Politico, in un articolo dal titolo Why Ukraine and the Belarusian opposition are fighting each other, i leader dell’opposizione bielorussa accusano Kiev di riluttanza a cooperare mentre il governo ucraino è deluso dall’incapacità dell’opposizione bielorussa di portare la gente in piazza e destabilizzare Lukashenko ritenendo, a torto o a ragione, che l’opposizione non abbia alcuna presa sulla società. Un appello lanciato lo scorso anno da Svetlana Tikhanovskaya, leader dell’opposizione bielorussa in esilio, affinché  l’Ucraina “creasse un’alleanza con la Bielorussia democratica, combattesse insieme e sostenesse la resistenza bielorussa”, è stato accolto nel silenzio.

All’indomani delle proteste, Tikhanovskaya ha cercato in ogni modo il supporto dell’Occidente ma è solo con l’invasione su vasta scala dell’Ucraina che qualcosa si è mosso. Tuttavia, al si là di qualche generica dichiarazione di sostegno, nessuno sembra realmente interessato ad aiutare i bielorussi, nemmeno gli ucraini: “Prima della guerra, Lukashenko era un politico popolare in Ucraina, la gente lodava il latte gustoso e le buone strade della Bielorussia”, ha detto Tikhanovskaya. Ancora adesso i rapporti con la leadership ucraina rimangono limitati e l’opposizione bielorussa pensa che Kiev stia commettendo un errore non rompendo apertamente con Lukashenko: “Comprendiamo che le autorità ucraine non vogliano provocare Lukashenko. Ma se pensano che questo lo fermerà, si sbagliano”.

Il disinteresse dell’Occidente

Più realisticamente, è probabile che il governo ucraino agisca secondo le linee guida dei partner occidentali i quali non sono interessati alla situazione in Bielorussia, né desiderano aprire un nuovo fronte col Cremlino. La Bielorussia non è mai stata in cima all’agenda europea, né tantomeno atlantica. Povero com’è di ogni cosa, e strategicamente inutile – sia all’Occidente, sia a Mosca – il paese può benissimo stare dove sta, nell’orbita russa, nelle mani di un autocrate che tante volte, in passato, è stato accolto a braccia aperte dai governi occidentali.

Foto del ministero dell’Interno della Federazione russa, mostra soldati russi attivi in una non precisata simulazione anti-terrorismo in Bielorussia

 

Chi è Matteo Zola

Giornalista professionista e professore di lettere, classe 1981, è direttore responsabile del quotidiano online East Journal. Collabora con Osservatorio Balcani e Caucaso e ISPI. E' stato redattore a Narcomafie, mensile di mafia e crimine organizzato internazionale, e ha scritto per numerose riviste e giornali (EastWest, Nigrizia, Il Tascabile, Il Reportage). Ha realizzato reportage dai Balcani e dal Caucaso, occupandosi di estremismo islamico e conflitti etnici. E' autore e curatore di "Ucraina, alle radici della guerra" (Paesi edizioni, 2022) e di "Interno Pankisi, dietro la trincea del fondamentalismo islamico" (Infinito edizioni, 2022); "Congo, maschere per una guerra"; e di "Revolyutsiya - La crisi ucraina da Maidan alla guerra civile" (curatela) entrambi per Quintadicopertina editore (2015); "Il pellegrino e altre storie senza lieto fine" (Tangram, 2013).

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