Montenegro presidente

MONTENEGRO: Verso le elezioni presidenziali, un voto politico

Il Montenegro si avvia verso le elezioni presidenziali del 19 marzo. Tra volti noti e irregolarità pre-voto, le urne saranno un banco di prova importante in vista delle elezioni politiche anticipate.

A breve, il Montenegro potrebbe uscire dallo stallo istituzionale che blocca la sua vita politica interna ormai da agosto. Il 19 marzo sono difatti previste le elezioni presidenziali, in cui si sfideranno il redivivo presidente della Repubblica e leader del Partito Democratico dei Socialisti (DPS), Milo Djukanović, e alcuni candidati dell’attuale maggioranza, vincitrice delle elezioni politiche del 2020. Aldilà del ruolo limitato che svolge il presidente della Repubblica nel sistema politico montenegrino, le urne saranno un banco di prova fondamentale in vista delle elezioni politiche anticipate, con la quale si arriverà a una ridefinizione dei rapporti di forza in parlamento. Con molta probabilità, la disputa si risolverà al ballottaggio previsto per il 2 aprile.

I candidati e i programmi elettorali

Al termine della necessaria nomina dei nuovi giudici della Corte Costituzionale, che era bloccata dallo scorso 20 settembre, e di una delle campagne elettorali più brevi della storia del paese, a contendersi la carica, oltre all’attuale presidente, ci saranno Andrija Mandić, uno dei leader del partito filoserbo Fronte democratico (DF), Jakov Milatović, esponente del neo-formato movimento Evropa sad (Europa adesso, PES) di matrice liberale, e Aleksa Bečić, leader dei Democratici, partito centrista che alle recenti elezioni amministrative non ha ottenuto buoni risultati, ma che può comunque contare sull’appoggio del primo ministro Dritan Abazović e del suo Movimento Civico URA. Lo scorso 11 marzo è stata siglata un’alleanza proprio tra URA e i democratici, per confermare la candidatura di Bečić e con lo scopo di presentarsi con una lista comune nei prossimi cicli elettorali. Inoltre, nella corsa rientrano Draginja Vuksanović-Stanković, del Partito Socialdemocratico (SDP), e Goran Danilović, leader dei conservatori di Montenegro Unito (UCG).

Gran parte dei programmi elettorali dei sei candidati presentano dei punti comuni, a partire dall’ingresso del Montenegro nell’Unione europea nell’arco dei prossimi anni, passando per riforme amministrative e della giustizia, lotta alla corruzione e rafforzamento delle istituzioni. Obiettivi più concreti da raggiungere sono stati lanciati, almeno a parole, dai candidati più accreditati a raggiungere il ballottaggio. Djukanović (DPS) punta infatti a raggiungere uno stipendio mensile medio pari a 1500 euro, mentre Mandjić tra le sue promesse annovera nuovi posti di lavoro, nuove fabbriche e un miglioramento generale dell’economia attraendo nuovi investimenti. Ma la vera novità sta nell’idea di riconciliamento nazionale che il candidato del partito filo-serbo continua a proporre, sostenendo di aver sbagliato ad alimentare le divisioni nazionali e religiose presenti in Montenegro, un chiaro riferimento alle polemiche del 2020 riguardanti la proposta di legge sulle comunità religiose, che esacerbarono il conflitto tra quella parte della popolazione che si sente legata alla Serbia e chi invece si definisce esclusivamente montenegrino. Il fine di una simile campagna è chiaro, allargare il suo bacino tradizionale di voti, ma gli esiti di una mossa simile sono incerti. Anche Milatović di PES ha buone possibilità di raggiungere l’eventuale ballottaggio, e nei suoi discorsi parla di UE, dignità internazionale, depoliticizzazione delle istituzioni e diplomazia economica per attrarre gli investitori. Bečić infine, pur avendo registrato un calo di consensi alle amministrative, puo’ sperare in un secondo turno, in virtù dell’appoggio del premier. Molto probabilmente, chi tra Mandjić, Milatović e Bečić riuscirà ad avere il maggior numero di voti, sfiderà il presidente uscente al ballotaggio, nella speranza di convogliare su di sé tutti i voti di chi si oppone a Djukanović.

Djukanović, verso il terzo mandato?

E’ bene comunque ricordare che il presidente della Repubblica montenegrina ha poteri limitati, di certo non determina e non attua la politica economica. L’ obiettivo non troppo velato per i partiti sono le elezioni politiche anticipate, ancora da stabilire. Milo Djukanović, alla ricerca del suo terzo mandato presidenziale che gli garantirebbe 37 anni di potere ininterrotto, lo sa bene. Il suo partito ha registrato un forte calo dei consensi e alle ultime elezioni politiche del 2020, il DPS è stato relegato all’opposizione dopo trent’anni al governo. Il partito del sempiterno presidente, tuttavia, potrebbe beneficiare di due anni di governo altrettanto disastrosi dell’attuale maggioranza, fatti di continue crisi di governo mai realmente risolte, nonché della scelta delle forze di maggioranza di presentarsi con tre candidati distinti (Mandić, Milatović e Bečić), anziché con un unico candidato. La strada verso un ballottaggio per il leader del DPS sembrerebbe perciò priva di ostacoli significativi, tanto che nella sua campagna parlava già di governo incentrato su 3 punti: ingresso nell’UE, sviluppo economico e del tenore di vita, e conservazione della società civile.

Verso le urne

In vista delle urne, sarà necessario assicurare la regolarità della tornata elettorale. Già lo scorso 14 marzo, la procura di Podgorica ha avviato le indagini sulla falsificazione delle firme raccolte da tre candidati alla presidenza, sulla base delle denunce arrivate da più di 90 cittadini e ONG. La legge elettorale prevede, infatti, che ogni candidato alla presidenza debba presentare 8101 firme di supporto con i relativi numeri identificativi. Tali denunce sono state presentate dopo che il software di controllo delle firme, l’8 marzo, aveva invitato i cittadini a controllare che non vi fossero delle violazioni dei propri dati personali. La procura sta ora indagando sulla raccolta firme di Goran Danilović, Draginja Vuksanović-Stanković, e quella dell’improbabile influencer Jovan Radulović Jodzir. Il problema dell’irregolarità delle firme si era già presentato nelle elezioni avvenute in passato, ma senza la modifica della legge elettorale è destinato a permanere.

Aldilà di tali irregolarità, le elezioni presidenziali sono il secondo passo, dopo la nomina dei giudici della Corte Costituzionale, affinché il Montenegro esca dallo stallo istituzionale e riesca a dotarsi di una maggioranza di governo. Non resta che aspettare i risultati delle urne.

Foto: Wikicommons

Chi è Lorenzo Serafinelli

Classe 1999, laureato in Scienze Politiche e Relazioni Internazionali presso l'Università di Roma, la Sapienza. Attualmente, presso lo stesso istituto, sta conseguendo la laurea magistrale in Relazioni Internazionali e sicurezza globale. Esprime la sua passione per la storia e l'attualità dei Balcani Occidentali scrivendo per East Journal da luglio 2022.

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