Tra gli svariati documentari presentati al Festival di Berlino e che mostrano la guerra in Ucraina, uno dei più riusciti è il polacco In Ukraine di Tomasz Wolski e Piotr Pawlus.

CINEMA: In Ukraine, filmare la guerra. Intervista con i registi dalla Berlinale

Tra gli svariati documentari presentati al Festival di Berlino e che mostrano la guerra in Ucraina, uno dei più riusciti è il polacco In Ukraine di Tomasz Wolski e Piotr Pawlus

La guerra attraverso i suoi effetti sulla vita quotidiana: questa la sfida di In Ukraine, opera interamente composta da campi lunghi, senza commento, che mostra carri armati russi abbandonati, i tentativi di ricostruzione da parte della popolazione, una vita che continua nonostante la distruzione, i bombardamenti, le carenze alimentari. Tomasz Wolski è un documentarista ormai consolidato che ha spesso lavorato con materiale di repertorio, come per 1970, e che ha collaborato con Sergei Loznitsa per il montaggio dei suoi ultimi due film, Baby Yar. Context e The Kiev Trial. Abbiamo visto in Italia le sue opere precedenti presso il Trieste Film Festival. Si fa affiancare dal direttore della fotografia Piotr Pawlus. East Journal lo ha intervistato alla Berlinale.

Considerando che ciascuno di voi ha esperienze passate, uno nell’ambito della fotografia e l’altro nel montaggio, come ha funzionato la regia di questo film?

Wolski: Sono un regista, non ho un passato legato al montaggio, generalmente monto i miei film e spesso ne curo anche la fotografia. In Ukraine è il primo film che non ho filmato io perché la produzione non è avvenuta nel solito modo: Piotr si trovava lì a fare le riprese, gli ho proposto il concept del film ed ha accettato di farlo secondo il modo in cui l’ho immaginato. Per questo motivo, visto che Piotr si trovava lì e doveva prendere molte decisioni sul campo, e si è reso conto che c’erano cose che non poteva riprendere ed altre più interessanti, lui sia ha fotografato che co-diretto il film.

Com’è nata l’idea di andare in Ucraina e come è stata l’esperienza di riprendere la guerra sul campo?

Pawlus: All’inizio della guerra, nelle prime due settimane, mi sono spostato in macchina con aiuti umanitari e sono rientrato [in Polonia] portando alcune persone con me, in seguito ho deciso di tornare in Ucraina come film-maker. Non sono un fotografo o un regista di guerra quindi non sapevo come sarebbe stato. Ho preparato i permessi. Ho imparato come essere lì passo dopo passo, giorno dopo giorno, perché ogni giornata era diversa. Avevamo la lista delle scene che servivano e dovevo capire sul momento cosa potevo o non potevo fare, ero aperto a seguire il mio intuito. Mi sono trovato nel Sud, vicino ad Odessa, Nikolaev, nella regione di Kyiv, a Chernikov e Kharkiv e vicino al confine del Donbas ma non sono entrato nel territorio perché a noi interessava la vita quotidiana, volevamo far vedere come le persone vivono ogni giorno in tempi di guerra.

L’idea di focalizzarsi sugli effetti della guerra più che sulla guerra è nata dalla necessità data dal materiale o era in programma già da prima delle riprese?

Wolski: L’idea era sin dall’inizio che ci saremmo focalizzati più sul quotidiano che sulla guerra, perché riprendere il conflitto è semplicemente pericoloso, e non potevo mettere Piotr in una situazione del genere, sarebbe stato irresponsabile. Possiamo già immaginare com’è la guerra, e noi eravamo più interessati a com’è la vita quotidiana in una situazione anormale.

Tomasz, lei ha recentemente collaborato con Sergei Loznitsa al montaggio di due suoi documentari. Ritiene che l’esperienza vi abbia influenzato?

Wolski: Sergei è un maestro del cinema documentario, del lavorare usando le immagini di repertorio. Anch’io ho iniziato la mia carriera usando le immagini d’archivio. Quando mi ha proposto di collaborare come montatore, è stata una notizia fantastica. Certamente mi ha influenzato per quanto riguarda il lavoro con il sonoro. Se ricordi Blokada, è un film stupendo non solo per via della fotografia ma anche per via del sonoro, il foley, i dialoghi di sottofondo e ritengo che abbiamo messo in atto queste tecniche nel nostro film, In Ukraine. Il nostro sound designer, Igor Kazmirchuk, ha lavorato molto sul sonoro. Certamente, anche il metodo con cui Sergei lavora, i campi lunghi, statici, è qualcosa che ci interessava, per via della storia e dell’argomento di cui volevamo parlare, era il modo migliore per farlo.

Qual è la cosa che vi ha colpito di più del materiale raccolto o dell’esperienza?

Pawlus: Per me è stato l’inizio del viaggio, perché non sapevo dove andare e mi ponevo di continuo tantissime domande, quando facevo le valigie non sapevo cosa portarmi dietro, una volta ho portato un sacco a pelo e non mi è servito, la volta dopo non l’ho portato e faceva freddo e ne avrei avuto bisogno. Era un periodo stressante.

Wolski: Mi ha colpito il contrasto che Piotr ha catturato, per esempio nella scena del parco giochi con la squadra che lo esamina per cercare mine. Ci dice molto riguardo alla crudeltà della guerra.

Chi è Viktor Toth

Cinefilo focalizzato in particolare sul cinema dell'est, di cui scrive per East Journal, prima testata a cui collabora, aspirante regista. Recentemente laureato in Lingue e Letterature Straniere all'Università di Trieste, ha inoltre curato le riprese ed il montaggio per alcuni servizi dal confine ungherese-ucraino per il Telefriuli ed il TG Regionale RAI del Friuli-Venezia Giulia.

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