Russia, il fallimento morale. Come in Francia si parla della guerra

Il fallimento morale, così il settimanale francese l’Express parla della Russia putiniana, toni difficili da trovare nei giornali italiani…

Il numero in edicola questi giorni del settimanale francese L’Express, prende una posizione nettissima sul caso dell’aggressione russa all’Ucraina, ponendo in luce concetti evidenti, che in Italia non lo sembrano affatto, considerando una zona grigia molto percepibile in parte della sinistra come della destra, che non accettano la posizione atlantista dei governi più recenti, e sostanzialmente condividono la politica neostalinista e imperialista del Cremlino.

Già il titolo in copertina denuncia un aspetto importante della situazione, che in Italia in pochi si sognerebbero di far notare: “Russia: il fallimento morale”  All’interno il pezzo principale titola: “Il naufragio morale della Russia”, e il sottotitolo: “La deriva deleteria del Cremlino dà le vertigini. Il suo discorso di vittimizzazione giustifica il cinismo più assoluto e le peggiori atrocità militari”. Parole difficili da ascoltare in Italia, dove il realismo cinico dei molti simpatizzanti con l’aggressore si mescola alle lamentazioni per le perdite economiche indotte dalla crisi bellica. All’interno dell’articolo si analizza con lucidità il cancro rappresentato dal dittatore e le metastasi diffuse in tutto il paese.

La specialista Galia Ackerman conferma che il progetto del dittatore, cupo e mortifero, vuole restaurare la potenza sovietica, ma non propone alla società che un culto della morte e del sacrificio, un patriottismo cieco, che manda un’intera gioventù al macello. L’articolo ripercorre il degrado morale attraversato dal paese, che ha avuto le sue origini nel terrore staliniano e si è accentuato sotto l’autocrazia attuale fondata sulla violenza, espressa all’esterno con la guerra genocida in Cecenia, e le guerre successive in Georgia, Siria e Ucraina. L’assenza totale di riflessione critica sul passato, e anzi la riabilitazione della figura di Stalin, si mescolano con la propaganda ossessiva, e con la militarizzazione delle coscienze, iniziata secondo la storica nel 2012. Per risvegliare i russi, secondo lo scrittore Iegor Gran, figlio di Andrei Siniavskij, servirebbe uno choc, una disfatta del loro modo di pensare, e una disfatta del paese, lanciato in una guerra ingiustificabile.

In articoli successivi si parla con chiarezza de “La chiesa al servizio della guerra” e di “Un esercito di criminali di guerra“. Uno schema a tutta pagina mostra graficamente “Dieci anni di repressione feroce”. Chissà come reagirebbero in Italia certi filosofi o certi nostalgici, posto che in molti sembrano dimenticare che da più di trent’anni il paese aggressore è una cleptocrazia capitalista, che conserva solo esteriormente i fregi e l’estetica del periodo sovietico, ad uso dei nostalgici e dei malintenzionati, attivi in modo opaco in molte parti d’Europa. Il discorso ipocrita portato avanti sottotraccia dai molti sostenitori dell’aggressore si basa spesso su subdole considerazioni economiche, per sobillare uno scontento generico e populista, che inciti a una conclusione rapida del conflitto, a beneficio dell’invasore. Il resto lo fa il potente antiamericanismo, capace di accecare parte della stampa e diversi storici nostalgici (in modo più o meno esplicito) delle varie autocrazie del secolo passato.

Ciò che appunto sembra sfuggire in Italia, e che viene sottolineato da l’Express,  è il degrado morale del paese aggressore, il blocco mafioso di Stato e Chiesa, il neoimperialismo acefalo e sanguinario, il “nulla ideologico mafioso” (come direbbe Pasolini) che affligge l’immenso paese, da trent’anni in mano a un potere criminale, dove lo Stato è solo una delle mafie concorrenti. In Italia, filosofi, politici e giornalisti assumono invece un tono lamentoso, anche di fronte a conclamati crimini di guerra, e sembrano compiangere il povero esercito dell’armata rossa sovietica, che si sacrifica nell’invasione dell’Ucraina per difendere le conquiste del socialismo, l’ottobre rosso di fronte alle potenze plutocratiche capitaliste. Non si capisce davvero se prevalgano l’ignoranza o la malafede. Più probabilmente la seconda.

Chi è Giovanni Catelli

Giovanni Catelli, cremonese, è scrittore e poeta, esperto di cultura e geopolitica dell’Europa orientale. Suoi racconti sono apparsi in numerose testate e riviste, tra cui il Corriere della Sera, la Nouvelle Revue Française, Nazione Indiana, L’Indice dei Libri. Ha pubblicato In fondo alla notte, Partenze, Geografie, Lontananze, Treni, Diorama dell'Est, Camus deve morire, Il vizio del vuoto, Parigi e un padre (candidato al Premio Strega 2021). Geografie e Camus deve morire (con prefazione di Paul Auster) sono stati tradotti in varie lingue. Collabora con Panorama e dirige Café Golem, la pagina di cultura di East Journal. Da più di vent'anni segue gli eventi letterari, storici e politici dell'Europa orientale, e viaggia come corrispondente nei paesi dell'antico blocco sovietico.

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