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REP. CECA: Approvato il Magnitsky Act contro enti ed oligarchi esteri che violano i diritti umani

Il Magnitsky Act permetterà al governo ceco di sanzionare enti e persone colpevoli di violazioni dei diritti umani all’estero.

Il nome che reca è quello di Sergej Leonidovič Magnitskij, l’avvocato russo noto per le sue lotte contro la corruzione e, soprattutto, per aver assistito l’investitore americano William Browder che, in Russia, si vide defraudato 180 milioni di euro, illecitamente sottratti al fondo Hermitage Capital a seguito di misteriose trascrizioni delle sue società, previa false documentazioni, ad altri proprietari russi. Nel 2008, Magnitskij fu arrestato dalle autorità russe per presunti, leggi pretestuosi, illeciti fiscali, per, poi, morire il 16 novembre dell’anno seguente, per un (questo, sì, presunto) “arresto cardiaco”, ma evidentemente per i maltrattamenti e le torture subiti in carcere. Lo stesso Browder venne condannato in contumacia dal tribunale di Mosca a 9 anni per evasione fiscale.

Si chiama, dunque, Magnitského zákon il Magnitsky Act ceco approvato, il 1° dicembre, con 53 voti su 65 presenti, dal Senato ceco (già vagliato positivamente dalla Camera in ottobre con 112 alzate di mano su 130 deputati presenti) che, a partire dal nuovo anno quando entrerà in vigore, consentirà al governo ceco di sanzionare sul territorio della Repubblica ceca qualsiasi attività di rappresentanti di paesi e organizzazioni che violano i diritti umani, ricorrono a metodi terroristici e commettono attacchi cibernetici. In particolare, il governo potrà, su raccomandazione del ministero degli Esteri, vietare l’ingresso nel paese, congelare conti correnti, vietare transazioni economiche con soggetti di diritto ceco nonché escluderli dagli appalti pubblici. Il compito di valutare i destinatari e suggerire le sanzioni sarà affidato a un nuovo dipartimento del ministero degli Esteri, appositamente preposto, che nella sua attività si avvarrà delle informazioni dei servizi di intelligence, ceco ed esteri.

La legge, ispirata al Magnitsky Act, l’analogo provvedimento firmato dall’ex presidente americano Barack Obama nel dicembre del 2012, è stata fortemente voluta dal ministro degli Esteri Jan Lipavský (in quota Pirati) che ne aveva evidenziato la necessità già nel 2019 quando era un semplice deputato nella precedente legislatura. A sua detta la legge si pone anche il proposito di “riportare il paese ai tempi dell’etica sui diritti umani di Václav Havel“, il fu presidente ceco, ex dissidente, passato alla storia per la lotta contro il regime comunista e, caduto il Muro, per l’accento che nel suo operato ha sempre posto sull’aspetto morale ed etico della vita politica. Non stupisce se allora a opporre forte resistenza all’approvazione della legge fu il presidente (ancora per poco) Miloš Zeman, da sempre distintosi per le sue posizioni apertamente filorusse, seguito a ruota dall’ex premier Andrej Babiš che ha ostracizzato l’approvazione della proposta legislativa. Così come non è un caso che, un anno fa, il presidente Zeman abbia tenuto a lungo in ostaggio la formazione del nuovo governo non digerendo proprio la nomina di Lipavský agli Esteri. Cambiata, nel 2021, la compagine governativa con la vittoria della coalizione pentapartitica liberal-democratica guidata dal premier in carica Petr Fiala, ecco arrivare anche il via libera all’iter legislativo. Un placet reso anche possibile dall’adozione, nel 2019, di una normativa europea che consente l’adozione nei singoli paesi di una legge dall’impatto internazionale.

Se vietare l’ingresso nella Repubblica Ceca a persone non grate, provenienti da paesi considerati a rischio in termini di rispetto dei diritti umani fondamentali, non sembra un ostacolo insormontabile, molto più complesso, invece, sarà, secondo gli esperti interpellati dai media, intervenire sui loro patrimoni e sulle loro attività economiche in un paese dove risultano esistere circa 20.000 società intestate a cittadini russi, di cui 1/4 si cela dietro sedicenti paradisi fiscali. Per non parlare della pluralità di possibili trascrizioni dall’alfabeto cirillico in quello latino di uno stesso nome, un camuffamento molto frequente. Praticamente il livello elementare della classica maskirovka russa. Frutti marci, questi, dell’eccessivo lassismo con cui, negli anni passati, si è. colposamente o colpevolmente che sia, sottovalutato il rischio securitario associato a tali infiltrazioni di soggetti apparentemente solo economici in realtà molto spesso legati a doppio filo con il Cremlino di cui sono chiamati a fare gli interessi a detrimento dei paesi ospitanti. Società matrioske che celano al loro interno spiacevoli e pericolose sorprese.

Con questa legge la Repubblica Ceca diventa, a fianco di Francia, Paesi Bassi, Estonia, Lituania e Lettonia, il sesto paese dell’Unione europea a scegliere di intervenire attivamente contro questi patrimoni senza, quindi, limitarsi passivamente alle sanzioni adottate a livello unionale. A livello globale, oltre ai summenzionati USA, leggi simili sono in vigore in Canada e nel Regno Unito. Curioso il fatto che in entrambi i passaggi parlamentari la legge non abbia ricevuto nessun voto contrario ma solo una manciata di astenuti quasi esclusivamente del partito xenofobo e di estrema destra SPD,a dimostrazione che, dopo tutti questi anni di malcelati flirt con il satrapo euroasiatico e nonostante l’incessante propaganda della quinta colonna cremlofila, nella Repubblica Ceca si fa sempre più radicata la consapevolezza sulla minaccia russa e sui rischi che comporta per il Paese. E, con essa, crescono anche il radicamento e l’allineamento al fronte occidentale.

Foto: Seduta del Senato della Repubblica Ceca, Fonte: @SenatCZ

Chi è Andreas Pieralli

Pubblicista e traduttore freelance bilingue italo-ceco. Laureato in Scienze Politiche a Firenze, vive e lavora a Praga. Si interessa e scrive di politica, storia e società dell’Europa centrale. Coordina e dirige il progetto per un Giardino dei Giusti a Praga.

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