ELEZIONI PRESIDENZIALI IN KAZAKISTAN

KAZAKISTAN: Il presidente Tokaev verso un secondo mandato

Kazakistan al voto. Finalmente libero dall’ombra di Nazarbaev, Tokaev è pronto a guidare il paese fino al 2029.

Sei candidati, un solo (annunciato) vincitore. Con le elezioni presidenziali di domenica, 20 novembre, il Kazakistan chiude un anno particolarmente burrascoso. Il capo di stato uscente, Kasym-Žomart Tokaev, si appresta a rafforzare la presa sul gigante centroasiatico grazie a un secondo incarico, che promette di mantenerlo al potere per i prossimi sette anni.

Gli eventi di gennaio hanno portato a una radicale diminuzione dell’influenza del vecchio leader, Nursultan Nazarbaev, nella vita pubblica del paese, mentre il conflitto in Ucraina ha fornito a Tokaev l’opportunità di assumere una postura più indipendente nei confronti di Mosca. Adesso il presidente kazako intende consolidare il suo nuovo status e assicurarsi un mandato popolare per governare fino al 2029.

Tutti i partiti attualmente rappresentati nella camera bassa del parlamento kazako, il Májilis, si sono schierati con Tokaev. Lo ha fatto, ovviamente, Amanat, la formazione di maggioranza, ma anche i liberali di Ak žol, e gli ex comunisti del Partito popolare del Kazakistan, entrambi di fatto filogovernativi. Insieme, hanno formato un’alleanza elettorale: la Coalizione del popolo.

L’opposizione, debole e frammentata dopo decenni di repressione, non ha alcuna chance di contrastare l’esito atteso. E in verità, nessuno tra i semisconosciuti candidati in lizza appare genuinamente contrapporsi al presidente uscente.

I violenti scontri di gennaio e il tramonto dell’era Nazarbaev

Per il paese, il 2022 è iniziato con le proteste innescate dall’aumento dei prezzi del gas, e in generale da un diffuso malcontento per il peggioramento del tenore di vita, sulle quali pare essersi innestata una lotta di potere interna all’élite tra la fazione devota a Nazarbaev, l’uomo che ha plasmato trent’anni di storia kazaka, e quella fedele al suo delfino. Gli scontri, particolarmente violenti nella vecchia capitale Almaty e costati la vita ad almeno 238 persone, hanno spinto Tokaev a invocare l’intervento dell’Organizzazione del trattato di sicurezza collettiva (CSTO), l’alleanza militare a guida russa tra sei repubbliche ex sovietiche. E proprio il sostegno politico mostrato dal Cremlino, più che l’arrivo delle sue «forze di pace», è stato decisivo per le sorti dell’inquilino di Ak orda.

Se la dinamica esatta degli eventi resta avvolta nella nebbia, quel che è certo è che il clan dell’ex presidente è uscito fortemente ridimensionato dai fatti di gennaio. Nazarbaev ha lasciato la guida del potente Consiglio di sicurezza, mentre i vertici dei servizi segreti, a lui vicini, sono stati rimossi, accusati di tradimento e incarcerati.

Tokaev era arrivato al potere nel 2019, dopo il passo indietro a sorpresa dell’anziano leader a seguito di vigorose proteste antigovernative. Ma nonostante il formale passaggio di consegne, Nazarbaev aveva effettivamente mantenuto un saldo controllo sugli affari del paese.

Il referendum costituzionale

Con il referendum costituzionale tenutosi lo scorso giugno, Tokaev ha proseguito nell’opera di allontanamento dal suo padrino politico, privato del titolo di «leader della nazione», mostrando allo stesso tempo di voler venire incontro alle richieste di maggiore apertura del sistema politico arrivate dalla società civile. Obiettivo dichiarato della consultazione era quello di costruire un «nuovo Kazakistan», traghettando il paese da «una forma di governo super presidenziale a una repubblica presidenziale con un parlamento forte».

Accanto alla revoca dei diversi privilegi accordati dalla carta a Nazarbaev, gli emendamenti approvati hanno posto alcuni limiti alle prerogative del capo dello stato, il quale non potrà più essere membro di un partito politico, mentre ai suoi parenti stretti sarà proibito ricoprire cariche pubbliche di rilievo. Norma, quest’ultima, che prende di mira il profondo nepotismo dell’ultimo trentennio. La consultazione ha inoltre riguardato il bilanciamento dei poteri tra le due camere del parlamento, l’elezione dei governatori regionali, la riforma della legge elettorale, il ripristino della Corte costituzionale, abolita nel 1995, e il potenziamento della figura del Commissario per i diritti umani.

Tuttavia, nonostante diversi osservatori abbiano accolto con favore il cammino intrapreso dal Kazakistan, altri hanno puntato il dito contro l’assenza di sostanza politica, suggerendo che Tokaev si sia servito del referendum per ottenere consenso popolare, placare i manifestanti e rafforzare la propria leadership, senza introdurre alcun argine concreto al potere presidenziale.

Le sfide economiche e i rapporti con Mosca

La decisione di anticipare le elezioni, che avrebbero dovuto svolgersi nel dicembre del 2024, è certamente saggia per Tokaev. In questo momento, il presidente gode di ampio supporto, mentre il futuro appare accidentato. Sullo sfondo di un’economia globale in recessione, la Banca mondiale prevede per il paese un tasso di crescita inferiore alle aspettative nel biennio 2023-24 e rischi al ribasso, legati soprattutto a potenziali interruzioni delle operazioni del Caspian pipeline consortium, società che trasporta circa l’80% delle esportazioni di petrolio del Kazakistan, a causa della guerra o di un deterioramento dei rapporti con la Russia, attraverso il cui territorio passa l’oleodotto. Inoltre, la pressione inflazionistica minaccia di erodere ulteriormente i redditi ed esacerbare le tensioni sociali.

Le relazioni con il Cremlino rappresentano l’incognita maggiore. L’invasione dell’Ucraina ha reso arduo per Astana mantenere la sua tradizionale politica estera multivettoriale, e il paese è oggi impegnato in un difficile esercizio di equilibrismo diplomatico volto a distanziarsi da Mosca senza creare fratture (il Kazakistan condivide con la Federazione il secondo confine più lungo al mondo, e ospita una cospicua minoranza russa), consolidando al tempo stesso i suoi legami con la Cina e con l’Occidente.

Sfide impegnative, che Tokaev vuole affrontare con una robusta legittimazione elettorale, affrancandosi finalmente dall’ingombrante eredità del suo predecessore.

photo credit: Kazakhstan President Press Office/TA

Chi è Luna De Bartolo

Giornalista e fotografa romana. Laureata in Lettere alla Sapienza, un master's degree in Giornalismo all'ULB di Bruxelles, sta conseguendo una seconda laurea in Lingua e letteratura russa. Ha lavorato come autrice tv e per il web, film producer, editor di saggistica, e ha scritto per diverse testate. Per EJ si occupa di Caucaso e Asia centrale.

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