Ungheria

UNGHERIA: Si infiamma la protesta di insegnanti e studenti

In Ungheria, insegnanti e studenti sono scesi in piazza contro un sistema corrotto, salari da fame e strette sul diritto allo sciopero

Un fiume di persone si è riversato lo scorso 5 ottobre sul Ponte Margherita e sulla Piazza Kossuth, di fronte al Parlamento, a Budapest. Anche in altre città, come a Szeged, gruppi di manifestanti sono scesi in piazza. Insegnanti e studenti rispondono così all’ultima stretta del governo Orbán sullo Stato di diritto, questa volta contro il diritto allo sciopero.

Salari da fame

Le rivendicazioni degli insegnanti ungheresi sono uno dei punti più caldi della politica interna ungherese: da anni protestano contro stipendi da fame (a inizio servizio, un insegnante guadagna poco più di 400 euro) e contro un sistema, quello dell’istruzione, fortemente precario (i fondi all’istruzione sono scesi del 16% dall’arrivo al potere di Orbán). A seguito di recenti scioperi, però, il ministro dell’Istruzione ha annunciato che diversi insegnanti verranno semplicemente licenziati, colpevoli di “disobbedienza civile”.

Già negli scorsi mesi altre istituzioni del paese hanno cercato di attaccare il diritto allo sciopero. Dopo gli scioperi annunciati a seguito di rivendicazioni salariali a inizio anno, il governo ha scelto di chiamare in causa la Corte di giustizia, che si è pronunciata contro gli insegnanti. Il governo ha quindi deciso a febbraio, attraverso un decreto, di imporre agli insegnanti un “servizio minimo” da garantire in tutte le scuole: la fascia oraria da coprire, però, è essenzialmente quella del regolare svolgimento delle lezioni. Lo sciopero, di conseguenza, sarebbe diventato totalmente irrilevante: da qui la “disobbedienza civile”.

Le manifestazioni non riguardano esclusivamente rivendicazioni salariali, ma sono anche dirette contro la crescente centralizzazione dell’istruzione. Tutti i professori sono stati costretti ad aderire alla Camera nazionale degli insegnanti, le scuole municipali sono state nazionalizzate, l’Autorità Centrale dell’Istruzione decide quali libri di testo devono essere utilizzati e i direttori sono scelti da autorità centrali o comunque regionali (aprendo la strada a scelte di natura politica).

Colpa di Bruxelles, di nuovo

Oltre al danno la beffa: il governo ha annunciato che non è possibile aumentare i salari degli insegnanti perché i soldi necessari sono bloccati da Bruxelles. La Commissione europea ha infatti proposto di sospendere 7.5 miliardi di euro del Fondo di Coesione per violazione dello Stato di diritto in Ungheria. Fondi che, in ogni caso, non sarebbero mai finiti nelle tasche degli insegnanti ma avrebbero anzi riempito di nuovo i portafogli degli amici di Orbán.

Discorso che quanto meno sottolinea l’ipocrisia del governo ungherese: Bruxelles dovrebbe stare alla larga dal sistema d’istruzione ungherese (tra le cause elencate dalle istituzioni europee contro il regime Orbán c’è anche l’attacco alla libertà accademica), ma spetterebbe a lei pagare i salari degli insegnanti del paese.

Altro punto inquietante è la copertura mediatica data alle manifestazioni, essenzialmente inesistente. Poche tracce (o nessuna) di proteste su quotidiani e telegiornali vicini al regime. Niente di nuovo, non fosse che la stretta sui media d’opposizione è ormai diventata quasi totale.

Foto: 444.hu

Chi è Gianmarco Bucci

Nato nel 1997 a Pescara, vive a Firenze. Si è laureato in Relazioni Internazionali all'Università di Bologna con una tesi sul movimento socialdemocratico in Cecoslovacchia, Ungheria e Romania. Al momento è ricercatore alla Scuola Normale Superiore di Pisa. Scrive su East Journal dal dicembre 2021, dove si occupa di Europa centrale e Balcani.

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