COVID-19

From Russia with love? Gli aiuti russi per il Covid-19 non erano “umanitari”

Gli aiuti russi durante il COVID-19 in Italia si svelano non essere ‘with love’. Il soft power russo ricompare con la guerra in Ucraina.

Era fine marzo 2020, in piena prima ondata di COVID-19, quando atterrava all’aeroporto militare di Pratica Di Mare il primo carico di aiuti provenienti dalla Russia. Un convoglio di veicoli blindati, personale in uniforme e unità mobili per il contenimento di minacce batteriologiche e di decontaminazione del suolo sbarcavano dall’aereo da trasporto militare IL76, il tutto addolcito dall’etichetta “From Russia with love”. Sin dall’inizio, la missione “umanitaria” russa venne accolta con pareri discordanti, dall’entusiasmo delle popolazioni delle città più colpite, al sospetto da parte di alcuni giornalisti, personale NATO e ricercatori.

A distanza di due anni e alla luce dei fatti recenti relativi all’invasione russa in Ucraina, rispuntano numerosi dubbi e sospetti riguardo agli aiuti russi giunti durante la pandemia.

Sin dal principio delle operazioni russe in suolo lombardo (nelle aree più colpite di Bergamo e Brescia) si ebbe l’impressione che fossero solamente parte di una tattica premeditata di soft power russo. Infatti l’Italia, che in quel momento aveva solo bisogno di anestesisti e respiratori, si ritrovò con un contingente militare e delle attrezzature che normalmente vengono usate durante i combattimenti per disinfettare armamenti pesanti contro possibili contaminazioni chimiche. Anche se a livello ufficiale non si ebbero i dettagli delle attrezzature ricevute, ai tempi vennero comunque giudicate essere “all’80% inutili”.

Una fonte, tuttavia, non solo riuscì a svelare il vero contenuto di quegli aiuti, bensì rivelò che alcune delle truppe spedite non appartenessero alle Forze Armate per la Difesa Chimica ma, analizzando da vicino alcuni video, ad unità di Operazioni Speciali e di Intelligence. Tra essi addirittura il capo del Centro di Ricerca sulle armi biologiche, Igor Bogomolov. Nel team russo in Italia ci furono anche due giornalisti del canale TV russo Zvezda, appartenente al Ministero della Difesa, i quali non solo furono coinvolti nella campagna russa in Siria, ma, ricostruendo le loro attività passate, si pensa che siano parte della intelligence militare russa.

Per la Russia questa fu una perfetta campagna ideologica, sia per i suoi affari domestici che per quelli internazionali, con l’elemento in comune di volersi mostrare al mondo come un Paese in grado di offrire solidarietà senza chiedere nulla in cambio. In Russia, l’intera campagna venne diffusa sui principali canali TV, dal percorso dei convogli militari da Roma a Bergamo accompagnati da bandiere e slogan ad effetto, a manifestazioni di gratitudine da parte della popolazione locale che li aveva accolti.

Lo stato (e quindi Putin) mise in moto una vera e propria tattica per mostrarsi alla popolazione come unico garante di sicurezza e stabilità sia nazionale che internazionale: da una parte il continuo nascondere l’effettiva gravità della situazione COVID-19 nel Paese, dall’altra il mostrare le carenze dei paesi Europei nel saperla gestire, sottolineando la sua capacità di fornire assistenza all’Italia. Una vera e propria campagna di disinformazione e influenza.

Tutto ciò torna alla luce solamente due mesi fa, all’inizio dell’invasione russa in Ucraina. I governi UE iniziano ad inasprire le sanzioni economiche e finanziarie per tentare di bloccare l’avanzata russa e il governo italiano si schiera a fianco dei suoi alleati nel condannare le azioni del Cremlino. Subito arriva una minaccia da Mosca: “Non vorremmo che le dichiarazioni del ministro dell’Economia francese” che ha dichiarato una “guerra finanziaria ed economica” alla Russia “trovasse seguaci in Italia”. “L’Italia”, continua il Direttore del dipartimento europeo del ministero degli Esteri russo, Aleksej Paramonov, “ha ricevuto un’assistenza significativa” durante la pandemia di COVID-19, una “richiesta inviata dal ministro della Difesa che ora è uno dei principali ispiratori della campagna anti-russa nel governo italiano”. E ancora “Ci saranno conseguenze se verranno inasprite le sanzioni contro la Russia”. La connessione tra gli aiuti russi in Italia e le sanzioni economiche dell’UE non è un caso, allora. Sembra infatti che la campagna di aiuti russi a inizio pandemia abbia così assunto dei connotati precisi, rivelando in questo modo i veri obiettivi impliciti nello slogan “Dalla Russia con amore”.

Già nel 2020 molte fonti avevano sollevato il dubbio che non fosse un atto di pura generosità ma che, al contrario, potesse trattarsi di un tentativo di spingere l’Italia (e l’Europa) ad alleggerire o addirittura cancellare le sanzioni economiche che ai tempi condannavano la Russia per la conquista della Crimea. Secondo le parole di Natalia Antelava e Jacopo Jacoboni infatti “il Cremlino stava usando il COVID-19 per indebolire la NATO e l’Unione Europea”. Nel loro articolo tutte le opinioni citate affermavano che questa campagna stesse assumendo i connotati di una strategia di influenza, o di soft power, al fine di guadagnare un’immagine positiva in Europa.

L’Italia, con la sua scarsità di russofobia e cultura strategica, venne considerata una preda facile. Difatti, la mancanza di diffusione di notizie riguardo ad aiuti provenienti da altri paesi europei e, al contrario, la grande diffusione di notizie riguardo agli aiuti russi nei media italiani sembrò confermare questa opinione.

 

Immagine tratta da Pixabay

 

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