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RUSSIA: Se anche gli scacchi chiedono a Putin di fermarsi

Con una lettera aperta i più forti scacchisti russi chiedono a Putin di fermarsi 

Gli scacchi in Russia, come in gran parte dei paesi ex-sovietici, non sono uno sport come gli altri. In epoca sovietica il loro studio fu fortemente incentivato dallo Stato, soprattutto per motivi politici e “militari”, come dimostrazione di superiorità del popolo sovietico di fronte al mondo, come misura della grandezza di una nazione e della visione della società ad essa sottesa.

Lo scontro epico tra il russo Boris Spassky e lo statunitense Bobby Fisher per il campionato del mondo del 1972 fu vissuto alla stregua di un capitolo importantissimo della guerra fredda: la sconfitta del campione in carica russo fu vissuta come una vera e propria tragedia nazionale, un’onta.

Ma in Russia gli scacchi sono diventati anche cultura, oggetto di insegnamento nelle scuole, sono uno sport diffusissimo, praticato nei circoli disseminati in tutto il paese da milioni di persone. È per questo che il paese sforna campioni a ripetizione rimanendo stabilmente in cima alle classifiche mondiali ed è per questo che gli scacchisti russi sono, in patria, delle vere e proprie celebrità.

La lettera aperta a Putin

Tutto ciò dà la misura dell’importanza, anche mediatica, del gesto con cui quarantaquattro tra i più importanti giocatori russi hanno sottoscritto una lettera aperta indirizzata al presidente Vladimir Putin. Lettera con cui, non solo mostrano solidarietà verso gli scacchisti ucraini (peraltro detentori del titolo europeo) “condividiamo il dolore dei nostri colleghi ucraini e chiediamo la pace”, ma prendono apertamente posizione contro la guerra: “siamo contrari a qualsiasi azione militare sul territorio dell’Ucraina e chiediamo un immediato cessate il fuoco e una conclusione pacifica del conflitto attraverso la via del dialogo e delle negoziazioni diplomatiche”.

Un gesto clamoroso e inedito, sottoscritto tra gli altri dal vice-campione del mondo, Ian Nepomniachtchi e dalla campionessa mondiale, Alexandra Kosteniuk, oltre che dall’otto volte campione russo, Peter Svidler.

Manca invece la firma di Sergey Karjakin che nel 2016 sfidò nella finale mondiale, perdendo, l’attuale campione in carica, il norvegese Magnus Carlsen: non una sorpresa, tuttavia, dato che lo stesso Karjakin si è reso protagonista di varie esternazioni pubbliche favorevoli all’aggressione russa in Ucraina, al punto che la Federazione scacchistica internazionale (FIDE) lo ha squalificato per sei mesi. Di pari segno, e non potrebbe essere diversamente visto che è membro eletto della Duma – la camera bassa dell’Assemblea federale – anche il posizionamento di Anatoly Karpov. Su di lui, d’altra parte, pende la sanzione europea prevista per tutti i parlamentari che hanno votato il riconoscimento delle Repubbliche popolari di Donetsk e Luhansk.

I toni accorati della lettera dimostrano, oltretutto, che, al di là della propaganda di regime, in Russia vi è piena consapevolezza di quanto sta avvenendo in Ucraina. I firmatari, infatti, non esitano a chiudere il loro appello urlando il loro “fermate la guerra”, definendo dunque per quel che è, ciò che Putin cerca pilatescamente di spacciare come “operazione militare speciale”. E ancora, a fugare ogni dubbio, in un altro passo della missiva si parla esplicitamente di “spaventoso conflitto”.

Gerry Kasparov, l’attivista scomodo

L’azione degli scacchisti è un atto di coraggio nella Russia di oggi. Oltretutto arriva da coloro che, professionalmente, hanno tutto da perdere, visto che il sostegno economico di molti di questi giocatori dipende assai spesso dallo Stato.

Un’azione che si inserisce, peraltro, nell’alveo già indicato da Gerry Kasparov, forse il più grande scacchista di tutti i tempi, campione del mondo per ben quindici anni, tra il 1985 e il 2000. Kasparov è oggi uno dei più strenui oppositori di Putin, più volte arrestato per la sua partecipazione attiva nella vita politica del paese e per le violente critiche mosse al plenipotenziario russo. Un continuo clima di minaccia e intimidazione che lo hanno indotto, ormai dal 2014, a riparare all’estero avendo peraltro ottenuto la cittadinanza croata.

Oggi suonano più che mai profetiche le parole con cui Kasparov aveva intitolato un suo libro nel 2015, quando una buona parte del mondo politico occidentale ancora ammiccava al presidente russo: “L’inverno sta arrivando: perché Vladimir Putin e i nemici del mondo libero devono essere fermati”. Come faceva quando si muoveva sulla scacchiera, Kasparov aveva già immaginato il futuro e anticipato le mosse dell’avversario. Anni prima degli “statisti” del resto del mondo, inclusi quelli felpati di casa nostra.

(Foto Chess.com)

Chi è Pietro Aleotti

Milanese per caso, errabondo per natura, è attualmente basato in Kazakhstan. Svariati articoli su temi ambientali, pubblicati in tutto il mondo. Collabora con East Journal da Ottobre 2018 per la redazione Balcani ma di Balcani ha scritto anche per Limes, l’Espresso e Left. E’ anche autore per il teatro: il suo monologo “Bosnia e il rinoceronte di pezza” ha vinto il premio l’Edizione 2018 ed è arrivato secondo alla XVI edizione del Premio Letterario Internazionale Lago Gerundo. Nel 2019 il suo racconto "La colazione di Alima" è stato finalista e menzione speciale al "Premio Internazionale Quasimodo". Nel 2021 il racconto "Resta, Alima - il racconto di un anno" è stato menzione di merito al Premio Internazionale Michelangelo Buonarroti.

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