Russia mediatrice o abile approfittatrice?

La situazione al confine tra Polonia e Bielorussia ha avuto l’unico merito di mettere ancora una volta in luce l’ipocrisia delle parti: Unione Europea (e i suoi stati membri) da un lato e il fronte russo-bielorusso dall’altro. Lo scambio di accuse, con annesse menzogne, non stupisce nessuno ma è sicuramente interessante da analizzare. In particolare, è significativo osservare la reazione delle autorità russe che, almeno a detta dei più atlantisti, sono pienamente corresponsabili della situazione. Al di là del pregiudizio personale, le dichiarazioni e i fatti sono certamente una prima base da cui partire per cercare di comprendere la posizione del principale, e forse unico, alleato della Bielorussia. 

Sostegno militare e diplomatico

Nel corso della recente escalation di una crisi che, ricordiamo, non è nata all’improvviso ma si protrae da almeno un anno, la Russia non si è limitata a fare dichiarazioni ma ha dato un segnale concreto di sostegno all’alleato. In particolare, il 10 novembre due bombardieri nucleari Тu-22М3 delle forze aeree russe hanno compiuto dei voli di ricognizione in territorio bielorusso, mentre il giorno successivo due Тu-160, anch’essi facenti parte delle Forze Strategiche Nucleari della Federazione, hanno accompagnato due velivoli dell’aviazione bielorussa in un ulteriore volo di ricognizione. Stando alle dichiarazioni del Ministero della Difesa, i velivoli non erano equipaggiati con armi nucleari in quanto si trattava di un’esercitazione. Inoltre, il 12 novembre presso il poligono di Goža le forze paracadutiste russe e bielorusse hanno condotto un’esercitazione che ha portato alla morte di due paracadutisti russi. 

Oltre alle dimostrazioni di forza congiunte, la Russia si è spesa sul piano diplomatico, facendo da intermediario tra la Germania della uscente Merkel e la Bielorussia di Lukashenko. Questo passaggio aggiuntivo potrebbe sì essere dovuto, come dice la stampa statale russa, al fatto che i tentativi di Berlino di contattare Minsk non hanno avuto successo, spingendo quindi la cancelliera a confrontarsi con l’influente alleato. Tuttavia, potrebbe anche trattarsi di una scelta deliberata, con lo scopo di evitare il riconoscimento dello status di presidente a Lukashenko. In questa chiave si può leggere la scelta del portavoce di Angela Merkel, Steffen Seibert, di non utilizzare alcun appellativo per il capo di stato, perlomeno de facto, bielorusso. Infatti, nonostante tutti i tentativi di evitare un contatto diretto, poco desiderato specialmente dai paesi baltici e dalla Polonia, la Cancelliera tedesca ha avuto diverse conversazioni telefoniche con Lukashenko, la prima il 15 settembre. 

Sebbene desideroso di aiutare l’alleato, Putin si è dimostrato molto cauto non appena si è palesata la prima minaccia legata alle forniture di gas. Sia lo stesso presidente che il portavoce Peskov hanno subito voluto ribadire che un’eventuale blocco da parte della Bielorussia violerebbe le norme contrattuali. Come ben noto infatti l’Europa, e in particolare i paesi centro-orientali del continente, è altamente dipendente dalle forniture di gas russo; dipendenza destinata ad aumentare con l’ultimazione di Nord Stream 2. Un eventuale chiusura dei rubinetti da parte di Minsk porterebbe a un aumento dei costi del gas, già cresciuti dell’11% a causa della decisione dell’ente regolatore tedesco di sospendere la certificazione del sopracitato Nord Stream 2. Pur non avendo messo in atto la propria minaccia, Lukashenko sembra aver trovato un’alternativa: il 17 settembre l’oleodotto Družba (Amicizia) che porta petrolio in Polonia è stato fermato per tre giorni a causa di alcuni lavori di manutenzione. 

I talking points della Russia

Mentre i primi cittadini iracheni vengono rimpatriati con voli speciali e altri vengono trasferiti dal campo di fortuna al confine in un centro logistico, ponendo fine (o forse solo mettendo in pausa) a una situazione di estrema tensione, si può cercare di analizzare i maggiori talking points delle autorità russe (e in parte di quelle bielorusse). La prima cosa che si nota è un continuo ripetersi delle stesse formule, nei media e nelle dichiarazioni dei politici. 

Uno degli argomenti preferiti della propaganda statale è il coinvolgimento delle truppe occidentali, tra cui quelle polacche, nei conflitti in Iraq, Siria e Afghanistan, considerato come ragione primaria dell’attuale crisi. Negli articoli e nelle dichiarazioni viene deriso il fallimentare tentativo occidentale di favorire lo sviluppo di democrazie in queste aree. Tuttavia, Putin, che nelle sue dichiarazioni dimostra compassione per i bambini e la povertà dei migranti, dimentica i bombardamenti delle truppe russe in Siria (a sostegno di un altro dittatore). Inoltre, al di là della evidente responsabilità occidentale (e russa) in Medio Oriente, questa giustificazione non spiega come dei cittadini iracheni siano arrivati in massa in Bielorussia con visti turistici. Infatti, a differenza di quanto dichiara lo stesso presidente russo, non esiste alcuna esenzione né procedura facilitata per l’ottenimento del visto per cittadini di Siria, Iraq e Afghanistan.

Tra le critiche scagliate da personalità politiche russe all’Occidente, ve ne sono diverse che hanno effettivamente delle solide fondamenta. Un esempio è il comportamento illegale delle autorità polacche che respingono i migranti violando convenzioni internazionali e leggi europee (il che non stupisce) e vietano l’accesso al confine di giornalisti e membri di ONG, continuando una consolidata tradizione di repressione della stampa libera che fa invidia alla vicina Bielorussia. Tuttavia, questi politici dimenticano che la Bielorussia sta di fatto organizzando un traffico di esseri umani a livello statale, violando altrettante convenzioni (e le stesse leggi bielorusse). 

Dal Consiglio Federale (la camera alta dell’Assemblea Federale) è arrivata anche la provocatoria proposta di stanziare dei soldi che permettano alla Bielorussia di trattenere i migranti nel proprio territorio, riproponendo l’accordo che nel 2015 era stato offerto alla Turchia. La stessa soluzione è stata avanzata anche dal Ministro degli Esteri Sergej Lavrov. 

Il procedimento adottato dalla Russia in queste situazioni è sempre molto simile: scegliere una serie di critiche valide per screditare l’Occidente e ripeterle fino a quando non assumono dei tratti paradossali, quasi grotteschi. 

Immagine: Kremlin

Chi è Luca Zucchetti

Studente triennale di Lingue e Letterature all'Università Cattolica di Milano e appassionato di Russia. Si interessa alle dinamiche socio-politiche interne alla Federazione Russa, alle violazioni dei diritti umani e civili e più in generale alle vicende geo-politiche dell'ex blocco sovietico.

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