LETTONIA: La tigre del Baltico non ruggisce più

La Lettonia, che nel biennio 2006-2007 faceva segnare un’impressionante crescita annua del Prodotto Interno Lordo (+10%) e si guadagnava l’appellativo di “Tigre del Baltico”, risulta essere uno degli stati che ha risentito in modo maggiore degli effetti provocati dalla crisi finanziaria globale. I dati relativi all’andamento del PIL negli ultimi due anni sono a tal proposito molto indicativi. A una prima flessione del 4,8% nel 2008 è infatti seguito un vero e proprio crollo del 18% nel 2009, accompagnato da una diminuzione della produzione manifatturiera (-22%) e da una contrazione delle vendite al dettaglio (-25%). Questi due elementi hanno provocato un raffreddamento dell’economia che si è tradotto anche in un crollo del tasso di inflazione, passato dal 15,25% del 2008 al 3,26% del 2009.

A questa crisi interna si è poi aggiunta una flessione della domanda generalizzata a livello europeo, elemento questo che ha provocato una netta diminuzione dei flussi commerciali con l’estero. A dimostrazione di ciò le importazioni e le esportazioni hanno fatto segnare un calo rispettivamente del 45% e del 28% su base annua. La crisi non ha tardato a manifestare i suoi effetti anche sul mercato del lavoro, traducendosi in un netto incremento del tasso di disoccupazione (passato dal 5% del 2007 al 19,7% del settembre 2009) e in una riduzione delle retribuzioni (-25% nel settore pubblico e -30% in quello privato).

Le ragioni che hanno portato a questo complessivo crollo dell’economia lettone non sono tuttavia da ricercare solamente negli effetti provocati dalla crisi finanziaria globale poiché il paese, già da anni, presentava dei fattori di rischio che si sono aggravati in concomitanza con la recessione mondiale. Solo per citare alcuni elementi critici è sufficiente ricordare che nel periodo precedente alla crisi il giro d’affari dei prestiti aveva fatto segnare una crescita del 60% annuo, il sistema bancario si presentava molto debole e i salari erano raddoppiati, elemento questo che aveva favorito una crescita eccessiva dei consumi e la nascita di una vera e propria bolla speculativa, concentrata nel settore immobiliare (l’incremento del prezzo degli immobili era arrivato a essere pari al 10% su base mensile).

Lo scoppio della bolla, favorito dalla crisi globale, ha coinvolto tutti i settori economici del Paese e ha posto fine al periodo di denaro facile rappresentato dagli anni precedenti. Per evitare il rischio di una bancarotta, che avrebbe potuto innescare un pericoloso effetto domino, è stato recentemente concesso alla Lettonia un prestito per un ammontare complessivo di 7,5 miliardi di euro, al fine di supportare l’applicazione del “Programma di stabilizzazione e di crescita” approvato dal parlamento lettone nel dicembre 2009. Gli obiettivi del piano sono quelli di ridurre la spesa pubblica e di rilanciare l’economia attraverso l’avvio di un percorso di riforme.

Tra i finanziatori figurano l’Unione Europea (3,1 miliardi), il Fondo Monetario Internazionale (1,7 miliardi), la Banca Europea per la Ricostruzione e lo Sviluppo (0,4 miliardi), la Banca Mondiale (0,4 miliardi) e alcuni stati. I primi risultati dell’intervento sembrano essere confortanti, tanto è vero che Standard & Poor’s ha rivisto la propria valutazione sul debito paese passando da BB- a BB+. Nonostante questi timidi segnali di miglioramento il futuro si presenta ancora incerto, così come dimostrano le stime che prevedono un’ulteriore flessione del PIL nel 2010 (-3,95%) e una debole crescita nel 2011 (+2,4%).

Foto: Flickr/Garibaldi – Presseurop

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La zona euro. La carta mostra accanto ai Paesi della zona Euro, i membri dell’Ue come la Gran Bretagna che usano monete nazionali, i Paesi Sme (Paesi Baltici e Danimarca) le cui valute sono ancorate all’euro e i futuri membri dell’Euro zona in Europa orientale. L’euro è anche usato dai micro-stati europei non membri dell’unione, come S. Marino e i territori d’oltremare caraibici. Fonte: Limes

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