sicurezza alimentare

ASIA CENTRALE: La sicurezza è anche alimentare

L’insicurezza alimentare in Asia Centrale è aumentata negli ultimi anni, passando dal 8,5% (circa 5.7 milioni di persone) nel 2014 al 13,2% cioè 9.6 milioni nel 2019. Il report FAO 2019 ne evidenzia la correlazione tra l’incremento nella malnutrizione della popolazione e la recessione economica in atto negli stessi paesi.

Come opera la FAO?

La FAO, l’Organizzazione delle Nazioni Unite per l’alimentazione e l’agricoltura, definisce la sicurezza alimentare di un paese secondo: la disponibilità del cibo, l’accesso ad esso, l’utilizzo e la stabilità delle fonti. Per valutare la sicurezza o l’insicurezza alimentare la FAO utilizza principalmente due parametri: il PoU e il FIES.

Il PoU (Prevalence of Undernourishment) deriva dai dati del bilancio alimentare nazionale di ciascun paese, in particolare tenendo contro tre elementi: approvvigionamento alimentare medio nazionale, fabbisogno alimentare minimo per individuo e distribuzione del cibo all’interno di un paese. Il FIES (Food Insecurity Experience Scale) invece registra l’esperienza diretta delle persone chiamate a rispondere a questionari riguardanti l’accesso al cibo, la sua quantità e qualità.

Questi due parametri offrono quindi un approccio combinato di dati medi statistici ed esperienza personale della popolazione.

La sicurezza alimentare in Asia Centrale

La regione dell’Asia Centrale è particolarmente vulnerabile rispetto all’insicurezza alimentare per una serie di fattori: primo fra tutti la dipendenza dalle importazioni di grano e farina, a cui si aggiungono gli effetti del cambiamento climatico e le relative conseguenze sull’agricoltura.

La grande dipendenza dalle importazioni dei prodotti alimentari è un elemento che risale al periodo sovietico, in cui metà di essi veniva prodotta solo dal 4% delle terre coltivabili. Allo stesso tempo, la metà di questi prodotti venivano coltivati all’interno dell’area urbana. A quarant’anni di distanza, il modello non è cambiato particolarmente. A livello locale, nelle aree rurali, si registra infatti la maggiore insicurezza alimentare, mentre a livello nazionale, Turkmenistan, Kirghizistan, Uzbekistan e Tagikistan sono i paesi che più dipendono dalle importazioni, specialmente dal Kazakistan.

Ad esempio, Nur-Sultan riesce a soddisfare ben la metà della domanda di grano tagika. Infatti, il Tagikistan (come il Kirghizistan) essendo in prevalenza montagnoso, possiede solo il 7% di territorio coltivabile e dunque deve importare metà della farina che consuma. Inoltre, per la popolazione kirghisa l’accesso al cibo, soprattutto dal punto di vista economico, è una delle minacce più significative per la sicurezza alimentare del paese: basti pensare che di media le famiglie più povere spendono circa il 70% del proprio budget mensile solo per l’acquisto di generi alimentari.

Dunque, dal momento che anche gli abitanti delle campagne acquistano grano e farina e non li coltivano, la disponibilità di questi prodotti e i loro derivati costituisce il problema maggiore per la sicurezza alimentare della regione centrasiatica.

Gli effetti dell’eccessiva dipendenza dalle importazioni sono stati particolarmente evidenti durante il primo periodo di pandemia, nel 2020. La decisione di chiudere i confini di alcuni stati centrasiatici, primo fra tutti il Turkmenistan, ha fatto peggiorare le già precarie condizioni di sicurezza alimentare della popolazione. La stessa dinamica, anche se in misura minore, si è verificata anche in Tagikistan e Kazakistan. Le autorità statali hanno cercato di calmierare i prezzi, attraverso la vendita di beni alimentari in negozi statali o imponendo un tetto massimo dei prezzi. Tuttavia, l’aumento dei costi è stato comunque significativo; ad esempio, in Turkmenistan il prezzo della farina è aumentato del 50%, mentre in Tagikistan quello delle patate del 68%.

Le politiche necessarie e possibili

È urgente l’impegno per superare l’insicurezza economica in queste aree, con la necessità di “non lasciare indietro nessuno”, come dichiarato nell’Agenda 2030 per lo Sviluppo Sostenibile dell’ONU.

Tuttavia, nelle attuali condizioni, la regione dell’Asia Centrale verosimilmente non raggiungerà l’obiettivo Zero Hunger dell’Agenda 2030; al contrario, il numero delle persone colpite dall’insicurezza alimentare a livello moderato o grave è in progressivo aumento.

Le politiche necessarie per far invertire la tendenza, suggerite dal World Food Programme delle Nazioni Unite (WFP), è volto verso la protezione sociale. In particolare, programmi di assistenza produttiva, pensioni sociali e assistenza monetaria possono spezzare il circolo di povertà e insicurezza alimentare.

Immagine: Johny Goerend / Unsplash

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